Ricostruzioni post sisma: tecnici esasperati prossimi alla serrata

17/07/2019

Si porta a conoscenza della situazione disastrosa in cui i tecnici liberi professionisti sono costretti ad operare nelle ricostruzioni delle zone colpite dai terremoti degli ultimi anni.

Come noto il Paese è stato interessato da eventi sismici catastrofici che hanno richiesto l’intervento dello Stato per provvedere alla ricostruzione degli abitati sulla base di un sistema contributivo che coprirebbe tutte le spese di ricostruzione per gli aventi diritto.

Le ricostruzioni di cui parliamo, le cui attuazioni si affiancano parallelamente, sono quelle del Centro Italia (eventi sismici dall’anno 2016) quella dell’isola di Ischia (anno 2017) e quella dell’area Etnea (anno 2019).

La volontà ferma del legislatore nazionale, anche per ovvi motivi di parità di trattamento tra popolazioni colpite, è stata quella di seguire un'unica linea normativa, per questo possiamo dire che per analogia le tre ricostruzioni seguiranno similari sorti e che non saranno delle migliori a quanto pare.

Il grido d’allarme arriva dal centro Italia dove la ricostruzione è più avanzata e dove il diritto si è evoluto con frenesia con correzioni su modifiche e integrazioni su abrogazioni normative.

Con le presenti righe, scritte proprio da un tecnico operante nella ricostruzione del centro Italia nonché rappresentante di Inarsind Marche sindacato Ingegneri e Architetti, si vuole denunciare lo stato di vessazione in cui i tecnici sono costretti ad operare sperando che altri colleghi non cadano nella stessa infausta situazione.

Il quadro è agghiacciante perché comprenderete che la sommatoria delle misure imposte e la differenza delle azioni invece non avviate costituiscono uno scenario che vede i professionisti tecnici sfruttati e accompagnati verso una morte certa.

TARIFFE PROFESSIONALI INSUFFICIENTI
In primo luogo c’è da dire che le tariffe per la ricostruzione privata che vanno dal 7,5 al 12,5 per cento dei lavori sono del tutto insufficienti a garantire il decoro del lavoro del professionista.
A pratiche consegnate e verifica del monte ore effettivo lavorato dal professionista emerge che in molti casi, soprattutto per pratiche di importo ridotto, il professionista si trova a lavorare a 4-5 euro all’ora, nemmeno fossero raccoglitori di pomodori i poveri tecnici impegnati.
Tutto questo si è verificato perché chi ha definito le tariffe ha imposto unilateralmente tale assetto senza concertare e senza valutare la congruità del valore del lavoro.
E’ cosi e basta! Avrà pensato qualcuno.
Non si pensi poi di poter essere più bravi degli altri, mettere una catena di montaggio o standardizzare le procedure non serve, con i progetti di ricostruzione si rischia ogni volta di andare in perdita e non ci sono soluzioni, per quello che si chiede al tecnico i compensi sono insufficienti, c’è poco da inventarsi.
Questa situazione non è tollerabile in un paese civile dove quotidianamente si discute di salari minimi ed equo compenso e dove i tecnici stanno dando in primis supporto allo Stato per dare assistenza alle popolazioni colpite.
In questo momento, nel centro Italia, l’ordinanza commissariale n. 12 che regola le tariffe dei compensi tecnici è scaduta, i tecnici sono in attesa di sapere che succederà e se si ritoccheranno le tariffe. La proposta di molti ordini e sindacati tecnici è quella di cambiare assetto e portare ad un sistema più remunerativo ed equo che tenga in considerazione le difficoltà effettive dei servizi tecnici da prestarsi e che si basi quindi sul Decreto Parametri già impiegato per la stima dei servizi tecnici nelle gare pubbliche.
Pur essendo scaduto l’accordo alla base delle tariffe imposte per la ricostruzione privata la struttura commissariale fa come se niente fosse, continua a richiamare il provvedimento nelle nuove ordinanze per il timore concreto che non potrebbe esserci un rinnovo agli stessi patti e condizioni.

MANCANZA DI LIQUIDITÀ  E PROMESSE DISATTESE
Con il Decreto Genova convertito in Legge n. 16 novembre 2018, n. 130, è stata inserita una misura all’art. 34 del Decreto 189, per il post sisma del centro Italia, per garantire ai tecnici operanti nella ricostruzione privata la necessaria minima liquidità per l’avvio delle progettazioni.

La disposizione prevedeva che ai tecnici professionisti venisse corrisposta “.. un'anticipazione del 50 per cento del compenso relativo alle attività professionali poste in essere dagli studi tecnici o dal singolo professionista … Con ordinanza commissariale sono definite le modalità di pagamento delle prestazioni di cui al precedente periodo”.

Orbene l’ordinanza commissariale che doveva regolare tale anticipazione, dopo otto mesi e tante promesse, non è uscita e con ogni probabilità mai uscirà in quanto mancano le risorse per dare copertura.
Allora viene da chiedersi se in uno Stato di diritto possa accadere che una legge preveda di concedere degli anticipi e dall’altra qualche burocrate possa boicottare la misura restando impunito.
Quando di dice la repubblica delle banane.
Si stima che le somme che potrebbero essere erogate per prestazioni effettuate ai tecnici si aggirano ormai a cento milioni di euro nelle sole Marche, da qui il pensiero diffuso che i tecnici stanno finanziando di propria tasca la ricostruzione.
Una brutta storia che vede i tecnici impossibilitati ad accedere alla necessaria liquidità con rischio effettivo di interruzione della continuità dell’attività, si consideri che molti tecnici per poter proseguire nel lavoro hanno dovuto impegnare gli uffici e le case.

IMPOSSIBILITÀ DI ANTICIPO DA PARTE DEI COMMITTENTI
Altra meschinità imposta dalla norma della ricostruzione è quella che prevede che l’anticipo economico delle prestazioni tecniche non possa essere effettuato dal committente beneficiario del contributo, questo può anticipare i lavori di somma urgenza e tutte le altre spese che vuole ma non può anticipare al tecnico un benché minimo euro. Al tecnico non resta quindi che dover finanziare di propria tasca il progetto la cui gestazione durerà un anno nel migliore dei casi.

PAGAMENTI SCHEDE AEDES
Molti tecnici poi, nel centro Italia e in fase emergenziale, hanno supportato il sistema ricostruzione nel censire i danni, con compilazione delle schede di rilevamento, dietro la promessa di quattro becchi di quattrino che dovevano arrivare subito anche per coprire le spese improntate per i sopralluoghi.
Invece che si inventa chi deve pagare, cioè lo Stato?
In caso di accertamento di inagibilità il compenso per la redazione delle schede entrerà a far parte del gruzzolo delle competenze progettuali e pertanto sarà pagato a una data improbabile da destinarsi.
Se la scheda decretava invece l’agibilità dell’immobile i compensi dovevano arrivare subito ma pochissimi da tre anni li hanno visti arrivare.
Sembrano non esserci i soldi per fare la ricostruzione e se questo pensiero poteva essere una supposizione guidata dalla paura di non veder ricostruita la propria casa in questi ultimi giorni iniziano a trapelare purtroppo voci ufficiali che lasciano intendere che le banche che dovevano finanziare la ricostruzione con il credito di imposta iniziano a tentennare.

DURC DI CONGRUITÀ
Sempre nel centro Italia recentemente è stata pubblicata l’ordinanza 78 del commissario che regolamenta il Durc di Congruità. Con questo provvedimento vengono appioppate delle nuove funzioni straordinarie e non retribuite ai direttori dei lavori. Con le poche risorse previste si pretendono ulteriori mansioni, con un continuo rifilare di compiti e adempimenti, la carta e le responsabilità aumentano mentre i compensi sono sempre quelli, già insufficienti ab origine.
La cosa mortificante in questa vicenda è che c’era già stato su un precedente provvedimento analogo a cui era seguito un giusto ricorso della Rete Professioni Tecniche proprio perché impropriamente si tentavano di affidare mansioni improprie e non retribuite ai direttori lavori.
L’ordinanza 78 recentemente pubblicata doveva quindi sciogliere le problematiche del ricorso presentato da RPT che aveva sollevato questioni di legittimità, instaurando un ricorso al TAR Lazio la cui prima udienza era fissata per metà luglio, invece il Commissario annulla la vecchia ordinanza e ne tira fuori una nuova che di fatto ripropone l’aggravio di lavoro sui tecnici, schiva quindi il ricorso e rifila compiti non retribuiti agli ignari tecnici che nei loro uffici a testa bassa faticano malamente retribuiti tutti presi nel magnanimo tentativo di far rientrare le comunità nelle proprie case.

DA ULTIMO ORDINANZA CHIESE
Come se non bastasse, con l’aggravante che i tecnici da mesi manifestano un forte disagio causato da tensione economica, è prossima ad uscire l’ordinanza chiese con il quale saranno finanziati centinaia di edifici di culto del centro Italia per un valore di svariate centinaia di milioni di euro.
Per questi importanti interventi di rinascita delle popolazione e salvaguardia del patrimonio culturale il Commissario alla ricostruzione ha previsto un sistema di affidamento dei servizi tecnici analogo a quello pubblico con una sorta di gara a ribasso medio ma compenso da porre a base di negoziazione preso della ricostruzione privata pari al 12,5%.
Il Commissario fa e disfa come meglio crede, pur sapendo che le tariffe imposte per la ricostruzione privata sono scadute e sono insufficienti a garantire un buon prodotto progettuale così come il decoro dello stile di vita dei lavoratori tira al ribasso e se ne frega del disagio tecnico.

CONCLUSIONI
Capite che il quadro è deprimente, la sommatoria dei vincoli: tariffe basse, prestazioni omaggio, pagamenti a lungo temine, mansioni in continua crescita, porta ad un infame meccanismo di sfruttamento dei tecnici operanti nella ricostruzione post sisma, persone prima che professionisti che si sono messe a disposizione delle comunità subito dopo la tragedia per dare una mano a ripartire.

E non ci vengano a parlare di equo compenso, salari minimi e offerte anomale, qui è in atto una vera e propria spoliazione legale in danno del mondo tecnico.

Queste brevi righe che descrivono cosa sta accadendo nella ricostruzione del centro Italia devono essere di monito agli addetti ai lavori anche per le ricostruzioni dell’Isola di Ischia e dell’area Etnea affinché si presti attenzione alle condizioni che verranno imposte per la loro ricostruzione.

Consigliamo vivamente i tecnici isolani di creare una rappresentanza tecnica compatta che affianchi i commissari nella ricostruzione e che pretenda il rispetto delle professionalità, non tavoli tecnici consultori ma decisioni condivise.

Noi tecnici del centro Italia invece ci riuniremo il 23 luglio 2019 a Caldarola (MC) per un incontro decisivo del nostro futuro, analizzeremo tutti insieme riuniti, una volta per tutte, cosa non va e daremo l’ultimatum al sistema, o si cambia o chiudiamo gli uffici alla ricostruzione.

Concludiamo riportando l’art. 36 della Costituzione che sancisce un principio fondamentale che nessuna emergenza potrà mai intaccare: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

A cura di Arch. Paolo Capriotti
Inarsind Marche Sindacato Ingegneri e Architetti delle Marche



© Riproduzione riservata