Ritardi dei pagamenti della Pa: La Commissione Ue chiede all'Italia il rispetto della direttiva

16/02/2017

Nel pacchetto d’infrazioni comunicate il 15 febbraio della Comunità economica europea ritroviamo l’Italia in buona compagnia di Grecia, Slovacchia e Spagna relativamente ai problemi legati ai ritardi di pagamento con la Commissione che esorta i 4 stati membri a conformarsi alla direttiva sui ritardi di pagamento per proteggere le PMI nelle loro relazioni commerciali.

Nel comunicato stampa della Commissione è precisato che saranno adottati ulteriori provvedimenti nei confronti di Grecia, Italia, Slovacchia e Spagna al fine di garantire la corretta applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento (direttiva 2011/7/UE) e prevenire le perdite per le aziende, in particolare le piccole e medie imprese (PMI) dei suddetti paesi.

I ritardi di pagamento producono effetti negativi sulle imprese e incidono sulla loro liquidità e sul flusso di cassa, complicando la loro gestione finanziaria e impedendo loro di crescere. La direttiva sui ritardi di pagamento conferisce ai creditori maggiori diritti grazie all'introduzione di termini per i pagamenti da parte delle imprese e delle autorità pubbliche che acquistano beni o servizi. Quando i termini di pagamento non sono rispettati, a norma della direttiva le imprese hanno diritto ad un equo risarcimento. Per interrompere la consuetudine di pagare in ritardo, le pubbliche amministrazioni possono svolgere un ruolo particolarmente importante fornendo l'esempio e pagando i loro fornitori tempestivamente e in modo trasparente. La Commissione chiede all’Italia di intervenire a causa di eccessivi ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni.

Ricordiamo che la direttiva sui ritardi di pagamento (direttiva 2011/7/UE), è stata recepita dall’Italia con decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192 ed, attualmente le amministrazioni pubbliche dovrebbero pagare i beni e i servizi acquistati entro 30 giorni o, in casi eccezionali, entro 60 giorni ed in caso di pagamenti effettuati più tardi rispetto a quanto concordato i creditori hanno automaticamente il diritto di chiedere interessi per i ritardi di pagamento (a un tasso superiore almeno dell'8 % al tasso di riferimento della Banca centrale europea) oltre al rimborso di tutte le altre spese legate ai costi di recupero. Il problema per l’Italia è quello del non rispetto del citato decreto legislativo da parte delle pubbliche amministrazioni tanto che i tempi medi dei pagamenti, in certi casi, raggiungono i 140 giorni con punte che arrivano, in alcune regioni, ad oltre 500 giorni.

L’Italia ha, adesso, due mesi di tempo per comunicare alla Commissione le misure adottate per porre rimedio alla situazione. In caso contrario la Commissione può decidere di deferire alla Corte di giustizia dell'UE l'Italia, alla quale è inviato un parere motivato.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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