Acquisto crediti fiscali: criteri di stima e controllo di qualità

di Cristian Angeli - 24/07/2023

Il mercato dei crediti fiscali, dal Superbonus in avanti, ha rappresentato una vera opportunità di business per gli operatori. Il meccanismo è ormai noto: fatto 100 l’importo dei lavori, l’applicazione del bonus di turno si concretizza con l’applicazione di una percentuale che trasforma detto importo in crediti d’imposta poi “immagazzinati” nel cassetto fiscale del contribuente/committente. Questi crediti, se non utilizzati in compensazione delle imposte, possono essere ceduti a terzi che, per ottenere convenienza, sono disposti a pagarli un quid in meno.

Ma quanto meno? Dipende da molti fattori, alcuni di natura prettamente finanziaria: di certo il prezzo sarà più alto se il credito è detraibile in un numero di anni minore, come nel caso del Superbonus (4 anni), mentre sarà più basso se detraibile in più anni, come nel caso del bonus ristrutturazioni ordinario (10 anni).

Ma oltre a tali fattori squisitamente finanziari, ad influire sul prezzo sono anche elementi di altra natura che non possono prescindere da valutazioni di tipo tecnico, in grado di evidenziare la “qualità” del credito, in base all’iter edilizio che lo ha generato.

Verifiche documentali prima dell’acquisto

Un privato (persona fisica o impresa) che opera come cessionario, acquisendo crediti fiscali da terzi (contribuenti che hanno svolto lavori o imprese che li hanno già “in pancia” come prime cessionarie), non è tenuto a svolgere verifiche di merito. Egli, infatti, non ha obblighi inerenti alla “diligenza professionale”, che invece sono tenuti ad applicare le banche. L’unico obbligo di un privato che intende acquistare crediti da bonus edilizi è quello di accertarsi dell’esistenza della documentazione prevista dal DL 11/2023, onde evitare di essere considerato responsabile solidalmente con il primo beneficiario e cedente del credito nel caso vengano accertate irregolarità. Infatti, al suo art. 1, lett. b) il DL 11/2023 ha escluso la “responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari” per concorso nelle violazioni (fatti salvi dolo o colpa grave) quando tali soggetti sono in grado di dimostrare di aver acquisito il credito, essendo in possesso di un dettagliato set documentale relativo alle opere che hanno originato il bonus. Si tratta, tra gli altri, del contratto d’appalto, del titolo abilitativo, della visura catastale dell’immobile ante operam, delle asseverazioni tecniche e delle fatture comprovanti le spese sostenute. Il mancato possesso di tale documentazione non costituisce di per sé automatica responsabilità del cessionario, dato che la norma dispone che egli può “fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o della non gravità della negligenza”.

L’acquisizione di tali “carte” dovrebbe dunque garantire il cessionario dalle eventuali contestazioni che potrebbero investire il credito, ma resta comunque il problema di dare un valore di scambio allo stesso.

Come stabilire il prezzo

Chiaramente occorre partire dal tasso medio di mercato, stabilito dalla media dei tassi offerti dalle banche. Non è mai consigliabile, infatti, discostarcisi troppo, pratica che potrebbe persino prestare il fianco, un domani, a vedersi additati per usura ex art. 644 cp. In presenza di offerte particolarmente vantaggiose, dunque, il cessionario dovrà ben tutelarsi specificando nel contratto di cessione la consapevolezza del cedente di vendere a un prezzo inferiore a quello di mercato.

Pur rimanendo in linea con i tassi medi, però, una valutazione tecnica può essere d’aiuto per stabilire la qualità dei crediti fiscali che si trovano in vendita. È infatti evidente che carenze di natura tecnica, se anche non preclusive della spettanza del bonus, possono influire sul suo valore in termini di scambio. Ad esempio, se vi sono stati errori in ordine alla quantificazione della detrazione (operazione che dipende da una serie di fattori prettamente edilizi), questi potrebbero investire un giorno l’ammontare del credito stesso, rendendolo ad oggi meno “di qualità” e quindi svalutandolo.

Valutazione tecnica qualitativa

Un soggetto che voglia ottimizzare la propria fiscalità acquistando crediti fiscali da terzi, dovrà opportunamente rivolgersi a un professionista in grado di valutare, come prima cosa, l’effettiva presenza dei crediti nel cassetto fiscale del cedente, nonché di comprendere la natura dell’intervento da cui origina il credito. Il medesimo professionista dovrà poi richiedere al cedente (o al commercialista che ha apposto in origine il visto di conformità), la documentazione disponibile, soprattutto quella prevista dal dl 11/2023.

Se i lavori da cui origina il credito non sono noti, ad esempio perché si è avuta notizia dell’esistenza del credito tramite le apposite piattaforme di interscambio presenti sul web, il cessionario potrà raffinare la valutazione rivolgendosi a un tecnico, che potrà entrare nel merito della documentazione verificandone la correttezza e la completezza. Laddove emergano aspetti “dubbi”, anche di natura formale, il tecnico potrà documentarli in una perizia di stima redatta con il fine di giustificare eventuali correttivi del prezzo richiesto in sede di contrattazione.

Chiaramente, più la situazione retrostante sarà complessa dal punto di vista edilizio e più incerta sarà la correttezza di tutte le pratiche adottate, più alto sarà anche l’onorario richiesto dai professionisti incaricati per la valutazione. Ed anche detto onorario (solitamente pari a qualche punto percentuale) dovrà essere considerato per valutare l’effettiva convenienza dell’operazione di scambio, che non sempre ha margini elevatissimi.

In generale, adottando un certo grado di lungimiranza di settore, il tecnico potrà anche evidenziare se i lavori che hanno generato il credito rischiano o meno di incorrere in contestazioni da parte del Fisco, rendendo il credito sottostante di qualità inferiore. Infatti, per quanto la responsabilità solidale, come detto, è esclusa in caso di possesso della documentazione, la materia dei bonus fiscali è spesso oggetto di modifiche del legislatore e chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate, che rendono il terreno pieno di insidie attualmente non immaginabili, data anche l’assenza di una giurisprudenza matura in materia di cessione dei crediti d’imposta edilizi.

Una volta eseguite le verifiche il cessionario è in salvo?

Per quanto ad oggi noto, il cessionario che ha eseguito le verifiche previste dal dl 11/2023 dovrebbe risultare esente da responsabilità laddove vengano rilevati illeciti tributari in fase di controllo. Ciò significa che nell’ipotesi in cui, nei casi più estremi di crediti inesistenti, vengano attivate procedure giudiziali, il cessionario sarà salvo da ipotesi di recupero, almeno della parte sanzionatoria. Resta il problema, però, dei sequestri conservativi che, nei pochi casi fino ad oggi noti, sono arrivati ad interessare anche il “corpo del reato” e quindi, astrattamente, nonostante le diligenti verifiche, potrebbero investire il cessionario. Per tale motivo, l’introduzione, accanto a quello finanziario, di un criterio di valutazione tecnico di tipo qualitativo nel caso in cui si valuti l’acquisizione di un credito d’imposta da bonus edilizio risulta particolarmente importante, essendo in grado di scongiurare non solo le più estreme ipotesi di inesistenza dei crediti, ma anche di evidenziare a quali difficoltà potrebbe andare incontro il cessionario sulla base della pratica edilizia o dei lavori che hanno originato il bonus, difficoltà che incidono necessariamente sul prezzo da contrattare.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it



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