Astensione e referendum 2025: perché votare è ancora un dovere civico

di Gianluca Oreto - 21/05/2025

Scriviamolo senza giri di parole: il vero problema non è scegliere se votare a favore o contro i quesiti referendari. Il nodo sta altrove, ed è molto più scomodo.

La politica - tutta, trasversalmente - si è trasformata in un sistema autoreferenziale, chiuso, opaco. Un meccanismo che non ha più l’obiettivo di coinvolgere, ma quello di sopravvivere a sé stesso: tra poltrone, tatticismi, slogan di facciata e mosse studiate solo per non perdere consenso. In un contesto del genere, diventa sempre più difficile che le persone competenti, serie, dotate di senso critico decidano di mettersi in gioco. Non perché manchino idee o strumenti. Ma perché il sistema non li accoglie. Li espelle.

È una visione amara, certo. Gattopardiana. Ma, purtroppo, realistica. E i dati sull’affluenza lo dimostrano: la fiducia è ai minimi storici.

E oggi? C’è chi - per convenienza - prova a far passare l’idea che l’astensione sia comunque una forma di espressione politica. Che non votare, in fondo, sia un modo per dire la propria.
Falso. Pericolosamente falso.

Attenzione: il colore politico di chi sostiene l’astensione è irrilevante. Oggi è la destra, ieri è stata la sinistra, domani chissà.
Ma la sostanza non cambia: non votare non è mai una forma di partecipazione. È semplicemente rinunciare, disinteressarsi. È lasciare che siano altri a decidere al tuo posto.

E quando a disertare le urne sono proprio le persone più consapevoli, quelle che avrebbero strumenti e visione per incidere davvero, il danno è doppio. Perché a quel punto restano solo i più rumorosi, i più interessati a difendere lo status quo, i meno attrezzati per costruire futuro. E questi si muoveranno indisturbati. Senza ostacoli. Senza domande. Senza contraddittorio.

Ecco perché non bisogna cedere. Non bisogna rassegnarsi. Non bisogna smettere di votare.

Votare:

  • è partecipare alla vita democratica del Paese;
  • è esercitare un diritto che è anche un dovere;
  • è ricordare che la democrazia non funziona da sola: ha bisogno di presenza, confronto, decisione.

L’8 e il 9 giugno andiamo tutti a votare. Perché l’astensione non è mai una risposta.

E perché ogni volta che rinunciamo al voto, ci allontaniamo un po’ di più dall’idea stessa di rappresentanza.

I 5 referendum del 2025: cosa si vota

I referendum sono stati indetti con cinque decreti del Presidente della Repubblica del 25 marzo 2025, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 2025:

  1. Indizione del referendum popolare abrogativo avente la seguente denominazione: «Contratto di lavoro a tutele crescenti - Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione»;
  2. Indizione del referendum popolare abrogativo avente la seguente denominazione: «Piccole imprese - Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale»;
  3. Indizione del referendum popolare abrogativo avente la seguente denominazione: «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi»;
  4. Indizione del referendum popolare abrogativo avente la seguente denominazione: «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione»;
  5. Indizione del referendum popolare abrogativo avente la seguente denominazione: «Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana».

Nei seguenti paragrafi una sintesi dei quesiti, con l’indicazione puntuale delle norme di cui si chiede l’abrogazione.

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