Cambio destinazione d’uso: basta la SCIA?

di Redazione tecnica - 15/10/2021

Cosa succede quando viene effettuato un cambio di destinazione d’uso di un locale senza aprire una SCIA? È possibile che venga negata l’abitabilità, come ha sottolineato la sentenza n. 6851/2021 del Consiglio di Stato, tornando a parlare di un tema importante: quello del rilascio dei titoli abilitativi nel caso in cui un immobile venga adibito a una nuova funzione.

Cambio di destinazione d’uso e SCIA: la sentenza del Consiglio di Stato

L’appello al Consiglio di Stato è stato la conseguenza della sentenza n. 373/2016 del Tar Molise, sez. Prima, con cui era stato confermato il rigetto dell’istanza di sanatoria emesso da un Comune relativamente al cambio di destinazione di due locali, precedentemente usati come magazzino e come garage e in seguito utilizzati come studio legale e agenzia di viaggi.

Il Comune infatti aveva ingiunto la sospensione di tali attività, ordinando alle conduttrici dei locali, e in caso di inadempimento, al proprietario, di provvedere alla loro sistemazione e manutenzione.

In particolare venivano contestati:

  • l’assenza di comunicazione del cambio di destinazione d’uso con o senza opere;
  • l’inottemperanza alle norme igienico-sanitarie previste dal regolamento edilizio comunale, con un’altezza non idonea di 2,20 metri per entrambi i locali e mancanza di interventi di risanamento igienico finalizzati a rimuovere fenomeni di umidità necessari per renderli idonei alla nuova destinazione.

La successiva richiesta di sanatoria presentata dal proprietario è stata respinta e da qui il contenzioso: secondo il ricorrente, le condizioni igienico-sanitarie dei locali sarebbero dipese da infiltrazioni d’acqua provenienti dalla rete fognaria pubblica e, dunque, riconducibili a condotte a carico del Comune stesso, mentre il limite dell’altezza avrebbe potuto essere derogato.

Cambio di destinazione d'uso: accertamento di conformità

Palazzo Spada ha invece confermato il giudizio di primo grado e il rigetto della domanda di sanatoria, richiamando il cd. accertamento di conformità previsto dall’art. 36 del d.lgs. n. 380 del 2001, per cui, in caso di interventi realizzati in violazione delle norme che prevedono il permesso di costruire o la Scia, come ad esempio il cambio di destinazione d’uso «il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».

Oltretutto lo stesso D.P.R. n. 380/2001, all’art. 24 prescrive che l’abitabilità degli immobili è condizionata alla sussistenza di determinate condizioni igienico-sanitarie: nel caso in esame, il regolamento edilizio comunale prevede un’altezza minima dei locali di 2,70 metri, con possibilità di deroga previo parere favorevole del servizio di igiene pubblica, che in questo caso non è stato dato perché gli ambienti da destinare a studio legale presentano un’altezza (mt. 2.20) di gran lunga inferiore a quella minima regolamentare prevista per gli ambienti di lavoro ed inferiore anche all’altezza prevista per gli spazi accessori e servizi (corridoi e servizi igienici)».

In definitiva, il Comune, non ha accertato la conformità dei locali e quindi ha legittimamente negato la sanatoria richiesta perché il cambio di destinazione d'uso non poteva essere concesso.



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