Condono e demolizione di parti abusive: no al permesso di costruire condizionato

di Redazione tecnica - 07/02/2023

No alla sanatoria condizionata, senza se e senza ma. Impossibile quindi demolire parti abusive di un edificio con lo scopo di far rientrare l’immobile nell’alveo delle condizioni per ottenere il condono edilizio: si tratterebbe soltanto di un modo per eludere le norme in materia.

Abusi edilizi e demolizione: il no della Cassazione al permesso di costruire condizionato

Si tratta di un orientamento giurisprudenziale consolidato e che ancora una volta la Corte di Cssazione, III sez. Penale, ha confermato con la sentenza n. 4222/2023. La questione nasce a seguito del ricorso presentato contro la sentenza con cui il giudice d’appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha confermato l’ordine di demolizione di un immobile abusivo, costruito oltre il31 dicembre 1993 in violazione di quanto disposto dalla Legge n. 724/1994 (cd “Secondo Condono Edilizio”).

Secondo il ricorrente, il giudice non avrebbe tenuto conto del permesso di costruire in sanatoria ottenuto a seguito della demolizione dei corpi di fabbrica realizzati successivamente al termine previsto dalla legge n. 724/1994.

Spiega la Cassazione che la volumetria eccedente i limiti previsti dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ai fini della condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993, non è suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita successivamente allo spirare di detto termine, integrando la stessa un intervento, oltre che di per sé abusivo, volto ad eludere la disciplina di legge.

Ammettere lavori - sia pur di demolizione - che modifichino il manufatto abusivo, alterandone significativamente la struttura e riducendone la volumetria, al fine di rendere sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito dalla legge per la condonabilità delle opere, ciò che certamente allora non lo sarebbe stato, costituisce indebito aggiramento della disciplina legale poiché sposta arbitrariamente in avanti nel tempo il termine finale previsto dalla legge per ottenere il condono edilizio, addirittura legittimando ulteriori interventi abusivi.

Nel caso in esame, peraltro, non sussiste neppure il requisito della anteriorità delle opere abusive al termine del 31 dicembre 1993, in quanto la realizzazione del fabbricato abusivo, originariamente della superficie di 72 mq. e con volume di 220 mc., è proseguita successivamente a tale data, con opere di completamento (quali i solai) e con l'edificazione di ulteriori corpi di fabbrica in aderenza a quello originario, di cui non rileva la successiva demolizione eseguita allo scopo di conseguire la sanatoria del fabbricato originario, rilasciata dal Comune in assenza dei requisiti richiesti dalla I. 724/94 e, dunque, correttamente ritenuta inefficace dal giudice dell'esecuzione.

Prosecuzione di lavori edilizi su manufatti abusivi

La prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza di fatto, una nuova condotta illecita, a prescindere dall'entità dei lavori eseguiti, e ciò anche quando per le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, in quanto i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di abusività dell'opera principale alla quale strutturalmente ineriscono.

Il permesso di costruire in sanatoria era quindi inefficace, in quanto è illegittimo, e non determina l'estinzione del reato edilizio di cui all'art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) né di quello paesaggistico, e dunque non costituisce neppure valido presupposto per la revoca dell'ordine di rimessione in pristino, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica.

Il passare del tempo non estingue l'efficacia dell'ordine demolitorio

Infine, la Corte ha ribadito che il trascorrere del tempo non rileva sulla validità e sulla efficacia dell'ordine di demolizione, escludendone la natura di pena accessoria e, con essa, l'applicabilità allo stesso della disciplina della prescrizione stabilita dall'art. 173 cod. pen. Esso ha natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l'autore dell'abuso.

L’ordine può essere disposto ed eseguito dalla autorità amministrativa, alla cui inerzia può sopperire il giudice penale, senza che ciò incida sulla ragionevole durata del processo, nell'ambito del quale tale ordine ha carattere accessorio ed incidentale, come pure la sua esecuzione.

 



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