Condono edilizio e demolizione: il Consiglio di Stato su riesame dell’abusività delle opere

di Redazione tecnica - 15/04/2022

Si è parlato tanto su queste pagine della legittimità ed efficacia di un'ordinanza di demolizione emessa prima o dopo la presentazione di un'istanza per l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria, tramite accertamento di conformità oppure condono edilizio.

Condono edilizio e ordine di demolizione: la sentenza del Consiglio di Stato

Sull'argomento si è espresso nuovamente il Consiglio di Stato con la sentenza 7 aprile 2022, n. 2596 che entra nel merito di un caso in cui successivamente alla presentazione di una istanza di condono edilizio di un prefabbricato destinato a deposito presentata ai sensi dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003 (c.d. terzo condono edilizio), l'amministrazione:

  • adottava l’ordinanza di demolizione;
  • accertava l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire ;
  • notificava il provvedimento di diniego della predetta domanda di condono edilizio;
  • prendeva atto dell’avvenuto trasferimento ope legis dell’immobile e dell’area di sedime per procedere alla trascrizione dell’immobile presso i registri immobiliari della competente conservatoria in favore del Comune.

Il ricorso e la sentenza del TAR

In primo grado è stato impugnato il diniego dell’istanza di condono, domandandone l’annullamento e censurata la dichiarazione di avvenuto trasferimento della proprietà del bene in capo al patrimonio del Comune. Non sono stati, invece, impugnati l’ordinanza di demolizione ed il verbale di accertamento della relativa inottemperanza.

Il TAR ha respinto il ricorso del ricorrente sul diniego di condono edilizio ma anche le eccezioni del Comune resistente sulla carenza di interesse ed annullando la dichiarazione di acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale. Da qui la decisione del Comune stesso di ricorrere al Consiglio di Stato.

La mancata impugnazione dell'ordine di demolizione

In secondo grado il Comune ha censura il capo della sentenza che ha respinto l’eccezione in merito alla mancanza di interesse dei ricorrenti, che non avevano impugnato né l’ordinanza di demolizione, né il verbale di accertamento di inottemperanza, ma solo la dichiarazione di avvenuta acquisizione dell’immobile, che non sarebbe nella tesi del Comune titolo per l’acquisizione al patrimonio comunale.

Secondo il Comune, il TAR avrebbe confuso il provvedimento di acquisizione tout court (risalente alla presa d’atto dell’inottemperanza) con la predetta dichiarazione secondo il Comune non lesiva essendo un atto ricognitivo risolventesi nella mera ricognizione dell’effetto acquisitivo legato all’avvenuta inottemperanza all’ordine di demolizione nel termine di novanta giorni, accertato con verbale di inottemperanza non impugnato.

L'acquisizione dell'immobile

Relativamente alla valenza lesiva dell’atto dichiarativo della acquisizione dell’immobile, il Consiglio di Stato ha rilevato che tale atto è lesivo ed, in astratto, autonomamente impugnabile per vizi propri (anche in assenza dell’impugnazione della demolizione e della impugnazione della presa d’atto dell’inottemperanza alla demolizione) in quanto specifica l’area acquisita dall’amministrazione dopo il verificarsi dell’effetto ex lege.

La dichiarazione di acquisizione infatti è un ulteriore passaggio di concretizzazione nel procedimento sanzionatorio tra l’altro necessario ai fini della trascrizione immobiliare. I veri atti lesivi dell’interesse azionato dal ricorrente in primo grado consistono nel verbale di accertamento della inottemperanza pur impugnato con i motivi aggiunti ma tardivamente e nell’atto di demolizione (mai impugnato).

I motivi aggiunti sono in sostanza incentrati sulla mancata previa definizione del procedimento di condono ed essi dovevano essere proposti avverso il provvedimento di demolizione. Risulta inoltre non contestato che l’ordinanza di demolizione è stata adottata successivamente alla presentazione dell’istanza di condono, e non prima.

L’ordine di demolizione, notificato successivamente alla domanda di condono, non ha quindi perso efficacia e doveva essere impugnato nel termine decadenziale. L’omessa impugnazione di entrambi gli atti, ovvero dell’ordinanza di demolizione prima e del verbale di inottemperanza dopo comporta l’inammissibilità dell’impugnazione della mera dichiarazione di acquisizione dell’area di sedime impugnata con motivi aggiunti che avrebbero dovuto rivolgersi avverso atti rimasti inoppugnati.

Riordinare la demolizione?

Altro punto su cui il Comune chiede chiarezza riguarda la pronuncia di primo grado circa la necessità, prima di procedere alla eventuale acquisizione, di un nuovo ordine di demolizione delle opere abusive. Secondo il TAR si sarebbe dovuto assegnare un nuovo termine per adempiere alla demolizione, e solamente allo spirare di questo il Comune avrebbe potuto accertare la situazione di fatto, ed in caso di inottemperanza procedere con l’acquisizione, previo verbale di accertamento dell’inottemperanza.

Per rispondere ai rilievi del Comune, il Consiglio di Stato ha ricordato un orientamento pacifico per cui la presentazione di una istanza di sanatoria non comporta l'inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, non essendoci pertanto un'automatica necessità per l'amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. Nel caso in cui venga presentata una domanda di accertamento di conformità in relazione alle medesime opere (da verificare nel caso di specie da parte degli organi comunali), l'efficacia dell'ordine di demolizione subisce un arresto, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione.

In caso di abusi edilizi, l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.

Il rigetto del Condono

Ne consegue che, rigettato il condono, la demolizione, temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore.

Il momento di presentazione dell'istanza

Nel caso di specie il Consiglio di Stato ha accertato che l’ordine di demolizione non risulterebbe antecedente all’istanza di condono, ma l’istanza di condono ha preceduto l’ordine di demolizione, difettando quindi i presupposti dell’art. 44 della Legge n. 47/1985 invocata dal TAR e non rilevante nella specie.

L’ordinanza di demolizione non avrebbe poi mai potuto perdere definitivamente efficacia per l’applicazione dell’art. 44, in quanto detta norma si riferisce testualmente alla sospensione dei provvedimenti sanzionatori pregressi e quindi dell’ordine di demolizione adottato precedentemente alla presentazione della domanda di condono (l’ordine di demolizione successivo dovendo essere impugnato deducendone l’illegittimità per mancata previa definizione dell’istanza di condono – che paralizza temporaneamente l’esecuzione delle sanzioni - circostanza – questa dell’impugnazione della demolizione - non verificatasi nella specie essendosi fatta questione solo dell’impugnativa del diniego di condono e, omisso medio, del provvedimento di acquisizione del manufatto abusivo e dell’area di sedime).

L'art. 44 (Sospensione dei procedimenti) della Legge n. 47/1985 (primo condono edilizio)

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla scadenza dei termini fissati dall'articolo 35, sono sospesi i procedimenti amministrativi e giurisdizionali e la loro esecuzione, quelli penali nonché quelli connessi all'applicazione dell'articolo 15 della legge 6 agosto 1967, n. 765, attinenti al presente capo.

2. La sospensione di cui al comma precedente non si applica ai procedimenti cautelari avanti agli organi di giurisdizione amministrativa, previsti dall'articolo 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

3. Decorso il termine del 30 settembre 1986 senza che sia stata presentata domanda di concessione o autorizzazione in sanatoria, la sospensione di cui al precedente primo comma perde efficacia.

4. I procedimenti sospesi possono essere ripresi a richiesta degli interessati.

Inefficacia dell'ordine di demolizione

Stante la non accoglibilità della domanda di condono, essendo priva degli elementi essenziali (avvenuta ai sensi della legge n. 326/2003, la cui sanatoria è riferita solo ad abusi di natura residenziale, ma oggetto dell’opera sine titulo è un deposito), l’esito del procedimento non poteva essere diverso, come ha chiarito lo stesso TAR Napoli respingendo il ricorso introduttivo e confermando il diniego della medesima istanza di condono.

Non sussistono pertanto nemmeno i presupposti per l’applicazione dell’ orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente e relativo solo ai provvedimenti di condono (non agli accertamenti di conformità) secondo il quale la presentazione della domanda di condono successivamente alla impugnazione dell’ordinanza di demolizione (e nel caso di specie mai avvenuta) produce l’effetto di rendere inefficace tale provvedimento, e quindi improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse, perché tale orientamento – comunque revocabile in dubbio nel caso in cui il procedimento di condono si concluda con un rigetto a distanza di tempo ragionevole dalla demolizione sospesa dal condono – non può trovare applicazione nei casi come quello in esame, in cui sia palese la mancanza dei presupposti minimi di ammissibilità della stessa domanda di condono.

L’obbligo di riesaminare l’abusività delle opere provocato dalla domanda di condono con la riadozione dei provvedimenti repressivi ha senso solo in presenza di un intervento astrattamente sanabile, ossia quando per effetto della formazione di un nuovo provvedimento esplicito e per il suo concreto contenuto risulti definitivamente vanificata l’operatività del precedente provvedimento demolitorio, adottato senza tener conto della (astratta) condonabilità del bene.

Ha pregio l’assunto del Comune che ricorda il principio di speditezza e non aggravamento dei procedimenti amministrativi repressivi, con una inutile riedizione ex novo di esso, atteso l’identico provvedimento repressivo da adottare in sede di rinnovo, stante la natura abusiva del manufatto e dell’impossibilità di condonarla, non rientrando per l’oggettività della sua natura nelle categorie previste dalla normativa di condono.



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