Equo Compenso, diritti e principi del lavoro autonomo e indipendente

di Gianluca Oreto - 17/11/2017

Mentre l'Assemblea del Senato ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando con 148 voti favorevoli e 116 contrari l'emendamento interamente sostitutivo del ddl n. 2942, di conversione in legge del decreto-legge in materia finanziaria e per esigenze indifferibili (c.d. Decreto fiscale), c'è chi si è strappato le vesti per l'emendamento che estenderebbe l'articolo previsto per l'equo compenso degli avvocati anche agli altri professionisti.

Vittoria! urlano a destra. Soddisfazione! replicano a sinistra. Certo, in un periodo di vacche magre in termini di conquiste, l'estensione del c.d. equo compenso potrebbe rappresentare il classico zuccherino di chi, avvicinandosi ad elezione, cerca di prendersi la paternità di un provvedimento che, strilli a parte, nella sua estrema sostanza non serve assolutamente a nulla.

Cos'è l'equo compenso

In effetti, cos'è questo equo compenso di cui tanto si parla?
Come da comma 2 dell'art. 13-bis che sarà inserito all'interno della Legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense), si considera equo il compenso, determinato nelle convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività di esclusiva competenza degli avvocati, in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale. Tali indicazioni si applicherebbero, in quanto compatibili, anche alle prestazioni rese dai professionisti, anche iscritti agli ordini e collegi.

Tutto rientra, quindi, nell'ambito delle normali contrattazioni tra privati. Nessuna tariffa, nessuna indicazione precisa ma solo un compenso "proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale" che dal punto di vista pratico sarà utile quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica.

Di contro appare utile segnalare che contestualmente all'approvazione dell'equo compenso per tutti i professionisti, la “Coalizione 27 febbraio”, una rete di associazioni e movimenti, ha messo su una Carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente, da utilizzare per interloquire criticamente con Governo e Parlamento, identificando le condizioni del lavoro autonomo.

La Carta prende in considerazione la moltiplicazione delle figure del lavoro, così come l'affermazione del lavoro autonomo e parasubordinato, evidenziando come a tale proliferazione non sia stata accompagnata una revisione sostanziale del welfare e delle tutele.

Riporto di seguito i 9 punti identificati per la definizione di uno Statuto del lavoro autonomo.

1. Welfare universale e ammortizzatori sociali

1.1. Reddito minimo garantito
Si tratta di una misura di welfare universale. Una tutela nei periodi di non lavoro e di disoccupazione, a carico della fiscalità generale. Uno strumento fondamentale contro il ricatto che spinge al lavoro gratuito, all'accettazione dei sotto-compensi, di lavori privi di diritti.

1.2. Estensione degli ammortizzatori sociali
Nel Jobs Act, l’obiettivo dichiarato dell’universalizzazione delle tutele è associato all'introduzione di un ammortizzatore sociale per i lavoratori parasubordinati, la DIS-COLL. Avviata un anno fa esclusivamente in «via sperimentale», la DIS-COLL perde risorse e rischia di essere cancellata tra non molto. La Legge di Stabilità 2016 l'ha confermata, ma il suo finanziamento resta incerto, legato alle scelte politiche del Governo e ai tagli giustificati dall'«equilibrio di bilancio». La disciplina ricalca la logica assicurativa della NASpI, con termini maggiormente restrittivi sia nell'accesso che nella durata della prestazione. Inoltre, per acquisire il diritto alla prestazione, il collaboratore deve esser stato «iscritto in via esclusiva alla Gestione separata INPS». Inevitabilmente, in questo modo, si penalizza chi alterna periodi di lavoro subordinato a quelli di collaborazione. Ne chiediamo tuttavia non solo la conferma, il finanziamento, ma anche l'estensione ai lavoratori autonomi e agli intermittenti della ricerca, ingiustamente esclusi. Chiediamo inoltre che le prestazioni siano erogate dall'INPS in tempi rapidi e certi, non appena il rapporto di lavoro viene meno.

1.3. Superamento del modello assicurativo e reale universalizzazione delle tutele
La riforma degli ammortizzatori sociali operata dal Jobs Act persegue una rigorosa logica assicurativa: le tutele sono legate alla «pregressa storia contributiva del lavoratore», e in questo modo viene incrementata la «durata massima» del trattamento «per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti». Le nuove prestazione non tutelano più a lungo chi è in stato di maggior bisogno, ma chi ha versato più contributi. A farne le spese, in termini di durata del beneficio, sono lavoratori precari e intermittenti con carriere frammentate e discontinue. In alternativa alla stretta osservanza del principio di corrispettività, chiediamo l'introduzione di più ampie forme di solidarietà inter-professionale sia per quanto riguarda l’accesso che per la durata delle prestazioni.

2. Equità previdenziale

2.1. Gestione separata INPS
a) Il rinnovato blocco dell'aumento dell'aliquota relativa alla gestione separata INPS è un provvedimento positivo, ma insufficiente. Il blocco va reso definitivo. Di più: occorre ridurre l'aliquota al 24% e rendere l'aumento al 27% facoltativo;
b) Va da sé che, senza opportuni correttivi solidaristici del sistema contributivo, la riduzione dell'aliquota non risolve i problemi. Chiediamo l'istituzione di una pensione minima di cittadinanza, indipendente dal montante contributivo accumulato e superiore all'Assegno sociale. Una base comune, accessibile dopo una soglia minima di 5 o 10 anni di contribuzione, cumulabile con la parte variabile e relativa al montante effettivamente conquistato. Le risorse necessarie possono essere reperite tagliando, attraverso il ricalcolo, le pensioni d'oro (che costano circa 13 miliardi l'anno) e d'argento (oltre i 3.000 euro al mese). Altrimenti ricorrendo alla fiscalità generale;
c) Nel versamento dei contributi, è necessario passare dal sistema dell'anticipo/conguaglio a quello dell'incasso/consuntivo;
d) Va reso obbligatorio, e non più facoltativo, il versamento dell’aliquota contributiva del 4% da parte del committente (rivalsa INPS). Di più: è opportuno l'aumento della stessa dal 4 al 6%;
e) Va resa trasparente, in sede di rendicontazione annuale, la distinzione dei flussi di cassa destinati alla previdenza e quelli destinati alle prestazioni sociali.

2.2. Casse previdenziali degli ordini
Deve essere risolto il conflitto previdenziale. Primo passo: rendere inammissibili, da parte delle Casse, l'erogazione di trattamenti pensionistici non coperti da una adeguata contribuzione previdenziale. Altrettanto: censura politica, da parte delle Casse, delle pensioni maturate con il combinato disposto di evasione fiscale e sistema di calcolo retributivo.
a) trasparenza gestionale delle Casse, che non si riduce alla sola pubblicazione del bilancio consuntivo, ma che richiede quanto meno la pubblicazione del bilancio di previsione;
b) soppressione dei contributi minimi obbligatori;
c) correttivi solidaristici del sistema contributivo, sostenuti con l'aumento della pressione previdenziale sui redditi alti e medio-alti;
d) pensione minima garantita anche a coloro che non hanno maturato un montante contributivo sufficiente.

3. Sostenibilità fiscale

Innanzi tutto, la “Coalizione 27 febbraio” propone l'innalzamento dell'asticella della “no tax area” a 10.000 euro di fatturato annuo. Questo per favorire i giovani professionisti, in generale i professionisti con redditi bassi. Nella prospettiva, poi, di una revisione complessiva e in senso progressivo del sistema fiscale, ritiene opportuno garantire un regime agevolato per chi fatica a superare i 30.000 euro di fatturato annuo.

4. Contratto, equo compenso, contenzioso, fondo di garanzia.

4.1. Contratto
È necessario introdurre una tipicizzazione del contratto di lavoro autonomo, imponendo la formalizzazione di alcuni elementi essenziali. Al fine di fornire al prestatore di lavoro un programma negoziale definito ex ante, garanzia affinché si realizzi un migliore equilibrio contrattuale:
a) una descrizione dettagliata e specifica dell’opera o servizio richiesto dal committente;
b) la data di inizio del rapporto, la durata del contratto e/o i tempi di consegna dell’opera o del servizio;
c) il corrispettivo pattuito, indicando se sono compresi o esclusi l’IVA, gli oneri previdenziali, gli eventuali rimborsi spese e la loro quantificazione;
d) i tempi e le modalità di pagamento;
e) i termini di preavviso e le causali di recesso.

Da ultimo, pare davvero opportuno associare un eventuale termine del contratto alla sussistenza di causali oggettive e preesistenti che ne legittimino l’apposizione. In caso di recesso ingiustificato il committente deve corrispondere al collaboratore autonomo un’indennità che, coerentemente con quanto disposto dall’art. 2227 C.C. in tema di recesso dal contratto d’opera, copra il corrispettivo per l’attività svolta, le spese e il mancato guadagno, oltre che un’indennità di importo uguale ai compensi percepiti (o che si dovrebbero percepire) sino al momento del recesso a titolo di risarcimento del danno.

4.2. Equo compenso
Non bastano le agevolazioni fiscali, serve una lotta senza quartiere al lavoro gratuito. Di più: serve la definizione un compenso minimo garantito, con riferimento estensivo ai minimi previsti dai contratti collettivi nazionali.

4.3. Contenzioso
Le controversie relative ai rapporti di lavoro autonomo devono essere assoggettate al rito del lavoro. Occorre superare la distinzione dell'articolo 409 del Codice di Procedura Civile, che prevede l'applicazione del rito speciale solo ai rapporti di lavoro subordinato, di agenzia e alle altre forme di lavoro parasubordinato.

4.4. Fondo di garanzia
È necessaria la costituzione di fondi di garanzia cui poter attingere in caso di mancato pagamento e incapienza/irreperibilità/insolvenza del committente. In caso di ritardo nei pagamenti da parte del committente, occorre introdurre interessi moratori e/o penali ricalcando la disciplina nelle transazioni commerciali, con un termine unico di trenta giorni. È necessario prevedere il privilegio dei crediti da lavoro autonomo allo stato passivo di un eventuale fallimento dell'azienda/committente.

5. Contrasto alla penetrazione del capitale negli studi professionali

La “Coalizione 27 febbraio” contesta l’assimilazione delle professioni alle imprese e invita a contrastare i diversi orientamenti europei in merito. La “Coalizione 27 febbraio” è contraria alla previsione, per le professioni, di modelli organizzativi che consentano la partecipazione di soci non iscritti all’albo professionale e conferenti quote di capitale. L’ingresso del capitale nelle strutture organizzative dei professionisti ne altererebbe la natura e le funzioni, pregiudicandone l’autonomia e l’indipendenza, e determinerebbe inevitabili conflitti di interesse.

6. Soppressione dello sfruttamento del lavoro negli studi professionali

Lo sfruttamento del lavoro negli studi professionali è una realtà amara che riguarda sia i praticanti che i professionisti. Questi ultimi, infatti, da un lato hanno un trattamento lavorativo equivalente o spesso peggiore di quello riservato a un normale impiegato e dall’altro hanno gli stessi oneri fiscali e previdenziali del datore. Tutto questo avviene tramite l'uso o l'abuso della partita Iva. Per contrastare e risolvere questi problemi, la “Coalizione 27 febbraio” propone, per i praticanti, l’adozione del contratto di apprendistato e chiede, per i professionisti, l’eliminazione dell’incompatibilità dell’esercizio della professione con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, in tutti i casi in cui sia stata prevista.

7. Fondi europei

La “Coalizione 27 febbraio” propone l'accesso ai Fondi sociali europei per i professionisti in quanto professionisti.

8. Economia collaborativa

La “Coalizione 27 febbraio” sostiene la creazione, in Italia, di meccanismi di cooperazione di piattaforma [platform cooperativism], come un'alternativa di natura mutualistica nell'ambito della Sharing economy, la realtà globale dell'economia collaborativa. Per alimentare la crescita del settore e tutelare i lavoratori, anche nel dibattito sulla proposta di legge relativa alla Sharing economy di recente presentata in Parlamento, e oggetto di una discussione pubblica online, riteniamo necessario:
a) definire il lavoro sulle piattaforme della Sharing economy nei termini di un rapporto di lavoro che può essere di natura autonoma, fermo restando che i costi assicurativi e fissi delle attività siano a carico dei committenti pubblici o privati, sempre in un'ottica di welfare universale;
b) estendere i criteri stabiliti al punto 4.1 della Carta sul contratto di lavoro autonomo a chi opera in maniera intermittente o esclusiva nel settore, oggi e soprattutto nel suo progressivo sviluppo futuro;
c) tutelare la libertà di associazione per il lavoro condiviso in spazi comuni (coworking, fablab, mediante start-up). Promuovere le esperienze di natura mutualistica e cooperativa con politiche pubbliche e agevolazioni fiscali (vedi il punto 3); sul modello delle politiche attuate in molti paesi europei, tutelare l'accesso al patrimonio pubblico, la loro riconversione, il recupero e l'auto-recupero per lo sviluppo di tali attività; promuovere infrastrutture pubbliche a uso delle sperimentazioni territoriali nell'economia della condivisione.

9. Ravvedimenti operosi

La “Coalizione 27 febbraio” propone ravvedimenti operosi “morbidi” nei confronti di Equitalia: allungamento dei tempi, estensione della rateizzazione, riduzione degli interessi.



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