Immobili ante '67: i documenti a comprova della destinazione d'uso

di Redazione tecnica - 27/02/2023

La destinazione d'uso per immobili ante '67, qualora non ci sia un titolo abilitativo a sostenerla, può essere definita mediante la produzione di “documenti probanti” in generale, quali, tra gli altri, i documenti d’archivio o altri atti, pubblici o privati, di cui sia dimostrata la provenienza.

Stato legittimo, destinazione d'uso e immobili ante '67: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Si tratta di importanti considerazioni che il Consiglio di Stato ha fatto nella sentenza n. 10760/2022, dichiarando la legittimità di un'attività commerciale alla quale erano sempre stati destinati i locali di un immobile costruito prima del 1967.

Una decisione che ha totalmente rovesciato la tesi svolta in primo grado dal TAR, secondo cui il locale era stato catastato come deposito in categoria C/2 e in quanto tale non utilizzabile per la vendita commerciale, come di fatto invece era sempre stato a partire dal 1949. Il giudice amministrativo aveva anche confermato l'annullamento in autotutela del permesso di costruire rilasciato da un'Amministrazione comunale, concesso per la realizzazione di opere edili di riqualificazione, adeguamento strutturale e funzionale dell’immobile, dunque senza alcun riferimento ad una destinazione d’uso dell’immobile diversa da quella risultante dalla relativa classificazione catastale, appunto di deposito e non di attività commerciale. Questo anche sulla base delle NTA del Regolamento Urbanistico comunale che prescriveva, in mancanza di titolo edilizio che "la destinazione d'uso è quella risultante dalla classificazione catastale attribuita all’immobile”.

Destinazione d'uso in immobli ante '67: cosa prevede il Testo Unico Edilizia

Di diverso avviso il Consiglio di stato, che ha invece dato ragione alla tesi degli appellanti, confermando che ai sensi dell’articolo 23-ter, comma 2, in combinato disposto con l’art. 9-bis, comma 1-bis del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), la destinazione d’uso di un immobile realizzato ante 1967 è quella desumibile, tra l’altro, dai documenti d’archivio o altro documento pubblico di cui sia dimostrata la provenienza. 

Nel caso in esame, sia prima che dopo il 1967, il Comune ha rilasciato numerosi titoli di assenso, tra cui una  licenza di commercio al minuto del 1949, una dichiarazione di abitabilità nel 1955 e altre licenze per l'esercizio del commercio, nel 1967 e nel 1973 e che tali titoli sono idonei a stabilire la destinazione commerciale dell’immobile, ai sensi dell’articolo 23-ter, comma 2 del D.P.R. n. 380/2001, in combinato disposto con l’art. 9 bis, comma 1 bis del medesimo D.P.R. n. 380/2001, con conseguente inapplicabilità della classificazione catastale e, comunque, recessiva - e come tale da disapplicare - rispetto al chiaro disposto di cui all’articolo 9 bis, comma 1-bis del D.P.R. n. 380/2001.

Infatti l’art 23, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 prevede che “la destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis”; tale disposizione prevede, a sua volta, che “lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. ….”.

Ne discende che la destinazione d’uso di un immobile realizzato ante 1967 è quella desumibile da “documenti probanti”, in generale, quali, tra gli altri, i documenti d’archivio o altri atti, pubblici o privati, di cui sia dimostrata la provenienza.

I titoli presentati dai ricorrenti sono senza dubbio “documenti probanti” la destinazione commerciale dell’immobile, ai sensi del combinato disposto degli articoli 23-ter, comma 2, e 9-bis, comma 1-bis, del D.P.R. n. 380/2001, rispetto alla quale la classificazione catastale, che notoriamente rileva primariamente a fini fiscali, riveste carattere recessivo e sussidiario, come tale utilizzabile in mancanza di documenti probanti, quale previsione di chiusura del sistema.

Tra gli atti probanti devono essere sicuramente annoverati i certificati amministrativi che sono documenti pubblici, nella specie attestanti il legittimo esercizio dell’attività commerciale presso l’immobile in questione, valendo tali documenti pubblici, di provenienza certa e non contestata, a dimostrare, quali indizi gravi, precisi e concordanti la destinazione commerciale dell’immobile.

Legittimità del permesso di costruire

Infine, anche il permesso di costruire era legittimo in quanto richiesto e concesso esclusivamente per la realizzazione di opere edili di riqualificazione, adeguamento strutturale e funzionale dell’immobile, senza alcun riferimento ad una destinazione d’uso dell’immobile diversa da quella risultante dalla relativa classificazione catastale”, atteso che l’istante non aveva motivo per chiedere il cambio di destinazione d’uso in presenza di un immobile da tempo utilizzato con finalità commerciale.

Il ricorso è stato quindi accolto, confermando che per gli immobili ante '67, la destinazione d'uso può essere comprovata mediate documentazione fotografica e amministrativa di cui sia dimostrata la provenienza.



© Riproduzione riservata

Documenti Allegati

Sentenza