Prove in situ su materiali da costruzione: annullate le Linee Guida del CSLLPP

di Redazione tecnica - 21/03/2022

Non solo i laboratori, ma anche gli ingegneri liberi professionisti sono autorizzati ad effettuare prove in situ per materiali da costruzione su strutture esistenti: così ha deciso il Tar Lazio con la sentenza n. 3132/2022, con la quale ha disposto l’annullamento delle “Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti” del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nella parte in cui disponevano l’autorizzazione a operare soltanto per i laboratori, alla stregua delle prove distruttive.

Autorizzazione per prove in situ: annullate le Linee Guida del CSLLPP

La questione è stata sollevata dall’Ordine degli Ingegneri di Roma, che ha proposto ricorso per l’annullamento delle Linee Guida approvate dall'Assemblea generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in data 17 aprile 2020, nella parte in cui prevedono che “… le prove ed i controlli sui materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti di cui alla Circolare 03 dicembre 2019 n. 633/STC e s.m.i., devono essere effettuate e certificate da un laboratorio di cui all'articolo 59 del DPR 380/2001 e s.m.i., dotato di specifica autorizzazione, ove prevista”,  oltre che del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 17 dicembre 2020, che ne ha disposto l’adozione.

Interventi di consolidamento: le indagini conoscitive e preliminari 

In sostanza, il CSLLPP non ha limitato tale “riserva” alle sole prove “distruttive”, come invece espressamente previsto dalle NTC 2018. Come ha spiegato l’Ordine, tra le indagini diagnostiche e conoscitive preliminari alla progettazione di interventi di consolidamento e/o di manutenzione straordinaria e collaudo delle strutture già esistenti, rientrano le prove e i controlli mirati a verificare le caratteristiche (specialmente la resistenza e la deformabilità) e il livello di degrado dei materiali da costruzione (“prove di caratterizzazione meccanica dei materiali”), volti ad appurare l’idoneità della struttura a sostenere in sicurezza l’intervento da effettuare.

Prove distruttive e non distruttive

Tali tecniche di indagine sono state poi integrate dalle previsioni della Circolare n. 7 del 21 gennaio 2019 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, recante “Istruzioni per l’applicazione dell’«Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”» di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 2018”. In particolare, il punto C-8.5.3 della Circolare n. 7/2019 ammette sia l’impiego di prove su campioni c.d. “indisturbati” prelevati dalle strutture (prove c.d. “distruttive”), sia prove c.d. “non distruttive”:

  • le prime implicano il prelievo del materiale dalla struttura (ad esempio il c.d. “carotaggio”) e l’analisi fisica, chimica e meccanica dei singoli campioni asportati;
  • le prove “non distruttive”, di contro, consistono in tecniche diagnostiche da applicare direttamente sull’intera struttura, al fine di minimizzare l’impatto sulla stessa.

Proprio per le differenti modalità di esecuzione, le prove “non distruttive” vanno condotte in situ, ben potendo dunque essere eseguite, fino all’adozione, da parte del Consiglio, delle “Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti” impugnate, anche da ingegneri iscritti all’albo e muniti della dotazione necessaria. Diversamente, come previsto al par. 8.5.3 delle NTC, le prove “distruttive”, richiedendo l’analisi chimica e fisica dei campioni, devono essere necessariamente effettuate e certificate a cura di un laboratorio debitamente autorizzato ai sensi dell’art. 59, comma 2, del d.P.R. 6.6.2001 n. 380, previa dimostrazione del possesso di determinati requisiti organizzativi e strutturali.

L’assetto delineato nelle NTC prevede quindi una riserva di competenza a favore dei laboratori “di prova” con riferimento alle sole prove “distruttive”, consentendo l’espletamento delle prove “non distruttive” da parte di qualsiasi soggetto dotato della strumentazione e delle competenze necessarie, ivi compresi quindi gli ingegneri iscritti all’albo.

Sblocca Cantieri: anche laboratori possono fare prove in situ

Successivamente all’emanazione della citata circolare del Consiglio n. 7/2019, la legge di conversione n. 55/2019 del D.L. “Sblocca-cantieri”, ha aggiunto all’art. 59, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 una nuova lett. c-bis), prevedendo che ai laboratori è consentito – sempre previa autorizzazione del MIT – procedere all’espletamento, oltre che delle prove “distruttive”, anche delle “prove e controlli su materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti”, ossia le prove “non distruttive”, tra cui le prove pacometriche e sclerometriche. Alla figura dei laboratori “di prova” è venuta quindi ad affiancarsi quella dei laboratori “in situ”.

A fronte di ciò, con la circolare n. 633 del 3.12.2019, il CSLLPP ha elencato dettagliatamente i requisiti che i laboratori “in situ” dovranno soddisfare per ottenere l’autorizzazione, tra cui:

  • l’obbligatorio esercizio dell’attività in forma imprenditoriale (punto 1.2);
  • un organico minimo di n. 5 unità (punto 3),
  • locali idonei (punto 4)
  • dotazione di cospicua attrezzatura e strumentazione (punto 6).

Quindi, nel corso dell’Assemblea generale del 17.4.2020, il Consiglio, ha disposto che sia le prove in laboratorio che in situ devono essere effettuate e certificate da un laboratorio di cui all’articolo 59 del DPR 380/2001 e s.m.i., dotato di specifica autorizzazione.

Il ricorso dell'Ordine degli Ingegneri

Secondo l’Ordine degli Ingegneri, con le Linee Guida il Consiglio avrebbe esteso indebitamente la riserva di competenza in favore dei laboratori di “prova” anche alle prove “non distruttive”, precludendo illegittimamente l’esecuzione di tali indagini da parte degli ingegneri liberi professionisti iscritti all’albo professionale, esperti e certificati in attività diagnostiche.

Il TAR ha accolto il ricorso: preliminarmente ha ricordato che l’art. 59, comma 2, del T.U. Edilizia, come di recente modificato con l’introduzione, ad opera della l. n. 55/2019 di conversione del c.d. decreto “Sblocca cantieri”, di un nuovo settore di autorizzazione relativo all’esecuzione di indagini non distruttive sulle costruzioni esistenti (lett. c bis), prevede che “Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare, con proprio decreto, ai sensi del presente capo, altri laboratori ad effettuare c bis) prove e controlli su materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti”.

Dal tenore letterale della norma (“Il Ministero … può autorizzare”) si evince chiaramente che non vi è alcun obbligo di legge di affidare l’esecuzione delle “prove e controlli su materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti” ai soli laboratori “in situ”, giacché la modifica normativa, senza in alcun modo circoscrivere i soggetti abilitati ad effettuare le prove, ha previsto unicamente la possibilità che il Ministero autorizzi i laboratori interessati all’esecuzione delle prove. Pertanto, la disposizione non implica affatto che solo i laboratori “in situ” siano legittimati ad eseguire indagini “non distruttive” sui ponti e sui viadotti esistenti, come stabilito al par. I.8 Linee guida adottate con il DM 17.12.2020.

Il par. 1.8 delle Linee Guida impugnate dispone, invece: “In generale, ai fini delle applicazioni di cui alle presenti Linee Guida, il prelievo e le prove distruttive sui materiali da costruzione di cui alla Circolare 08 settembre 2010, n. 7617/STC s.m.i, le prove di laboratorio sulle terre e sulle rocce di cui alla Circolare 08 settembre 2010, n. 7618/STC s.m.i nonché le prove ed i controlli sui materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti di cui alla Circolare 03 dicembre 2019 n. 633/STC e s.m.i., devono essere effettuate e certificate da un laboratorio di cui all’articolo 59 del DPR 380/2001 e s.m.i., dotato di specifica autorizzazione, ove prevista”.

Ciò implica che i singoli ingegneri non siano abilitati all’effettuazione delle prove in questione, per cui sarebbero costretti a riorganizzare la loro attività professionale per svolgerla non più in forma singola, bensì necessariamente in forma imprenditoriale, come laboratori, dovendo soddisfare i “requisiti minimi” dettati dalla Circolare n. 633/2019 per l’ottenimento dell’autorizzazione ministeriale.

Di conseguenza, il tribunale amministrativo ha disposto l’annullamento delle Linee Guida nella parte in cui prevedono, al par. I.8, che le prove ed i controlli sui materiali da costruzione su strutture e costruzioni esistenti, di cui alla circolare 633/2019, devono essere effettuate e certificate da un laboratorio di cui all’articolo 59 del d.P.R. n. 380/2001, dotato di specifica autorizzazione, confermando che si tratta solo di un'alternativa. Le prove in situ pertanto possono essere ancora effettuare da ingegneri iscritti all'albo.



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