Reati edilizi: la Cassazione sulla trasformazione dei vani da accessori in abitabili

di Redazione tecnica - 08/04/2022

Il cambio d'uso di un locale da accessorio ad abitativo necessita di permesso di costruire oppure può essere trattato come intervento di manutenzione straordinaria ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia, TUE) e richiede solo una comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA)?

Cambio d'uso: nuova sentenza della Cassazione

Per rispondere alla domanda basterebbe leggere molto attentamente la definizione di "manutenzione straordinaria" (art. 3, comma 1, lettera b, TUE) e di "mutamento d'uso urbanisticamente rilevante" (art. 23-ter, TUE). Ma come spesso accade quando si parla di edilizia, ad eliminare ogni dubbio ci pensa la giurisprudenza e questa volta è la Corte di Cassazione, con la sentenza 29 marzo 2022, n. 11303, a chiarire l'argomento.

Nel caso di specie il ricorrente, dichiarato colpevole di reato edilizio (art. 44, comma 1, lett. b), TUE), afferma che il mero cambio di utilizzo dei locali da accessori ad abitabili, in difformità dello stato autorizzato dell'immobile, non necessitava del permesso di costruire, trattandosi appunto di intervento di manutenzione straordinaria.

Reati urbanistici

Confermando la tesi della Corte di Appello, gli ermellini hanno ricordato un principio consolidato per il quale, in tema di reati urbanistici, deve ritenersi ampliata la categoria degli interventi di manutenzione straordinaria, comprensiva anche del frazionamento o accorpamento di unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se comportanti una variazione di superficie o del carico urbanistico, per i quali, ove rimangano immutate la volumetria complessiva e la originaria destinazione d'uso, non è più necessario il permesso di costruire.

Nel caso di specie, però, il cambio di utilizzo dei locali accessori in due distinte unità abitative avrebbe necessitato del permesso di costruire. Nell'ambito di un'unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi "accessori" che, secondo lo strumento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all'atto del rilascio del permesso di costruire: autorimesse, cantine e "locali di servizio" rientrano, di norma, in questa categoria.

Perciò non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; senza considerare i profili igienico-sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura, infatti, un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l'originario permesso di costruire.

Quindi, deve ritenersi che il cambio di destinazione d'uso tra locali accessori e vani ad uso residenziale integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire, e ciò indipendentemente dall'esecuzione di opere.

Il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie omogenee

Di contro solo il cambio di destinazione d'uso fra categorie edilizie omogenee non necessita di permesso di costruire (in quanto non incide sul carico urbanistico), mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, così come tra locali accessori e vani ad uso residenziale, integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire, e ciò indipendentemente dall'esecuzione di opere che, comunque, nel caso di specie sono presenti.

Neanche il cambiamento di destinazione d'uso senza realizzazione di opere edilizie costituirebbe un'attività del tutto libera e priva di vincoli, non potendo comportare la vanificazione di ogni previsione urbanistica che disciplini l'uso nel territorio del singolo Comune.

Nel caso di trasformazione dei vani accessori in vani abitabili viene meno il rispetto degli elementi formali/strutturali dell'organismo edilizio (intendendosi per "elementi formali" quelli attinenti alla disposizione dei volumi, elementi architettonici che distinguono in modo peculiare il manufatto, configurando la sua immagine caratteristica; mentre, gli "elementi strutturali" sono quelli che materialmente compongono la struttura dell'organismo edilizio), i quali non vanno giustapposti, bensì considerati sinteticamente come espressivi dell'identità dell'edificio residenziale, che è connotato non solo tipologicamente, ma anche con individualità, dalla previsione di una determinata proporzione di elementi accessori, la cui eliminazione trascende l'ambito della mera conservazione, sia pure intesa dinamicamente.

Questo tipo di mutamento (da locale accessorio o pertinenza a vano abitabile, attuabile con un intervento di tipo ristrutturativo), presenta allora carattere urbanisticamente rilevante, così da richiedere il permesso di costruire per la sua esecuzione, essendo del tutto assimilabile ad un cambio di categoria riconducibile all'art. 23-ter, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, come tale avente rilevanza urbanistica ai sensi del punto 39 della tabella A - Edilizia allegata al decreto SCIA 2 (D.Lgs. n. 222/2016).

Conseguentemente, l'intervento edilizio oggetto della sentenza riveste rilevanza penale, in quanto necessitante del permesso di costruire.



© Riproduzione riservata