Sconto in fattura e cessione del credito: tutto quello che occorre sapere

di Gianluca Oreto - 24/01/2024

Diciamolo apertamente, l’elemento di rottura inserito nel 2020 all’interno del Decreto Rilancio (il D.L. n. 34/2020) non è stato il superbonus come potrebbero pensare in molti. Questa detrazione, come accaduto con il Bonus facciate, non avrebbe avuto lo stesso risultato senza il meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito), disegnato maldestramente dal legislatore con l’art. 121, che è stato il vero motore dell’edilizia.

Il primo meccanismo delle opzioni alternative

Nella sua prima versione l’art. 121, comma 1 del Decreto Rilancio prevedeva molto semplicemente la possibilità di optare, al posto dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  • per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
  • per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Possibilità che è stata estesa a tutti i principali bonus minori (ecobonus, sismabonus, bonus casa, bonus facciate, fotovoltaico,…), salvo poi rendersi conto di alcune criticità:

  • le piattaforme interessate non erano ancora pronte per accogliere il neonato sistema delle opzioni alternative;
  • non esistevano controlli preventivi;
  • non erano state previste misure di controllo su alcuni bonus che potevano essere utilizzati senza limiti di spesa né verifica di congruità dei costi.

Risultato?

  1. sono state generate frodi in particolare nell’utilizzo del bonus facciate e degli altri bonus minori;
  2. si è prestato il fianco alle critiche sul superbonus che in realtà non ha riguardato il sistema fraudolento scovato dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate.

Da qui è arrivato:

  • prima il (sacrosanto) Decreto-Legge 11 novembre 2021, n. 157 (Decreto anti-frode) che ha esteso le stesse misure di controllo già esistenti nel superbonus anche agli altri bonus utilizzati con le opzioni alternative;
  • poi il continuo (e privo di alcuna progettualità) via vai di modifiche al meccanismo delle opzioni alternative avviato con il Decreto-Legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Decreto Sostegni-ter) e mai realmente terminato visto che il legislatore ha deciso di intervenire nuovamente con il recentissimo Decreto Legge 29 dicembre 2023, n. 212 (in attesa di conversione in legge).

L’attuale meccanismo delle opzioni alternative

Alla luce delle modifiche apportate, oggi l’art. 121, comma 1 del Decreto Rilancio, in linea strettamente teorica, prevede che i soggetti che sostengono fino al 31 dicembre 2024 possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

  • per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, cedibile dai medesimi ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari;
  • per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari.

A banche e intermediari finanziari è poi consentita la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti, come definiti dall'articolo 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 206/2005, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione.

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