Sicurezza nei cantieri: la chiave è nella qualificazione delle imprese

di Redazione tecnica - 22/05/2025

Troppi incidenti, troppe responsabilità scaricate altrove, ma anche troppa burocrazia che non si traduce in un’effettiva prevenzione. Il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro è più che mai attuale, e FINCO – la Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni – ha ribadito la propria posizione in un incontro ufficiale presso la Presidenza del Consiglio.

Sicurezza sul lavoro: qualificazione e formazione come leve strategiche

«La sicurezza nei luoghi di lavoro si ottiene attraverso la qualificazione delle imprese»: a sintetizzare la posizione della Federazione è il Direttore generale Angelo Artale, esprimendo la propria perplessità sull’efficacia degli strumenti come la patente a crediti.

Senza una reale selezione delle imprese sul piano tecnico, formativo e organizzativo, «qualunque iniziativa di stampo prevalentemente burocratico non può che incidere marginalmente». Estendere poi tale sistema anche a comparti non edili «rischia di generare danni, aumentando gli adempimenti senza reale beneficio in termini di prevenzione».

Accanto alla qualificazione, FINCO indica la formazione come leva strategica per la sicurezza: «Occorre lavorare sin dalla scuola su una cultura della prevenzione». Non a caso, si propone di inserire una specifica attenzione alla sicurezza anche nei percorsi scolastici del liceo Made in Italy, per valorizzare un tratto distintivo della produzione nazionale.

Appalti pubblici: il passo avanti del “Correttivo” 

Un apprezzamento viene riservato al c.d. "Correttivo Codice Appalti" (d.lgs. n. 209/2024), nella parte in cui prevede che la qualificazione ai fini della partecipazione alle gare possa avvenire «solo con i lavori effettivamente eseguiti e non anche con quelli subappaltati».

FINCO chiede con forza che questa norma venga confermata e non snaturata in sede parlamentare, dove sono emerse posizioni difformi: «Non c’è alcun bisogno di referendum sul divieto di subappaltare – osserva Artale – ma estrema necessità di misure volte alla qualificazione vera delle imprese. Sotto questo profilo non possiamo non sottolineare la scomparsa nel Codice degli Appalti del ribasso massimo tra appalto e subappalto, prima fissato nel 20%, nonché quella delle Categorie Superspecialistiche e, finanche, delle categorie di lavorazioni specialistiche a qualificazione obbligatoria».

Contratti collettivi: no al monopolio del comparto edilizia

Uno dei passaggi più netti della posizione FINCO riguarda il tema dei contratti collettivi nazionali e della gestione delle Casse Edili. «Va superata la narrativa strumentale e faziosa che solo il contratto edile garantirebbe la sicurezza – sottolinea Artale –. È inaccettabile il tentativo di creare un mondo delle costruzioni panedile, finalizzato ad alimentare bilanci e poteri in capo a soggetti privati che, di fatto, gestiscono funzioni pubbliche».

Sul punto, la Federazione denuncia l’ostilità nei confronti di contratti collettivi alternativi a quello dell’edilizia, come quello del Restauro, sottoscritto anche da organizzazioni presenti nella Federazione: «Nei cantieri che applicano il contratto giusto per il settore, come il Restauro, non si registrano incidenti dai tempi di Michelangelo, mentre in edilizia la situazione è molto diversa». Necessaria quindi una distinzione tra settori: FINCO ricorda che non tutto ciò che rientra nel comparto delle costruzioni può essere ricondotto all’edilizia pura. «Chi costruisce un ponte in acciaio è un costruttore, ma non è un edile; chi realizza un impianto tecnologico è un metalmeccanico; e un’impresa di restauro non deve essere forzata ad applicare il contratto edile», ribadisce Artale.

L’invito è quindi a un cambio di approccio: «La notevole tecnicità della materia non può essere un alibi – conclude Artale – per non approfondire un settore che intercetta il 10% del PIL, e che con il PNRR ha responsabilità ancora maggiori in termini di sicurezza e sviluppo sostenibile».

 



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