Superbonus 110%: le problematiche tra edifici plurifamiliari e unità autonome

di Gianluca Oreto - 23/02/2022

L'art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) ha messo in piedi un sistema di agevolazioni fiscali (il superbonus 110%) che può essere utilizzato per la riqualificazione di "edifici" considerati nella loro interezza.

Superbonus 110%: l'eccezione alla regola dell'edificio

È stata prevista una sola eccezione alla regola dell'"edificio": l'unità immobiliare con accesso autonomo e indipendenza funzionale, caratteristiche queste ultime che sono state tracciate nel corso dei primi correttivi apportati al Decreto Rilancio e dalle innumerevoli risposte dell'Agenzia delle Entrate.

Benché dal punto di vista fiscale oggi conosciamo nel dettaglio le caratteristiche che devono possedere queste unità immobiliari per poter accedere autonomamente alla misura fiscale del 110%, permane qualche dubbio dal punto di vista civilistico.

Ne ho parlato con il collega ing. Cristian Angeli, esperto di Sismabonus, a cui ho posto alcune domande.

Il superbonus 110% per le unità autonome

D. Le unità immobiliari con accesso autonomo e funzionalmente indipendenti possono accedere al superbonus 110% senza la necessità di coinvolgere le altre unità presenti nello stesso edificio. Ci spieghi meglio come funziona.

R. In effetti l’art. 119 equipara gli interventi eseguiti sugli edifici unifamiliari a quelli effettuati “sulle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno”, sia in termini di massimali e sia di scadenze agevolative.

Che cosa si debba intendere precisamente per unità funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo lo ha spiegato bene l’Agenzia delle Entrate nella Circolare 30/E/2020 e in molteplici risposte a interpello. Non serve ripeterlo. Quindi sia l’art. 119 sia la prassi fiscale concordano nel ritenere che, nell’ambito di un edificio plurifamiliare, costituito o no in condominio, il proprietario della singola unità è libero di fare da solo gli incartamenti necessari per accedere al Superbonus, e anche i lavori. I motivi che potrebbero spingerlo in questa direzione possono essere molteplici, non solo di natura tecnica. Potrebbe trattarsi di semplici questioni personali oppure di aspetti relazionali, che nei condomini non è raro trovare. Oppure potrebbe trattarsi di problemi economici, o caratteriali perché, si sa, il Superbonus porta con sè dei rischi che non a tutti piacciono.

Ed è proprio per bypassare questi ostacoli, ovvero per semplificare l’accesso al 110%, che il Legislatore ha introdotto il concetto di unità funzionalmente indipendente e con accesso autonomo, che per i bonus ordinari non funziona. Erano passati pochi mesi dall’entrata in vigore del decreto rilancio, e tirava un’aria ben diversa da quella che si respira oggi.

Ma le sfaccettature dell’edilizia sono talmente variegate che inscatolarle è difficile. E così, già con le prime applicazioni pratiche, l’indipendenza funzionale ha manifestato qualche scollatura con la realtà e con i più basilari principi civilistici.

Per capirlo pensiamo a un caseggiato a sviluppo orizzontale, la classica bifamiliare all’italiana o a un edificio in linea. I proprietari delle unità indipendenti, per i motivi che abbiamo detto, possono fare da soli. Ma non sempre, perché sotto il profilo civilistico sono sempre “fatti salvi i diritti dei terzi”.

E non tutto, perché i lavori strutturali presuppongono sempre un approccio progettuale riferito all’intera “unità strutturale”.

Da unità autonoma ad edificio plurifamiliare

D. Dal punto di vista fiscale cosa cambia alle altre unità immobiliari che successivamente alla prima volessero intervenire utilizzando il Superbonus 110%?

R. Dipende come procede l’iter dei lavori. Se ciascuno degli altri proprietari decide di sfruttare l’autonomia funzionale della propria unità immobiliare e di fare il Superbonus per conto proprio tutto fila, nel senso che ciascuno sfrutterà i singoli limiti di spesa che gli competono.

Ma se, a un certo punto, volesse attivarsi il condominio, perché magari ne fanno parte unità non indipendenti funzionalmente, si pongono molteplici dubbi interpretativi.

Infatti se una parte dell’edificio è stata precedentemente ristrutturata per iniziativa del singolo proprietario e ha sfruttato i propri “intrinsechi” massimali di spesa derivanti dall’indipendenza funzionale, non è chiaro se essa concorra o meno al calcolo dei massimali di spesa di cui avrebbe diritto il condominio. Verrebbe da pensare di no, ma nessuno lo ha chiarito ufficialmente.

Così, nel caso di una trifamiliare comprendente due unità non indipendenti e una autonoma, quest’ultima, qualora agisca singolarmente, avrà come massimale per l’efficientamento energetico dell’involucro disperdente un importo pari a 50.000euro, spendibile ad esempio per coibentare le pareti perimetrali.

Se le altre due unità, non funzionalmente indipendenti, fossero interessate a coibentare (oltre alle restanti facciate), anche l’intera copertura, potrebbero fruire solo di 40.000euro ciascuna, che è il massimale riservato ai condomini composti da 2 a 8 unità immobiliari. Tale importo potrebbe risultare insufficiente per fare tutto il lavoro.

È evidente che in mancanza di un accordo “quadro” condiviso a monte tra tutti i condomini, ovvero di una delibera che tenga conto delle reali esigenze dell’edificio e della modalità di ripartizione delle spese, queste situazioni potrebbero prestarsi a contenziosi.

La compilazione della CILAS

D. Ing. Angeli, dal punto di vista edilizio, come deve avvenire la compilazione della CILAS?

R. La compilazione della CILAS mette in luce meglio di ogni altra cosa l’intreccio tecnico-giuridico che esiste tra le parti di proprietà esclusiva e le parti condominiali, che diviene particolarmente delicato se ci sono di mezzo i bonus fiscali.

È giusto ricordare infatti che per la nascita del condominio non è necessario alcun atto formale di costituzione, essendo sufficiente la presenza di un edificio in cui vi sia una separazione della proprietà delle distinte unità immobiliari che lo compongono e la presenza di parti comuni.

Ipotizziamo dunque che a compilare la CILAS sia Tizio, che vuole eseguire interventi di efficientamento energetico della facciata e del tetto della propria unità funzionalmente indipendente facente parte di un edificio plurifamiliare non costituito in condominio e di cui sono proprietari anche Caio e Sempronio. Trattandosi di interventi su parti comuni Tizio dovrà anzitutto specificare la sua titolarità ad eseguire l’intervento, come richiesto al quadro a) del modulo CILAS pubblicato nel sito del Governo. Dovrà pertanto qualificarsi come “comproprietario dell’immobile interessato dall’intervento” poiché, pur essendo proprietario esclusivo del suo appartamento funzionalmente indipendente, condivide la proprietà delle parti comuni con Caio e Sempronio. Dovrà poi specificare al p.to a.1), per lo stesso motivo, di “non avere titolarità esclusiva all’esecuzione dell’intervento”.

Poi sarà tenuto a dichiarare, ovviamente sotto la propria responsabilità, al quadro b) “che le opere oggetto della comunicazione di inizio lavori riguardano parti comuni di un fabbricato con più proprietà, non costituito in condominio, come risulta dall’allegato soggetti coinvolti”. E così dovrà specificare le generalità di questi “soggetti”, chiedendo a Caio e a Sempronio di firmare la relativa scheda da allegare alla CILAS.

Facile se i tre sono d’accordo. Imbarazzante nei casi in cui il ricorso all’opzione dell’indipendenza funzionale non discenda da motivi tecnici ma da motivi “personali”.

In realtà il modulo della CILAS sembrerebbe offrire una scappatoia interessante, che però non è sempre applicabile. Al p.to b.5) permette infatti di dichiarare l’esecuzione di opere che “riguardano parti dell’edificio di proprietà comune ma non necessitano di assenso perché, secondo l’art. 1102 c.c., apportano, a spese del titolare, le modificazioni necessarie per il miglior godimento delle parti comuni non alterandone la destinazione e senza impedire agli altri partecipanti di usufruirne secondo il loro diritto”.

Le opere su parti comuni che non necessitano di assenso

D. Quali sono le opere “necessarie per il miglior godimento delle parti comuni”, che non impediscono “agli altri partecipanti di usufruirne secondo il loro diritto” e che pertanto “non necessitano di assenso”?

R. Qui si apre un mondo dal punto di vista giuridico.

Torniamo al nostro esempio. Tizio, per intervenire sulla facciata (diciamo per eseguire il cappotto e sostituire gli infissi) e sul tetto (per installare pannelli fotovoltaici), dovrà essere attento a farsi autorizzare da Caio e da Sempronio, per iscritto e in modo chiaro, allegando il progetto e il capitolato delle opere che intende eseguire.

Ciò perché la giurisprudenza è unanime nell’affermare che gli interventi eseguiti dal singolo proprietario sulle parti comuni non devono in alcun modo alterare il “decoro” dell’edificio, oltre ovviamente alla sicurezza e alla stabilità.

L’art. 1120 del Codice Civile afferma infatti “Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino”.

In modo del tutto analogo l’art. 1122-bis del Codice Civile afferma “Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L'assemblea può prescrivere, … adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio…”

Quindi si comprende che l’interessato deve operare con la massima diligenza, comunicando “il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi”.

Per intenderci non basta un generico “foglio” firmato dagli altri condòmini. Bisogna capirsi bene e in modo esplicito, perché l’azione a tutela del decoro architettonico è imprescrittibile, ovvero può esser fatta valere sempre, anche (in mancanza di un valido accordo) dai futuri proprietari delle parti comuni.

Quindi bisogna fare attenzione quando si eseguono opere che possono mutare l’aspetto architettonico, non solo degli edifici di pregio storico-artistico ma anche delle normali palazzine di periferia.

Secondo alcune sentenze (fra le tante si veda Tribunale di Milano, sentenza 836 del 25 gennaio 2018), la tutela del decoro si estende persino alla colorazione esterna degli infissi.

Nessuno sa bene cosa succederà un domani se, a seguito di una causa, un Giudice dovesse ritenere illegittime - e quindi ordinare la riduzione in pristino - di opere edilizie su parti comuni che hanno fruito di benefici fiscali.

Si può immaginare che la sentenza potrà essere trasmessa dalla Cancelleria del Tribunale (su richiesta del Magistrato) anche all’Agenzia delle Entrate, con conseguente revoca del beneficio e sanzioni, che potrebbero riguardare anche i professionisti che hanno certificato la corretta esecuzione dei lavori.



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