Superbonus e cessione del credito: modifiche penalizzano le fasce deboli

di Gianluca Oreto - 02/04/2023

Sia chiaro, se c'è qualcosa che è necessario ammettere in partenza è l'assoluta negligenza del legislatore che ha messo a punto gli articoli 119 e 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio). Superbonus e cessione del credito sono due misure che scontano parecchie problematiche di applicazione iniziali, importanti errori di prospettiva e modifiche in corsa che ne hanno fatto esplodere l'utilizzo senza tenere in considerazione le conseguenze.

Il binomio Superbonus - cessione del credito

Senza nulla togliere alle valutazioni più o meno soggettive che importanti organizzazioni hanno pubblicato sugli effetti del Superbonus, senza volere entrare nel merito di alcune scelte e dichiarazioni politiche e senza volere evidenziare alcuni evitabili errori "tecnici", un aspetto va inevitabilmente evidenziato: il binomio superbonus-cessione ha consentito per la prima volta l'utilizzo di importanti misure fiscali e il miglioramento degli edifici a soggetti che mai avrebbero potuto permettersi questi interventi.

L'idea di base del meccanismo di cessione del credito era proprio quello di consentire ai soggetti privi della capacità economica (denaro disponibile) e della capienza fiscale (tasse annuali) di avviare interventi economicamente importanti. E così è stato almeno fino a quando non sono state prese alcune decisioni tra cui:

  • modificare in corsa (e retroattivamente per i contratti in corso) il meccanismo di cessione del credito - a partire dal D.L. n. 4/2022 (Decreto Sostegni-ter);
  • limitare l'utilizzo del superbonus 90% ai soggetti con un reddito di riferimento inferiore a 15.000 euro - disposizione prevista dal D.L. n. 176/2022 (Decreto Aiuti-quater);
  • bloccare il meccanismo di cessione del credito - prevista dal D.L. n. 11/2023 (Decreto blocca cessioni) in corso di conversione in legge.

Gli effetti del blocco della cessione

Aver eliminato il meccanismo di cessione avrà come principali effetti:

  • l'impossibilità di utilizzare il superbonus 90% sulle unifamiliari nel 2023, considerato che per chi ha un reddito di riferimento inferiore a 15.000 euro è impossibile riuscire anche ad avere la capienza economica necessaria;
  • le difficoltà dei condomini che, anche con un'aliquota del 90%, difficilmente riusciranno a mettere d'accordo tutti i partecipanti che dovranno contestualmente avere la liquidità necessaria e la capienza economica per l'utilizzo della detrazione in dichiarazione dei redditi.

Sostanzialmente, con tutte le pecche ed errori, il Superbonus, che per gli anni 2023, 2024 e 2025 potrà ancora essere utilizzato nella misura rispettivamente del 90%, 70% e 65%, si è trasformata in una misura fiscale accessibile solo ai ricchi.

Siamo in attesa di conoscere il progetto di "riordino e armonizzazione degli incentivi destinati alla riqualificazione, alla messa in sicurezza e all’efficientamento energetico degli immobili pubblici e privati" promosso in campagna elettorale da Fratelli d'Italia ma di cui ancora non si conosce alcun dettaglio.



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