Annullamento atti in autotutela: interviene la Corte Costituzionale
Il limite dei 12 mesi imposto alla Pubblica Amministrazione per l'annullamento di un provvedimento è superabile in alcune circostanze? Ecco la risposta della Consulta
Quali sono i limiti del potere di autotutela? E in che modo il principio del legittimo affidamento del privato si concilia con la tutela degli interessi pubblici primari, come quelli culturali? Può davvero l’amministrazione annullare in qualsiasi momento un atto illegittimo?
Potere di autotutela: la Corte Costituzionale sui termini per l'annullamento degli atti
Il rapporto tra autotutela amministrativa e certezza dei rapporti giuridici è uno dei nodi più complessi della disciplina del procedimento amministrativo. La tensione fra la potestà dell’amministrazione di correggere i propri errori e la necessità di tutelare l’affidamento del privato che si fonda su un atto apparentemente valido si manifesta in modo evidente nel dibattito sull’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Un equilibrio la cui delicatezza è stata ribadita dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 26 giugno 2025, n. 88, in relazione alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato, nella parte in cui prevede un termine perentorio di dodici mesi per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, anche nel caso di provvedimenti riguardanti beni culturali (nello specifico l’attestato di libera circolazione delle opere d’arte, ex art. 68 del d.lgs. n. 42/2004).
Secondo i giudici di Palazzo Spada, l’impossibilità di intervenire dopo un anno, anche in presenza di interessi pubblici di rango primario, sarebbe potuta risultare in contrasto con i principi costituzionali di tutela del patrimonio culturale.
La Corte Costituzionale, con la decisione qui in esame, ha respinto la questione, riaffermando la piena legittimità del termine perentorio e la sua coerenza con i principi generali dell’ordinamento.
Documenti Allegati
SentenzaIL NOTIZIOMETRO