Cambio di destinazione d’uso non autorizzato: il TAR sulle sanzioni
La sanzione pecuniaria per interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività non è sempre possibile. In un’interessante sentenza si spiega il perché
Quando il cambio di destinazione d’uso di un seminterrato e la realizzazione di un fabbricato privo di titolo comportano l’automatico ordine di demolizione, senza possibilità di rimediare con la sanzione pecuniaria? Quale rilievo assume la differenza tra SCIA e permesso di costruire ai fini sanzionatori? Qual è il limite del legittimo affidamento in presenza di opere abusive?
Cambio di destinazione d’uso, demolizione e sanzione pecuniaria: i chiarimenti del TAR
La complessità delle vicende edilizie, specie quando si intrecciano autorizzazioni risalenti, trasformazioni nel tempo e mancanza di titoli abilitativi, diventa spesso oggetto di contenzioso, come dimostra la sentenza del TAR Lazio 25 giugno 2025, n. 12624, con la quale si riaffermano principi consolidati in materia di abusi edilizi e di limiti alla sanatoria.
Il ricorso riguardava l’annullamento di un ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per:
- il cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato, trasformato senza titolo edilizio;
- la tamponatura di una tettoia, con incremento volumetrico;
- la realizzazione di un fabbricato di circa 48 mq, mai autorizzato.
Secondo il ricorrente, gli interventi sul seminterrato avrebbero richiesto una semplice SCIA, con conseguente applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 37 del d.P.R. n. 380/2001 in luogo della demolizione. In riferimento al fabbricato, venivano invocati un nulla osta sindacale del 1983 per una capanna in legno e una DIA del 2007 per la tettoia adiacente.
Nel valutare il caso, il TAR ha preliminarmente ricordato che il provvedimento di demolizione è un atto doveroso e vincolato, connotato da queste caratteristiche:
- discende direttamente dalla constatazione dell’abusività dell’opera;
- non richiede comparazioni discrezionali tra interesse pubblico e privato;
- non necessita di ulteriore motivazione oltre al riscontro dell’illecito.
La giurisprudenza afferma costantemente che, in simili casi, la partecipazione procedimentale del privato (ad esempio con osservazioni o memorie) può incidere solo sulla verifica della sussistenza dell’abuso, ma non sulla sua sanzionabilità.
Nel caso in esame, l'ingiunzione era pienamente legittima. Vediamo il perché.
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