Terzo condono edilizio e vincolo paesaggistico: il Consiglio di Stato chiarisce i limiti della sanatoria
La presenza di un vincolo paesaggistico ostativo preclude la sanatoria straordinaria: non basta dimostrare l’assenza di impatto ambientale per ottenere il condono
Il rapporto tra disciplina del condono edilizio e tutela del paesaggio continua a rappresentare uno dei punti più complessi dell’ordinamento urbanistico. Ogni nuova pronuncia dei giudici amministrativi contribuisce a ridefinire i limiti entro i quali un abuso può essere regolarizzato, soprattutto quando l’intervento ricade in area sottoposta a vincolo.
Ulteriore conferma ne è la sentenza del Consiglio di Stato dell’11 agosto 2025, n. 7004, con cui Palazzo Spada ha ribadito un principio cardine nell’ambito del Terzo Condono Edilizio: la sola presenza di un vincolo paesaggistico preesistente all’abuso è sufficiente a escludere la possibilità di sanatoria, indipendentemente dalla natura o dall’entità delle opere.
Terzo Condono Edilizio: i limiti della sanatoria in area vincolata
Il ricorso trae origine dal diniego di condono per la realizzazione di un locale abitabile in ampliamento di un’unità immobiliare. I proprietari avevano sostenuto che l’intervento, eseguito tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, rientrasse tra le opere minori ammesse alla sanatoria del 2003, non avendo prodotto un impatto visivo o ambientale significativo.
Il Comune aveva invece rigettato la domanda per la presenza di un vincolo paesaggistico-ambientale, disponendo la demolizione delle opere.
Dopo il rigetto in primo grado, i ricorrenti avevano proposto appello, deducendo tre profili principali:
- errata applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269/2003, in quanto l’intervento sarebbe stato compatibile con il vincolo;
- omessa acquisizione del parere della Soprintendenza, ritenuto necessario;
- sproporzione della sanzione demolitoria rispetto alla possibilità di applicare quella pecuniaria.
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