La nomina del coordinatore della sicurezza in fase di progettazione
è obbligatoria in tutti i cantieri con presenza di più imprese
anche nei casi in cui questa non è contemporanea. Questo, in
estrema sintesi, il contenuto della sentenza n. 24082 della Suprema
Corte di Cassazione del 18 giugno 2012, che ha rigettato il ricorso
presentato contro una sentenza di secondo grado che, pur riformando
in parte le decisioni del giudice territoriale, aveva confermato la
colpevolezza di omicidio colposo commesso per violazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
In particolare, il responsabile legale di un'impresa (A),
committente dei lavori di progettazione, fornitura e posa in opera
della copertura di un capannone, nonché di fornitura e posa in
opera di un impianto fotovoltaico da installare sulla stessa
copertura, aveva appaltato i lavori ad un'altra ditta (B) che a sua
volta aveva subappaltato parte del lavoro ad una terza impresa (C).
Un dipendente della ditta C, transitando sul capannone sopra una
lastra ondulata di vetroresina di un lucernaio posto sul tetto di
pertinenza di un capannone confinante, di proprietà ditta B, a
causa del cedimento della lastra, precipitava al suolo, riportando
gravissime lesioni che hanno determinato la morte.
Secondo i giudici di prime cure, il legale rappresentante della
ditta A, committente dei lavori di progettazione, fornitura e posa
in opera della copertura aveva violato l'art. 3 comma 3 lett. B.
del D.lgs n. 494/96 (omessa designazione di un coordinatore per la
progettazione), cagionando la morte del dipendente della ditta C
alla quale la ditta B aveva subappaltato parte dei lavoro (quelli
di ripristino del tetto del capannone).
Secondo il primo giudice, la mancata designazione del coordinatore
aveva provocato gravi carenze sotto il profilo della sicurezza che
avevano causato l'infortunio. Questo perché, da un lato, non erano
state disciplinate le modalità di accesso alla copertura da parte
dei lavoratori e non era intervenuta una pianificazione coordinata
della prassi di sconfinare anche a causa dell'accumulo giornaliero
di materiale, sul tetto del capannone, dall'altro perché non erano
stati realizzati (in mancanza del piano operativo di sicurezza e
della necessaria figura di riferimento) i presidi di sicurezza
collettivi (ponteggi) e individuali (cinture), indispensabili per
prevenire il rischio di cadute dall'alto.
Se vi fosse stata una preventiva pianificazione delle opere sotto
la direzione di un coordinatore per la progettazione l'area
interessata ai lavori sarebbe stata confinata in modo adeguato e
sarebbero state apprestate le misure di sicurezza necessarie a
fronteggiare il rischio di cadute nel vuoto degli operai.
Lo stesso giudice ha infine rilevato come la mancata previsione di
sicure modalità di accesso alla copertura del capannone e l'assenza
di protezioni anti caduta, rendessero immediatamente percepibile da
parte del committente l'elevata pericolosità dei lavori, con
conseguente insorgenza, a carico dello stesso, dell'obbligo di
intervenire presso l'appaltatore per la realizzazione di adeguate
misure di sicurezza.
In secondo grado, il giudice della Corte di Appello, in parziale
riforma della sentenza impugnata, ha ridotto a sei mesi di
reclusione la pena inflitta dal primo giudice confermando nel
resto. La Cassazione, respingendo l'appello presentato, ha ribadito
che l'omessa e doverosa nomina, da parte della ditta A, del
coordinatore per la progettazione ha avuto un preciso ruolo causale
nella determinazione del mortale infortunio e che del tutto
presuntuose erano le protese d'innocenza dell'imputato, fondate su
una presunta ignoranza della presenza in cantiere di una pluralità
di imprese.
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