Il
Tribunale Amministrativo regionale del Lazio con la
sentenza n. 8556/2012 depositata in segreteria il 17 ottobre
2012 ha dichiarato
inammissibile il ricorso proposto da
alcuni Ordini provinciali degli Architetti contro il Ministero
della Giustizia, il Consiglio nazionale degli Architetti
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, nei confronti degli
architetti eletti al CNAPPC, dell'Ordine degli Architetti di
Milano, dell'Ordine degli Architetti di Salerno e dell'Ordine degli
Architetti di Varese,
per l'annullamento del verbale con cui
il direttore del Dipartimento per gli affari di giustizia del
Ministero della Giustizia ha proceduto alla proclamazione degli
architetti eletti quali componenti del Consiglio nazionale degli
Architetti.
Secondo quanto specificato dalla parte ricorrente, la votazione del
direttivo che avrebbe guidato il CNAPPC per il quinquiennio
successivo sarebbe stata irregolare per due motivazioni:
- la tardiva trasmissione dei dati finali delle votazioni al
Ministero della Giustizia;
- l'illegittima utilizzazione, da parte di alcuni ordini, di
schede di comunicazione diverse rispetto all'originale del modulo
predisposto e trasmesso dal Ministero della Giustizia.
Con tali motivazioni, 14 architetti candidati non eletti, di cui 9
hanno dichiarato di agire anche per gli Ordini che rappresentano,
nonché altri 9 Ordini provinciali
hanno impugnato il verbale di
proclamazione nella parte relativa ai voti espressi da 46 ordini
provinciali, chiedendo l'annullamento dello stesso e la
correzione del risultato elettorale.
In particolare, ricordiamo che dopo le votazioni relative
all'elezione per il rinnovo quinquennale dei componenti del
Consiglio nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e
conservatori, svoltesi in data 23 novembre 2010, il Direttore del
Dipartimento per gli affari di Giustizia del Ministero della
Giustizia, in data 11 febbraio 2011, adottava il
verbale di proclamazione degli
eletti.
I giudici del Tar hanno ritenuto il ricorso
inammissibile in
primo luogo perché lo stesso è stato presentato in maniera
congiunta da soggetti aventi interessi non omogenei e disarticolati
tra loro, se non addirittura conflittuali. La parte ricorrente è,
infatti, costituita da:
- candidati non eletti, i quali - auspicando il risultato di
essere eletti - hanno interessi tra loro configgenti e quindi del
tutto disarticolati;
- soggetti che, rivestendo anche il ruolo di presidenti e legali
rappresentanti di Ordini provinciali, dichiarano di agire anche per
conto degli Ordini che rappresentano: per essi, la configurazione
della posizione d'interesse è intrinsecamente contraddittoria, in
quanto costoro, in proprio, vantano un interesse finale
direttamente connesso a modificare in proprio favore i risultati
dell'elezione; per conto degli Ordini di appartenenza, invece, sono
portatori di un interesse alla tutela della correttezza e
regolarità delle votazioni espresse da parte di ciascun Ordine
presieduto, che li legittimerebbe ad invocare la conservazione dei
voti espressi e non il loro annullamento;
- Ordini provinciali che, richiedendo l'annullamento del voto
dagli stessi espresso nelle elezioni de quibus, in sostanza
esprimono un agere contra se.
Come ricordato dal TAR di Roma, il
ricorso collettivo è ammesso
nel caso in cui gli interessi sostanziali fatti valere in giudizio
siano identici oltre che omogenei e non conflittuali le
posizioni e l'interesse a ricorrere. Considerato che nel gravame in
epigrafe si assiste ad un coacervo di
posizioni giuridiche
soggettive difformi e distoniche, i giudici hanno ritenuto il
ricorso stesso inammissibile.
I giudici hanno, infine, rilevato che la votazione effettuata dai
consiglieri di ciascun Ordine è registrata nei verbali deliberativi
di votazione redatti nella seduta consiliare di svolgimento
dell'elezione, che sono fisicamente e giuridicamente distinti dai
moduli di trasmissione dei risultati al Ministero, atti che
riproducono soltanto il contenuto dei verbali deliberativi e su cui
il Presidente dell'Ordine trascrive i voti espressi; ed allora,
supposte irregolarità nell'invio o nell'utilizzo della scheda di
trasmissione dei voti non potrebbero determinare la nullità del
voto originariamente espresso e la conseguente correzione del
risultato elettorale.
Per correttezza di informazione, ricordiamo che all'ultima elezione
del CNAPPC erano
contrapposte tra loro due liste e che
quella che ha vinto è constituita prevalentemente da componenti di
Ordini del Nord e del Sud Italia, con una componente minima degli
Ordini di Centro.
Di seguito la suddivisione geografica dei componenti della lista
che ha vinto le elezioni ed attualmente in carica:
- Nord: 9 consiglieri della Lombardia (Milano, Sondrio,
Lecco), Piemonte (Novara) Veneto (Venezia, Belluno), Friuli Venezia
Giulia (Udine), Liguria (Genova) Emilia Romagna (Cesena);
- Sud: 4 consiglieri della Campania (Napoli e Salerno) e
della Sicilia (Palermo, Agrigento);
- Centro: 2 consiglieri dell'Abruzzo (Pescara) e del Lazio
(Frosinone).
La causa della scarsa rappresentanza di Ordini territoriali del
Centro è da ricercare nell'attuale sistema di voto (art. 5, comma
4, Dpr 8 luglio 2005, n. 169) che prevede che ogni Ordine
territoriale abbia un peso proporzionale al numero degli iscritti
(a ciascun consiglio spetta un voto per ogni cento iscritti o
frazione di cento, fino a duecento iscritti, ed un voto ogni
duecento iscritti fino a seicento iscritti, ed un voto ogni
trecento iscritti da seicento iscritti ed oltre). Ma, con il
sistema congiunto del peso dell'Ordine in funzione al numero degli
iscritti e dell'aggregazione di 15 ordini, si genera un sistema che
blocca l'elezione di 15 consiglieri, con la conclusione che anche
ordini territoriali di notevoli dimensioni possano risultare non
rappresentati. Nel caso specifico, a causa dell'attuale sistema di
voto, grandi ordini territoriali (Roma, Firenze, Bologna, Catania)
non hanno alcun consigliere all'interno del direttivo
nazionale.
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