E' del 21 febbraio 2013 la sentenza pronunciata dalla
Corte di
Giustizia Europea relativamente alla
Causa C-111/2 e
relativa all'
interpretazione di alcune parti della Direttiva
85/384/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1985 (GU L 223, pag.
15), concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi,
certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e
comportante misure destinate ad agevolare l'
esercizio effettivo
del diritto di stabilimento e di libera prestazione di
servizi.
La sentenza entra nel merito all'eventuale abilitazione degli
ingegneri civili ad espletare l'incarico di direzione dei lavori su
immobili di interesse storico e artistico.
La Corte, in pratica mentre precisa che non osta a che in Italia
sia ritenuta legittima una prassi amministrativa, avente come base
giuridica l'
art. 52, comma secondo, parte prima del regio
decreto n. 2537/25, che riservi specificamente taluni
interventi sugli immobili di interesse artistico soltanto ai
candidati muniti del titolo di “architetto” ovvero ai candidati che
dimostrino di possedere particolari requisiti curriculari,
specifici nel settore dei beni culturali e aggiuntivi rispetto a
quelli genericamente abilitanti l'accesso alle attività rientranti
nell’architettura ai sensi della citata direttiva, aggiunge, anche,
che
l'accesso alle attività previste al citato articolo 52 non
può essere negato alle persone in possesso di un diploma di
ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato in uno Stato
membro diverso dalla Repubblica italiana, qualora tale titolo
sia menzionato nell’elenco redatto ai sensi dell’articolo 7 della
direttiva 85/384 o in quello di cui all’articolo 11 di detta
direttiva.
La controversia trova origine in una norma di diritto italiano,
vale a dire l'articolo 52, secondo comma, del regio decreto n.
2537/25, secondo cui agli ingegneri civili che hanno ottenuto i
propri titoli in Italia non competono le opere di edilizia civile
che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il
ripristino degli edifici di interesse culturale e da lungo tempo
gli stessi ingegneri contestano tale restrizione del loro campo di
attività, facendo leva, segnatamente, sulla direttiva 85/384.
Già precedentemente, la Corte di Giustizia europea era intervenuta
sull'argomento con l'
ordinanza 5 aprile/2004 in cui aveva
risposto che, trattandosi di una situazione puramente interna,
né la direttiva 85/384 né il principio della parità di
trattamento ostano ad una normativa nazionale che riconosce, in
linea di principio, l'equivalenza dei titoli di architetto e di
ingegnere civile, ma riserva ai soli architetti i lavori
riguardanti in particolare gli immobili vincolati appartenenti al
patrimonio artistico.
Nella stessa ordinanza la Corte aveva rilevato che una
discriminazione alla rovescia può risultare dal fatto che gli
ingegneri civili che hanno conseguito i loro titoli in Italia non
hanno accesso, in questo Stato membro, all'attività indicata
all'articolo 52, secondo comma, del regio decreto n. 2537/25,
mentre tale accesso non può essere negato alle persone in
possesso di un diploma di ingegnere civile rilasciato in un altro
Stato membro e menzionato nell'elenco redatto ai sensi
dell'articolo 7 della direttiva 85/384 o in quello di cui
all'articolo 11 della medesima. Tuttavia, la Corte aveva dichiarato
che,
trattandosi di una situazione puramente interna, il
principio della parità di trattamento sancito dal diritto
dell'Unione non può essere fatto valere, ma che spetta al
giudice dello Stato membro stabilire se vi sia una discriminazione
vietata dal diritto nazionale e, se del caso, decidere come essa
debba essere eliminata.
Nella più recente sentenza, oggetto della presente notizia, la
Corte di Giustizia Europea, ha risposto alle seguenti questioni
sottoposte dal Consiglio di Stato:
- se la direttiva 85/384, nella parte in cui ammette (artt. 10 e
11), in via transitoria, all'esercizio delle attività nel settore
dell'architettura i soggetti migranti muniti dei titoli
specificamente indicati, non osta a che in Italia sia ritenuta
legittima una prassi amministrativa, avente come base giuridica
l'art. 52, comma secondo, parte prima del regio decreto n. 2537/25,
che riservi specificamente taluni interventi sugli immobili di
interesse artistico soltanto ai candidati muniti del titolo di
“architetto” ovvero ai candidati che dimostrino di possedere
particolari requisiti curriculari, specifici nel settore dei beni
culturali e aggiuntivi rispetto a quelli genericamente abilitanti
l'accesso alle attività rientranti nell’architettura ai sensi della
citata direttiva;
- se in particolare tale prassi può consistere nel sottoporre
anche i professionisti provenienti da Paesi membri diversi dalla
Repubblica italiana, ancorché muniti di titolo astrattamente idoneo
all'esercizio delle attività rientranti nel settore
dell'architettura, alla specifica verifica di idoneità
professionale (ciò che avviene anche per i professionisti italiani
in sede di esame di abilitazione alla professione di architetto) ai
limitati fini dell'accesso alle attività professionali contemplate
nell'art. 52, comma secondo, prima parte del regio decreto n.
2537/25.
La Corte, nel dispositivo finale, ha dichiarato che "gli articoli
10 e 11 della direttiva 85/384/CEE del Consiglio, del 10 giugno
1985, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi,
certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e
comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del
diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi, devono
essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa
nazionale secondo cui persone in possesso di un titolo rilasciato
da uno Stato membro diverso dallo Stato membro ospitante, titolo
abilitante all'esercizio di attività nel settore dell'architettura
ed espressamente menzionato al citato articolo 11, possono
svolgere, in quest'ultimo Stato, attività riguardanti immobili di
interesse artistico solamente qualora dimostrino, eventualmente
nell'ambito di una specifica verifica della loro idoneità
professionale, di possedere particolari qualifiche nel settore dei
beni culturali".
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