È stato presentato a Roma lo scorso 15 aprile il rapporto
"
L'Italia oltre la crisi. Ambiente Italia 2013" che,
attraverso 98 indicatori basati su dati ricavati dalle fonti più
accreditate e autorevoli, ha l'obiettivo di fotografare lo stato di
salute ambientale italiano e mondiale, sintetizzando informazioni
su sostenibilità sociale (povertà, disoccupazione, politiche di
genere...), ambiente (emissioni di gas serra, inquinanti, consumi
energetici...) e stili di vita (mobilità sostenibile, consumi di
carne, indicatori di benessere...).
Parole di speranza da parte del presidente di Legambiente
Vittorio Cogliati Dezza che ha dichiarato che
"Questa
crisi è figlia di politiche scellerate che hanno considerato
l'ambiente come un freno per lo sviluppo economico o un lusso da
rinviare a tempi migliori. Dalla crisi che sta attraversando il
Paese invece si potrà uscire solo con idee differenti e con il
coraggio di cambiare sul serio. Dobbiamo puntare a una alleanza tra
lavoro e ambiente per cercare di rispondere adeguatamente alla
drammatica situazione attuale per cui aumentano le diseguaglianze e
la crisi climatica incombe. Oggi c'è una sola ricetta per uscire
dalla crisi, ed è quella di una Green economy che incrocia le
domande e i problemi dei territori, i ritardi del paese e le paure
del futuro, le risorse e le vocazioni delle città e che vuole
rimettere al centro la bellezza italiana".
Anche il vicepresidente di Legambiente
Edoardo Zanchini ha
parlato di una crisi che va oltre la mancanza di risorse economiche
da investire e che coinvolge la mancanza di prospettive e idee che
ridiano la speranza.
"Forse addirittura più grave della crisi
economica è la mancanza di idee per cambiare la situazione attuale,
per restituire una speranza ai precari, ai giovani senza lavoro, a
chi vive in città inquinate -
ha dichiarato Zanchini -
Non possiamo accontentarci di un dibattito politico senza
sbocchi tra tagli alla spesa pubblica e agli investimenti e
promesse su Imu, Iva e Irpef. Questa prospettiva condannerebbe
l'Italia a altri dieci anni di declino, quando c'è invece bisogno
di un cambiamento radicale. Servono risorse per la ricerca, la
cultura, l'istruzione e per la messa in sicurezza del territorio in
modo da dare all'Italia gli strumenti per uscire dalla crisi. Non è
un sogno, ma una prospettiva lungimirante che passa per l'aumento
della fiscalità sulle risorse energetiche, togliendo tutti i
sussidi alle fonti fossili, in modo da ridurla sul lavoro, e per
una tassazione finalmente adeguata e trasparente sulle risorse
ambientali e i beni comuni (dal consumo di suolo ai materiali di
cava, all'imbottigliamento di acque minerali alle spiagge),
spingendo sul ripristino della legalità e fermando lo sperpero di
denaro pubblico destinato a inutili e devastanti grandi
opere".
I dati del Rapporto
"Misurata sugli 8 indicatori quantitativi dell'Agenda Europa
2020 -
ha dichiarato Duccio Bianchi, dell'Istituto di
ricerche Ambiente Italia -
l'Italia mostra una forte
debolezza rispetto a molte altre società europee soprattutto sul
fronte dell'inclusione sociale e della costruzione di una "economia
della conoscenza" fondata sull'innovazione tecnologica e
scientifica. Ma anche una (inattesa) opportunità sotto il profilo
ambientale. Noto - e peggiorato - risulta il gap con gli altri
paesi nella spesa in ricerca e sviluppo e nella presenza di
industrie e servizi ad alto contenuto tecnologico. Ed è
preoccupante che questo avvenga anche nei settori dove oggi
l'industria italiana è tra i leader europei: nelle energie
rinnovabili (ha il 13% del fatturato europeo ma genera meno del 6%
dei brevetti). Con una spesa per l'istruzione in declino, abbiamo
solo il 20% dei giovani laureati e scontiamo un quasi drammatico
"digital divide", con solo il 66% degli adulti che utilizza
internet (a fronte dell'82% dell'Europa e di quasi il 100% dei
paesi nordici). D'altro canto va segnalato come il pilastro della
sostenibilità ambientale abbia inevitabilmente "beneficiato" della
recessione. Non solo perché sono diminuiti i consumi e quindi i
prelievi e le emissioni ambientali. Ma, soprattutto, perché dentro
la crisi si è talora avviato un cambiamento che se sostenuto da
politiche intelligenti e adeguate potrebbe durare e divenire
strutturale".
Le proposte di Legambiente
L'Italia oltre la crisi però guarda avanti e presenta una serie di
idee e proposte per mettere in moto gli interventi indispensabili
per cambiare il futuro.
1) Ridisegnare la fiscalità per spingere l'innovazione
ambientale e creare lavoro.
Fare delle emissioni di CO2 il criterio per ridefinire accise e Iva
che gravano su impianti da fonti fossili, autoveicoli, prodotti e
consumi. In questo modo si premia l'efficienza energetica e si
spingono gli investimenti, generando nuove risorse da utilizzare
per ridurre la tassazione sul lavoro; rivedere canoni e tasse
sull'uso dei beni comuni, intervenendo sui regimi di tutela. Per
uscire dallo scandalo della gestione di cave, sorgenti di acque
minerali, discariche, spiagge. In modo da fermare gli abusi,
ridurre gli impatti, premiare l'innovazione; recupero urbano invece
del consumo di suolo. Per recuperare miliardi di Euro da utilizzare
per interventi di riqualificazione ambientale e edilizia.
2) Fermare le ecomafie.
L'ecomafia è la zavorra che impedisce concretamente alla Green
economy di esprimere tutte le sue potenzialità: ogni tonnellata di
rifiuti sottratta alle filiere legali è una tonnellata in meno per
la filiera del recupero, riuso e riciclo; ogni metro quadrato in
più di cemento illegale è un metro quadrato in meno di territorio
agricolo o protetto; ogni pala eolica costruita con i soldi o
l'intermediazione della mafia è una pala in meno per le imprese
pulite delle energie rinnovabili. Sanzioni penali adeguate, misure
preventive e patrimoniali, obbligo di ripristino dello stato dei
luoghi, ravvedimento operoso o, addirittura, non punibilità se
l'artefice del danno all'ambiente si autodenuncia e poi bonifica
l'area interessata: ecco quanto prevede la proposta di legge di
Legambiente per l'inserimento dei delitti contro l'ambiente nel
codice penale.
3) Rilanciare gli investimenti, per rimettere in modo il
paese
Tornare a investire per rilanciare l'economia e creare lavoro
fermando la politica di tagli trasversali e indiscriminati: le
risorse per contrastare il dissesto idrogeologico, investire in
ricerca e green economy, realizzare bonifiche partendo dai siti
orfani, acquistare treni e autobus, si possono reperire cambiando
le priorità di spesa e intervenendo con coraggio sulla spesa
pubblica, dove vi sono enormi sperperi di risorse in mala gestione,
grandi opere, sussidi alle fonti fossili, armamenti.
4) Premiare l'autoproduzione energetica da rinnovabili e la
riqualificazione del patrimonio edilizio
La rivoluzione energetica è già in corso con una produzione
arrivata al 28% dei consumi elettrici nel 2012, ma oggi si deve
fare un passo avanti per aiutare famiglie e imprese
premiando l'autoproduzione da fonti rinnovabili e la gestione di
impianti efficienti e puliti attraverso smart grid private e
facilitando lo scambio con la rete. Tutti interventi oggi vietati
che aprirebbero prospettive straordinarie di riduzione dei consumi
da fonti fossili; puntando alla riqualificazione energetica del
patrimonio edilizio quale scenario per far uscire dalla crisi il
settore delle costruzioni con nuove politiche che diano certezze
agli investimenti per ridurre i consumi energetici nelle
ristrutturazioni degli alloggi e dei condomini secondo il modello
inglese del "green deal".
5) Mettere al centro le città
Solo investendo nelle città l'Italia può riuscire a muovere
un'innovazione che non rimanga un concetto vago e astruso. Ed è la
qualità e quantità del welfare, dal trasporto pubblico agli asili,
dall'istruzione alla cultura, a determinare la competitività di una
economia e di un territorio. Per questo serve una regia e una
politica nazionale, per non perdere le risorse dei fondi
strutturali europei 2014-2020 e realizzare finalmente interventi di
riqualificazione ambientale e sociale delle periferie, per la casa
e la mobilità sostenibile.
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