Anche i Geometri possono occuparsi della progettazione e della
direzione dei lavori di costruzioni civili di modesta entità. Lo
scorporo effettivo delle attività riferite agli aspetti
architettonici da quelle connesse al cemento armato, che richiedono
calcoli complessi, consente, infatti, a ciascun
professionista(architetto o ingegnere da un lato, geometra
dall'altro) di poter riceve dal committente un incarico rientrante
nel rispettivo ambito professionale assumendosi una responsabilità
piena circa il contenuto della propria prestazione, con il solo
vincolo di coordinarsi con gli altri professionisti dato il
carattere unitario dell'edificazione.
Questo è uno degli aspetti più significativi della Sentenza n. 361
con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), ha
accolto il 18 aprile il ricorso presentato dal Collegio dei
Geometri e dei Geometri Laureati della Provincia di Bergamo contro
l'operato dell'Ordine degli Architetti della Provincia di Bergamo.
In particolare, la questione verteva sull'annullamento di alcune
note dell'Ordine degli Architetti di Bergamo che respingevano le
richieste di designazione della terna di professionisti per il
collaudo di opere in cemento armato eseguite affidando a un
geometra la direzione lavori per il progetto architettonico.
La tesi degli Architetti
Nelle memorie depositate, gli Architetti di Bergamo hanno fatto
riferimento all'art. 19 del Regio Decreto 11 febbraio 1929, n. 274
che per la competenza professionale dei geometri prevede
"progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso d'industrie agricole, di
limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole
costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non
possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle
persone" (lett. l), nonché in "progetto, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili" (lett. m).
L'Ordine degli Architetti di Bergamo ha fatto presente che:
- tra le competenze dei geometri non sono ricomprese le attività
di progettazione e direzione lavori riguardanti le costruzioni
civili in cemento armato, che restano pertanto affidate in via
esclusiva a ingegneri e architetti;
- la necessità del rispetto delle competenze professionali è
ribadita, rispettivamente per la progettazione e la direzione
lavori relative a opere in cemento armato, dall'art. 64 commi 2 e 3
del D.P.R. n. 380/2001.
Ciò premesso, gli Architetto di Bergamo hanno rilevato che
partecipare al collaudo di opere in cemento armato in relazione
alle quali i geometri, esorbitando dalle proprie competenze
professionali, abbiano svolto attività di progettazione
architettonica e di direzione lavori per il progetto
architettonico, sarebbe stato l'avallo di un abuso edilizio.
La posizione dei Geometri
La tesi dei Geometri ha mirato:
- da una parte a smontare l'assunto che i geometri non possano
occuparsi della direzione lavori per il progetto
architettonico;
- dall'altra a condannare l'operato dell'Ordine degli Architetti
per aver espresso valutazioni sul rispetto della competenza
professionale del progettista e del direttore dei lavori, e nemmeno
per anticipare giudizi sulla qualità dell'opera.
Sulla competenza dei Geometri
Il punto di partenza da cui sono partiti i giudici del TAR è la
disposizione che impone ai geometri di astenersi dalla
progettazione e dalla direzione lavori aventi ad oggetto opere in
cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni
accessorie in zona agricola. Secondo un'interpretazione letterale
le costruzioni civili in ambito non agricolo che comportino l'uso
di cemento armato sarebbero sempre escluse dalla competenza dei
geometri, anche quando si mantengano nei limiti delle modeste
costruzioni.
Il TAR ha, però, ammesso che la rigidità dell'interpretazione
letterale è attenuata dalla prassi di suddividere la progettazione
e la direzione lavori in due segmenti, uno riferito alle opere in
cemento armato e uno incentrato sugli aspetti architettonici. Se lo
scorporo delle attività professionali riguardanti il cemento armato
è effettivo e non simulato, e ciascun professionista (geometra da
un lato, architetto o ingegnere dall'altro) riceve dal committente
un incarico rientrante nel rispettivo ambito professionale
assumendosi una responsabilità piena circa il contenuto della
propria prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli
altri professionisti dato il carattere unitario dell'edificazione,
si apre la via verso una soluzione ragionevole consentita dall'art.
16 del R.D. n. 274/1929. In tale prospettiva è, infatti, possibile
trovare un punto di equilibrio tra la parte della norma che esclude
il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in
relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che estende ai
geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento
alle costruzioni civili di modesta importanza (lett. m).
Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza possono
richiedere l'impiego di cemento armato, non sarebbe corretto
interdire in questi casi ai geometri una porzione rilevante della
loro competenza professionale, quando sia invece possibile
scorporare in modo chiaro ed effettivo dalla progettazione e dalla
direzione lavori tutta l'attività riferibile al cemento armato, che
richiede calcoli complessi. Lo scorporo appare la soluzione
preferibile anche alla luce del principio di proporzionalità (non
devono essere inflitte alla competenza professionale dei geometri
limitazioni maggiori di quelle strettamente necessarie a garantire
la sicurezza delle persone e degli edifici).
Affinché il titolo edilizio sia legittimo è sufficiente da un lato
che i calcoli del cemento armato siano effettuati da un ingegnere o
architetto, e dall'altro che il progetto redatto dal geometra (o in
relazione al quale il geometra svolga la direzione lavori) non
oltrepassi la tipologia delle modeste costruzioni civili. Dunque,
quando i calcoli provengano da un ingegnere o architetto si può
presumere che sussistano adeguate garanzie per la sicurezza delle
persone e degli edifici. Di conseguenza l'interesse pubblico è
pienamente tutelato e non si oppone alla realizzazione della
costruzione, il che consente agli uffici comunali di limitarsi a
verificare se l'opera sia effettivamente una modesta costruzione
civile, tralasciando valutazioni di tipo privatistico
sull'esistenza o meno di un valido incarico professionale tra il
committente e il geometra.
Sui poteri di autotutela degli ordini professionali
Il TAR ha categoricamente smentito l'operato dell'Ordine degli
Architetti, affermando che pur avendo gli ordini e i collegi
professionali l'interesse e la legittimazione a tutelare le
prerogative delle rispettive categorie di professionisti, tanto in
sede giurisdizionale quanto davanti all'autorità amministrativa,
non possono utilizzare le procedure amministrative previste ad
altri fini per ostacolare o sanzionare i professionisti della
categoria concorrente che effettuano un'invasione di campo.
Nello specifico quindi l'Ordine degli Architetti non è legittimato
a bloccare la procedura di collaudo statico rifiutandosi di
designare le terne per la scelta dei collaudatori. In questo modo
infatti verrebbe interrotto l'iter che porta al rilascio del
certificato di agibilità e vi sarebbe un'intromissione nei poteri
di controllo dell'amministrazione comunale, la quale è l'unico
soggetto titolato a decidere delle condizioni di utilizzabilità di
un edificio.
Quello che avrebbe potuto fare l'Ordine degli Architetti a tutela
della propria categoria è:
- all'inizio del percorso di edificazione, impugnando il titolo
edilizio che approva il progetto redatto dal professionista non
competente, o invitando l'amministrazione comunale a effettuare un
annullamento in autotutela;
- alla fine, segnalando all'amministrazione comunale che dal
collaudo emerge il mancato rispetto della riserva sul cemento
armato, o impugnando il certificato di agibilità che non tenga
conto della violazione della suddetta riserva.
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