Condoni edilizi e richiesta di indennità risarcitoria ambientale:
l'autorizzazione postuma è utile al perfezionamento della
sanatoria, ma non esclude le conseguenze a seguito della violazione
dell'obbligo di munirsi di tale assenso in via preventiva,
come sancito dall'art. 7 della legge. n. 1497/1939.
Così ha stabilito la sez. V del Consiglio di Stato con la sentenza
n. 2216 del 19 aprile 2013, facendo riferimento anche alla premessa
di carattere generale, espressa dall'Adunanza generale nel parere
n. 4 dell'11 aprile 2002, per cui "
l'autorizzazione
ambientale in sanatoria non costituisce un equipollente perfetto
dell'autorizzazione preventiva, giacché solo un effettivo
controllo a priori degli interventi di trasformazione edilizia in
aree vincolate è idoneo ad assicurare la tutela dei valori
paesaggistici, cosicché, una volta nondimeno ammessa,
essenzialmente per economia di mezzi, l'assentibilità postuma di
tali interventi, con l'effetto di precludere la riduzione in
pristino attraverso la demolizione dell'edificio, deve comunque
essere fatto salvo il potere di infliggere la sanzione pecuniaria
di cui all'articolo 15 della legge n. 1497/1939, come precisato dal
legislatore in sede di legge finanziaria per il 1997 art. 2, comma
46".
Una decisione che fa seguito al ricorso in appello presentato dal
Comune di Pieve Ligure contro i proprietari di un immobile sito nel
territorio del comune stesso, per la riforma della sentenza del TAR
Liguria - Genova Sez. I, n. 488/1999, inerente l'irrogazione di una
sanzione pecuniaria per opere abusive, pari a lire 140.100.000, a
titolo di "indennità risarcitoria ambientale" ex art. 15 legge n.
1497/1939 ("Protezione delle bellezze naturali").
Il Comune aveva infatti inoltrato tale ingiunzione a seguito di
alcuni lavori di ristrutturazione edilizia eseguiti dai proprietari
dell'immobile, ricadente in una zona sottoposta a vincolo
paesaggistico e per il quale avevano il contributo di costruzione
in misura doppia ai sensi dell'art. 13 l. n. 47/1985 ("Norme in
materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni,
recupero e sanatoria delle opere edilizie").
Proprio in virtù del nulla-osta paesistico rilasciato
dall'amministrazione, il giudice in primo grado aveva ritenuto che
la richiesta di indennità risarcitoria presentata fosse in questo
caso inapplicabile, tenendo conto che "il parere favorevole
espresso dall'autorità preposta al vincolo e l'accertamento in
ordine all'inesistenza di pregiudizi di tipo ambientale in cui esso
si sostanzia avevano reso inoperante la salvezza delle sanzioni
ambientali disposto dell'art. 2, comma 46, l. n. 662/1996, invocato
dall'amministrazione resistente".
Il Consiglio di Stato ha invece accolto l'appello proposto dal
Comune, tenendo conto anche dell'orientamento giurisprudenziale,
formatosi successivamente alla sentenza del TAR, favorevole
all'applicazione della sanzione prevista dall'art. 15 l. n.
1497/1939, a prescindere dell'esistenza di un effettivo danno
ambientale.
Un orientamento basato sul carattere
sanzionatorio e non risarcitorio dell'istituto, per cui la
salvezza delle sanzioni ambientali "opera anche se l'abuso edilizio
sia stato ritenuto compatibile con l'assetto paesaggistico
dall'autorità preposta alla tutela del vincolo, attraverso il
rilascio del parere favorevole ai sensi dell'art. 32 l. n.
47/1985".
Prendendo quindi atto di questo indirizzo, e in considerazione
delle esigenze di massima tutela dell'ambiente che conducono a
ritenere intatta la potestà sanzionatoria in qualsiasi caso di
abuso edilizio in zone vincolate, il Consiglio di Stato ha dunque
nella fattispecie riaffermato l'indennità risarcitoria, in quanto
"
il danno ambientale costituisce unicamente un criterio di
commisurazione della sanzione pecuniaria, peraltro
alternativo a quello del profitto, dacché l'assenza del primo non
può sortire l'effetto di precludere l'esercizio della potestà di
reazione spettante all'amministrazione".
Di rilievo anche il parere su un aspetto della
quantificazione dell'indennità, che secondo la
legislazione statale deve essere effettuata con perizia estimativa
(art. 167 D.Lgs. n. 42/2004), facendo riferimento, nella
valutazione del profitto conseguito dall'autore dell'abuso, al DM
26 settembre 1997, recante i parametri per la quantificazione della
sanzione, per cui tale profitto è pari in via ordinaria
"al tre
per cento del valore d'estimo dell'unità immobiliare".
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