Materiali utilizzati per la realizzazione di nuove costruzioni o
per la ristrutturazione di edifici già esistenti: non è possibile
equiparare le due situazioni, in quanto fanno riferimento a
norme tecniche differenti.
Così ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2458 del
7 maggio scorso, con la quale ha ribadito quanto già deciso dal Tar
Lazio con la sentenza n. 504/2012: nella fattispecie, una ditta
edile aveva presentato ricorso avverso l'aggiudicazione della gara
di appalto ad un'altra azienda per la realizzazione dei lavori di
restauro di una Chiesa cattedrale, sostenendo che i materiali
indicati nel progetto tecnico per il rifacimento dei solai non
sarebbero stati rispondenti ai criteri stabiliti dal
decreto ministeriale 14 gennaio 2008, inerente
"Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni".
In particolare, tali materiali sarebbero stati in contrasto
con il capitolo 4.3.3.1.2. del decreto, che stabilisce che
quando si utilizzano "calcestruzzi con aggregati leggeri la densità
non può essere inferiore a 1.800 Kg/mc".
Lo stesso giudice di prime cure ha rigettato il ricorso, in quanto
il materiale indicato sarebbe stato utilizzato non per una nuova
costruzione, bensì per una già esistente, e
risultando
quindi conforme a quanto stabilito dal decreto
ministeriale.
Una decisione corroborata dai giudici di Palazzo Spada, i quali
hanno sottolineato la
necessità di distinguere tra "nuova
costruzione" e "costruzione già esistente": per il primo
caso il d. lgs. n. 380 del 2001 prevede "la costruzione di
manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di
quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente"; nel secondo
caso invece, l'art. 8.1. del decreto ministeriale in esame,
identifica la nozione di costruzione esistente in quella che ha la
"struttura completamente realizzata". Da qui ne discende, come nel
caso preso in esame, inerente una ristrutturazione, che "non è
possibile isolare un singolo elemento nell'ambito della struttura
realizzata, per ritenere che si è in presenza di una nuova
costruzione".
Il Cds ha inoltre chiarito che
nel caso di nuove
costruzioni, civili o industriali
, la normativa
tecnica di riferimento è proprio quella relativa al capitolo 4 del
decreto ministeriale, mentre nel caso di edifici già esistenti,
bisogna tenere conto del capitolo 8: quest'ultimo non
contempla il limite massimo sopra indicato, consentendo anche
l'applicazione di livelli di sicurezza diversi e all'art. 8.5
afferma che "nelle costruzioni esistenti le situazioni
concretamente riscontrabili sono le più diverse ed è quindi
impossibile prevedere regole specifiche per tutti i casi". Ne
consegue che
"il modello per la valutazione della sicurezza
dovrà essere definito e giustificato dal progettista, caso per
caso, in relazione al comportamento strutturale attendibile della
costruzione, tenendo conto delle indicazioni
generali".
Un orientamento ribadito anche dalla circolare del Ministero delle
infrastrutture n. 617/2009, contenente "istruzioni per
l'applicazione delle norme tecniche per le costruzioni di cui al
decreto ministeriale 14 gennaio 2008", che richiama la medesima
distinzione tra costruzioni esistenti e non esistenti.
Infine, il Cds ha anche sottolineato che non è possibile postulare
l'applicazione del capitolo 4 in virtù del fatto che soltanto in
esso si troverebbe un riferimento specifico al materiale, ribadendo
che nel caso di costruzioni già esistenti operano esclusivamente le
regole tecniche generali senza vincoli precisi.
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