La ristrutturazione edilizia, per essere tale e non coincidere con
la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche
fondamentali dell'edificio preesistente e
la successiva
ricostruzione deve riprodurre le precedenti linee fondamentali
quanto a sagoma, superfici e volumi. Ciò significa che in
caso di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, lo
scostamento di volumetria porta all'ipotesi di nuova
costruzione.
Con questo parere il Consiglio di Stato ha confermato, nella
sentenza n. 2972 dello scorso 30 maggio, quanto stabilito dal
T.A.R. LOMBARDIA con sentenza n. 5268/2009, concernente
l'annullamento di un permesso di costruzione in quanto
i
requisiti di ristrutturazione non erano stati rispettati,
portando invece alla realizzazione di un nuovo edificio
completamente diverso da quello preesistente per destinazione,
sagoma, sedime e volume, e dunque da qualificarsi come nuova
costruzione.
Nella fattispecie, almeno in riferimento alla sagoma,
l'identità tra l'edificio realizzato e quello originario
non era più riscontrabile, per cui l'intervento era da
considerarsi come nuova costruzione: secondo la società appellante,
invece, le norme tecniche di attuazione previste dal PRG avrebbero
consentito, nell'ambito degli interventi di ristrutturazione, uno
spostamento volumetrico fino a 450 mc in modo che l'intervento
comportasse anche la realizzazione di un organismo edilizio
leggermente differente rispetto a quello precedente quanto a
sagoma, volume, superficie di ingombro e distanze.
Il giudice di primo grado ha invece ritenuto che in caso di
ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, lo
spostamento di volumetria non può ritenersi ammissibile pena
lo sconfinamento nella differente ipotesi della nuova
costruzione laddove vada ad incidere sul requisito della identità
di sagoma, superfici e volumi richiesto dall'art. 3 del DPR
380/01.
E proprio facendo riferimento infatti a quanto previsto dal Testo
Unico per l'Edilizia, i Consiglieri hanno affermato che
in
linea generale, l'elemento che contraddistingue la ristrutturazione
dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già avvenuta
trasformazione del territorio, mediante una edificazione di cui si
conservi la struttura fisica, ovvero la cui stessa struttura fisica
venga del tutto sostituita, ma - con ricostruzione, se non "fedele"
comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della
costruzione preesistente. Ciò implica che è necessaria
l'identità della complessiva volumetria del fabbricato e, per
l'area di sedime, il fabbricato deve occupare la stessa area e
sorgere sulla stessa superficie utilizzata dal precedente senza
compromettere un territorio diverso, coerentemente con la ratio di
recupero del patrimonio esistente.
E anche se con la modifica introdotta dal D. Lgs. 301/2002 la
nozione di ristrutturazione è stata ulteriormente estesa, proprio
perché non vi è più il limite della "fedele ricostruzione",
soltanto se l'intervento rispetta i requisiti quanto a
sagoma e volumetria preesistenti, non si dovranno applicare le
normative vigenti sugli indici di edificabilità, sui parametri di
altezze, distanze, distacchi, etc., che dovranno invece
essere tenute in considerazione in caso contrario.
Infine, Palazzo Spada ha anche sottolineato come le categorie di
interventi siano definite dalle disposizioni previste dal
d.P.R. n. 380/2001 e come il regime sia
disciplinato in conformità di queste ultime, per cui
anche
la legge regionale deve ispirarsi ad esse in quanto espressione di
principi generali e, in caso di norme contrastanti, vale
quanto stabilito proprio dal Testo Unico per l'Edilizia.
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