A due anni e mezzo dall'insediamento del nuovo Consiglio Nazionale
dei Geologi, il Presidente
Gian Vito Graziano ha tracciato
un primo bilancio sul lavoro svolto, da quello politico, attraverso
un confronto continuo con le istituzioni, a quello tecnico,
mediante un'attenta partecipazione alla vita professionale dei
propri iscritti.
In particolare, i temi trattati in questi ultimi 30 mesi hanno
riguardato: difesa del suolo, microzonazione sismica, protezione
civile, certificazione energetica, circolari ministeriali, norme
tecniche, rapporti con le Università, valorizzazione del patrimonio
geologico e geotermia. I Geologi hanno cercato di essere il più
possibile presenti, supportando iniziative, collaborando con Enti
ed Istituti, promuovendo proposte di legge e talvolta contestando
iniziative politiche ritenute in contrasto con i principi etici del
geologo.
Meritevole di attenzione è certamente il lavoro fianco a fianco che
i geologi hanno avuto il coraggio di affrontare insieme agli
ingegneri in merito alla questione delle competenze geotecniche e
che ha portato alla condivisione di un documento comune che
affronta e supera il problema (
leggi news).
"Fiumi di parole, di
articoli, di commenti, ma anche norme legislative, norme
regolamentari, circolari, pronunciamenti dei T.A.R., sentenze del
Consiglio di Stato, elzeviri di Consigli Nazionali e di Ordini,
sulla disciplina più contesa tra ingegneri e geologi sono stati
probabilmente superati dal documento comune dei due Consigli
Nazionali, nel quale si afferma che la geotecnica è materia
concorrente. Con il risultato, per chi quel documento né se lo
aspettava, né lo ha gradito, che il tavolo tecnico istituito presso
il Ministero delle Infrastrutture, per redigere una nuova circolare
sulle indagini geognostiche a valle delle sentenze del TAR Lazio,
da allora non è stato più convocato". Queste le parole del
Presidente Graziano che ha continuato definendo la
differenza tra geotecnica e ingegneria geotecnica.
"La
geotecnica è la disciplina che si occupa di studiare la meccanica
delle terre e la meccanica delle rocce e la loro applicazione nelle
opere di ingegneria ed è appunto materia concorrente tra ingegneri
e geologi. L'ingegneria geotecnica è la disciplina che, sulla
scorta della geotecnica, si occupa delle verifiche progettuali
degli interventi che interessano il sottosuolo (fondazioni, opere
di sostegno, scavi, rilevati, gallerie, palificazioni, paratie,
consolidamenti di pendii, tiranti ed ancoraggi, cassoni, nuove
edificazioni in pendio, vasche interrate, opere in terra
rinforzata, argini fluviali, dighe in terra, ecc.). L'ingegneria
geotecnica, dunque, per sua natura deve sempre interfacciarsi con
la progettazione delle sovrastrutture e deve misurarsi con le
condizioni presenti al contorno. Le competenze richieste
all'ingegnere geotecnico sono condivise con altre discipline, quali
la geologia, l'ingegneria strutturale, l'ingegneria idraulica,
l'ingegneria dei trasporti e la fisica".
Il tavolo tecnico presso il CNAPPC
Attraverso la recente istituzione di un tavolo tecnico presso il
Consiglio Nazionale degli Architetti P.P.C., i Geologi
stanno affrontando le maggiori criticità presenti nel contesto dei
servizi professionali.
Le iniziative
Riportiamo di seguito le iniziative rilevate dal Presidente
Graziano.
"La prima iniziativa comune della rete delle professioni
tecniche ha riguardato i severi limiti imposti dall'art. 263 del
DPR 207/2010, legati al fatturato globale, all'espletamento dei
lavori negli ultimi 10 anni, allo svolgimento di servizi ed al
numero medio annuo del personale tecnico utilizzato negli ultimi
tre anni: è evidente che si tratti di limiti che divengono
insostenibili per la grandissima maggioranza dei professionisti e
non sono proporzionati alla realtà delle strutture professionali
nel nostro Paese.
In base ai dati censiti dall'Agenzia delle Entrate, relativi ad un
periodo di imposta antecedente alla cosiddetta crisi economica, è
emerso che il numero di strutture professionali con 1 solo addetto
è pari al 90,5%, mentre per un numero di addetti da 1 a 3, la
percentuale scende all'8,2% dei professionisti. Si giunge all'1%
per un numero di addetti da 3 a 5 ed allo 0,3% per un numero di
addetti da 5 a 10.
E' evidente che nelle gare nelle quali la stazione appaltante fissi
un numero di "addetti" tra 5 e 10, per importo dei lavori
medio-basso, assistiamo ad una vera e propria chiusura al mercato,
che si ripercuote su liberi professionisti singoli e sui
giovani.
In altre parole il mercato chiude a quei professionisti che non
siano integrati in società di ingegneria o in consorzi stabili, in
netto contrasto con il diritto comunitario e con i nuovi principi
introdotti nel Codice dei Contratti.
Tale chiusura, della quale l'Antitrust non pare accorgersi, ha
assunto dimensioni allarmanti nel momento in cui la crisi economica
ha impedito alla stragrande maggioranza di professionisti di
conseguire o di conservare il possesso dei requisiti, determinando
il rischio che il mercato dei lavori pubblici sia sempre più
riservato ad un numero molto limitato di soggetti erogatori di
servizi.
Eppure il comma 1 bis dell'art. 2 del Codice, nel testo modificato
dalle Leggi n. 214/2011 e n. 135/2012 sancisce che i criteri di
partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le
piccole e medie imprese, in linea con la Small Business Act varata
a livello comunitario per creare condizioni favorevoli alla
crescita e alla competitività sostenibili delle piccole e medie
imprese europee.
Il requisito di cui di cui all'art. 263, comma 1, lett. d), del DPR
207/2010 è stato criticato anche dalla giurisprudenza
amministrativa (Cons. Stato, VI, 4 aprile 2003, n. 1774), laddove
afferma che esso: "favorisce i concorrenti aventi una capacità
tecnica - organizzativa stabile nel tempo e non realizzata solo in
prossimità della data dell'appalto".
La fissazione di criteri legati a fatturato globale, espletamento
dei lavori negli ultimi 10 anni, svolgimento di servizi e numero
medio annuo del personale tecnico utilizzato negli ultimi tre anni,
non solo arreca pregiudizio alle relazioni concorrenziali,
ostacolando l'ingresso al mercato di nuovi professionisti, ma
costituisce violazione degli artt. 49 e 56 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione Europea, in materia di libertà di
stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Con queste motivazioni come Rete delle professioni tecniche abbiamo
chiesto di recente l'intervento dell'Autorità Garante per la
Concorrenza, affinché segnali al Governo e al Parlamento gli
effetti distorsivi dell'articolo.
Altre iniziative, sempre volte alla valorizzazione delle
professioni, hanno riguardato la proposta di modifica dell'art.
120, sui criteri di scelta dei componenti della commissione
giudicatrice per le offerte economicamente più vantaggiose,
affinché essi, oltre ad essere scelti a seguito di un sorteggio
pubblico, siano individuati anche tra liberi professionisti
inseriti in appositi elenchi tenuti dagli Ordini, non solo quindi
tra funzionari della stazione appaltante. E poi ancora la proposta
di superare definitivamente la problematica derivante
dall'applicazione del D.L. n. 70/2011, convertito in legge n.
106/2011, che aveva modificato l'art. 125 del Codice dei contratti,
elevando la soglia degli affidamenti fiduciari a 40.000 euro, senza
che contestualmente fosse stato modificato il Regolamento (DPR
207/2010- art. 267, comma10), che lascia inalterata la precedente
soglia dei 20.000 euro. La proposta riguarda l'adeguamento
dell'art. 267 alle disposizioni impartite dall'art.125 del Codice
dei Contratti (norma di rango primario).
Altra questione di grande rilevanza riguarda la posizione di
debolezza dei professionisti nei confronti dell'appaltatore
nell'appalto integrato, di cui all'art.53 del Codice, debolezza che
sta alla base dei continui contenziosi in fase di pagamento da
parte dell'appaltatore del compenso loro spettante. Seppure alla
stazione appaltante sia riservata la facoltà di prevedere nel bando
di gara le modalità per la corresponsione diretta ai professionisti
della quota del compenso, previa approvazione del progetto e previa
presentazione dei relativi documenti fiscali degli stessi
professionisti, tale facoltà è raramente esercitata. Come categorie
tecniche abbiamo chiesto una modifica all'art.53, specificando che
la stazione appaltante indichi (e non "può indicare") nel bando di
gara le modalità per la corresponsione diretta ai professionisti
della quota del compenso spettante.
Ed è stata anche affrontata la questione della progettazione
interna ed esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia
di lavori pubblici, consapevoli che la fase progettuale si conferma
l'anello debole del ciclo dell'appalto dei lavori pubblici,
nonostante gli sforzi del legislatore nei confronti soprattutto di
verifiche sempre più rigorose. Continua tuttavia il ricorso
sistematico a varianti in corso d'opera, con il conseguente
incremento dei costi, derivanti anche dal frequente ricorso al
contenzioso a causa delle gravi carenze dei progetti posti a base
di gara. E' stato rilevato che tale fenomeno è più frequente quando
il progetto viene redatto dai dipendenti delle stazioni appaltanti,
spesso impegnati a seguire l'istruttoria delle pratiche per poter
dedicare tempo e concentrazione alla progettazione di opere
pubbliche. Questo produce il rallentamento dell'attività
istruttoria e contestualmente la redazione di progetti senza
l'ausilio degli strumenti necessari a garantire una adeguata
progettazione. E' dunque necessario, sempre nell'ambito delle
iniziative per la valorizzazione delle professioni, abrogare una
disposizione che, dietro la parvenza di una economia conseguibile
sui costi tecnici di progettazione, nasconde l'enorme danno
derivante nella maggior parte dei casi da una carente progettazione
interna, eludendo peraltro l'applicazione dei principi fondamentali
del codice dei contratti pubblici secondo cui l'affidamento e
l'esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, deve
garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei
principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza.
Tutto questo mentre i liberi professionisti sono sempre più chiusi
da una crisi del mercato dei servizi, come si rileva leggendo i
dati pubblicati dall'osservatorio mensile dei bandi di gara per
servizi d'ingegneria, che al momento non evidenziano alcun segno di
ripresa.
Altre criticità rilevate e sulle quali si sta lavorando per
proporre rimedio sono connesse al fatto che molte stazioni
appaltanti ritengono il ricorso all'appalto integrato una modalità
ordinaria di affidamento di appalti pubblici di lavori, mentre il
Codice ne richiede specificatamente le motivazioni (art. 52). Si
rileva quasi sempre una carenza motivazionale della delibera o
nella determinazione a contrarre, che deve necessariamente ed
espressamente indicare e motivare "in ordine alle esigenze
tecniche, organizzative ed economiche" il ricorso a tale tipologia
contrattuale, indipendentemente dalla soglia economica
dell'appalto. Ulteriore criticità, peraltro più volte segnalata
dagli Ordini professionali, è costituita dall'eccessiva
discrezionalità degli operatori della pubblica amministrazione, che
ancora oggi disconoscono gli obblighi derivanti dall'art. 29 del
Codice sulla determinazione delle soglie economiche per definire la
tipologia di gara.
Per non parlare poi delle criticità rilevate nei bandi di gara, per
le quali occorrerebbero intere pagine di analisi. Due sono tuttavia
le principali tipologie di anomalia: la mancata indicazione della
percentuale di ribasso consentita rispetto all'importo posto a base
d'asta e la mancata indicazione delle modalità di fissazione del
corrispettivo posto a base di gara, richiamando in particolare le
tariffe professionali.
Uno studio condotto dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli
Ingegneri rileva che i bandi non riportano l'indicazione,
prescritta all'art. 266 del DPR n. 207/20101, del massimo ribasso
consentito, né riportano le modalità con cui è stato fissato
l'importo posto a base di gara, così violando il D.L. n. 83/2012
che, all'art. 5, sancisce che "le tariffe professionali e le
classificazioni delle prestazioni vigenti prima della data di
entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 1 del 2012 possono
continuare ad essere utilizzate, ai soli fini, rispettivamente,
della determinazione del corrispettivo da porre a base di gara per
l'affidamento dei contratti pubblici di servizi attinenti
all'architettura e all'ingegneria e dell'individuazione delle
prestazioni professionali".
Il panorama è complesso, ma allo stesso preoccupante, soprattutto,
come si è detto, in questo particolare frangente. I vizi e le
ripetute illegittimità riscontrate nei bandi di gara costituiscono
grave pregiudizio per le categorie tecniche rispetto alla corretta
partecipazione alle gare e alle selezioni. Pregiudizio che si
estende al corretto funzionamento del mercato degli appalti
pubblici ed alla loro trasparenza.
A valle delle incombenze derivate dalla riforma delle professioni,
che hanno fortemente impegnato risorse umane all'interno dei
Consigli Nazionali, la valorizzazione della professione rimane ora,
almeno per il Consiglio Nazionale dei Geologi, il vero e principale
obiettivo della seconda parte del mandato. Posso rassicurare i
geologi italiani che su questo stiamo lavorando, ma abbiamo bisogno
che dall'altra parte qualcuno ci ascolti".
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