L’
Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture, ha inviato il 25 settembre scorso al
Governo, l’
Atto di segnalazione n. 3 avente ad oggetto la
“Qualificazione lavori”.
Con l’atto di segnalazione vengono segnalati alcuni fenomeni del
sistema di qualificazione per i lavori, relativi alla struttura
organizzativa delle SOA (Società Organismo di Attestazione), al
fenomeno delle cessioni e degli affitti fittizi di azienda e
all’utilizzo di certificati di esecuzione lavori (Cel) emessi da
privati, posti in essere per conseguire diverse e più alte
qualificazioni, indicando anche possibili interventi legislativi
correttivi.
Sempre nello stesso atto di segnalazione, l’Autorità fornisce
alcuni spunti di riflessione in merito alle modifiche del D.Lgs. 12
aprile 2006, n. 163 (Codice) e del Regolamento di Attuazione,
D.P.R. n. 207/2010 che si rendono necessarie per superare gli
elementi di criticità evidenziati dal Consiglio di Stato nel Parere
consultivo n. 3014, del 26 giugno 2013, sempre con riferimento al
sistema della qualificazione nel settore dei lavori.
In merito alla
struttura organizzativa delle SOA,
l’Autorità, con l’atto di segnalazione in argomento auspica un
intervento normativo idoneo ad un allargamento delle compagini
sociali delle SOA, in quanto l’attuale prevalente sistema di
conduzione familiare delle SOA ha costellato il mercato di piccoli
soggetti attestatori, impedendo lo sviluppo di maggiori dimensioni
che appaiono invece necessarie alla struttura del mercato delle
imprese, in continua evoluzione.
L’Autorità rileva, anche, che, con riferimento al rapporto tra SOA
e imprese, in materia di procedura di attestazione, il Regolamento
prevede che le SOA abbiano, per poter esercitare la loro attività,
un organico minimo. Tuttavia tale organico non appare correlato al
numero di imprese attestate dalla singola SOA ed a parere
dell’Autorità la normativa sull’organico minimo andrebbe
rivisitata, agganciando l’organico, in modo proporzionale, al
numero di attestati rilasciati o modificati nell’anno precedente,
fermo restando, per il primo anno di attività, la sufficienza
dell’organico minimo di legge.
Per quanto concerne il fenomemo delle
cessioni e degli affitti
fittizi di azienda, l’Autorità, per evitare i fenomeni abusivi
in una certa misura aggravati dall’estensione dell’arco temporale
di comprova dei requisiti di recente introdotta dal legislatore, si
dovrebbe valutare l’opportunità di limitare, ad esempio a due anni,
il periodo utile, antecedente alla cessione, ai fini della
qualificazione.
Indipendentemente dal periodo preso a riferimento per la
qualificazione, l’Autorità ritiene, comunque, indispensabile una
modifica dell’art. 77 del D.p.r. n. 207/2010 che preveda che nei
casi di cessione la verifica intermedia dell’attestazione
rilasciata dopo la cessione, e limitatamente alle categorie e
classifiche correlate all’azienda o al ramo oggetto di cessione, va
effettuata alla scadenza del primo anno successivo al rilascio
dell’attestazione conseguente alla cessione medesima e non dopo tre
anni. Ciò, infatti, consentirebbe alla SOA di verificare in
concreto e con riferimento ad un arco ragionevole di tempo, che
oggetto della cessione è stato effettivamente un complesso
organizzativo e produttivo capace di esplicare la propria
funzionalità e non meri elementi formali trasferiti solo ai fini
dell’ottenimento della qualificazione medesima.
Potrebbe, inoltre, essere valutata l’opportunità di affidare la
verifica annuale ad una SOA diversa da quella che ha rilasciato
l’attestazione. Si segnala che una simile previsione contribuirebbe
anche a scongiurare l’evenienza che una SOA possa farsi promotrice,
presso le imprese, di operazioni di cessione di rami o aziende.
In merito alle
certificazioni rilasciate dai privati in
occasione dell’esecuzione dei lavori l’Autorità, al fine di evitare
che anche in questo caso si utilizzino attestazioni false
difficilmente verificabili chiede una modifica normativa che
subordini la possibilità, per le imprese, di spendere le
certificazioni private ai fini della qualificazione solo quando
sono accompagnate da dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai
sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 rilasciata dal direttore dei lavori
che attesti l’avvenuta esecuzione a regola d’arte, assumendo la
responsabilità di tale dichiarazione.
Per quanto concerne, poi, le modifiche del D.Lgs. 12 aprile 2006,
n. 163 (Codice) e del Regolamento di Attuazione, D.P.R. n. 207/2010
che si rendono necessarie per superare gli elementi di criticità
evidenziati dal Consiglio di Stato nel Parere consultivo n. 3014,
del 26 giugno 2013, sempre con riferimento al sistema della
qualificazione nel settore dei lavori.
Nell’atto di segnalazione, l’Autorità ricorda che il Consiglio di
Stato, accogliendo in parte il ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica proposto dall’AGI (Associazione imprese generali),
ha disposto l’
annullamento delle norme di cui agli artt. 109,
comma 2 e 107, comma 2, del Regolamento, relativamente
all’individuazione delle categorie a qualificazione obbligatoria e
delle categorie cd. super specialistiche o SIOS per le quali, in
mancanza di qualificazione vige, rispettivamente, l’obbligo del
subappalto e, per le SIOS, l’obbligo di partecipazione in ATI
verticale al fine di poter eseguire quella parte di lavori non
subappaltabile.
Con la medesima decisione, inoltre, il Consiglio di Stato ha
disposto l’annullamento dell’art. 85, comma 1, lett. b) nn. 2 e 3,
del Regolamento, nella parte in cui non consente all’impresa
affidataria, a prescindere dalla quantità di lavori subappaltati,
di utilizzare ai fini della qualificazione l’importo dei lavori
subappaltati decurtato della quota eccedente il 30 o il 40
percento.
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ritiene che
siano possibili due ordini di alternative: da una parte potrebbe
essere mantenuto fermo l’impianto normativo di cui al comma 1
dell’art. 109, contestualmente riducendo il numero delle categorie
di lavori a qualificazione obbligatoria di cui al successivo comma
2 e, nel contempo, rendendo meno rigida la disposizione, contenuta
nell’ultimo periodo del medesimo comma, relativa ai limiti di
subappaltabilità delle SIOS, che superino il 15% dell’importo
dell’appalto; dall’altra, potrebbe essere invertita la disposizione
del comma 1 dell’art. 109, prevedendo, come regola generale, il
divieto, per l’affidatario qualificato nella categoria prevalente,
di eseguire lavorazioni per categorie diverse, a qualificazione
obbligatoria. Anche in quest’ultimo caso, naturalmente, potrebbe
essere opportuna una rivisitazione delle categorie specialistiche e
superspecialistiche; ciò per aderire alla fondata osservazione del
Consiglio di Stato, secondo cui molte delle categorie a
qualificazione obbligatoria sono prive di connotati di particolare
specialismo, ovvero del “notevole contenuto tecnologico” e della
“rilevante complessità tecnica di cui all’art. 37, comma 11, del
Codice dei contratti.
L’Autorità per quanto concerne, poi, le
censure del Consiglio di
Stato relative all’art. 85 del Regolamento, sono possibili due
soluzioni alternative: la prima consiste nel ripristino della
situazione precedente all’adozione dell’attuale Regolamento, ovvero
nel riconoscere la possibilità per l’impresa aggiudicataria di
qualificarsi per la categoria prevalente anche in relazione alle
lavorazioni subappaltate (ivi comprese quelle a qualificazione
obbligatoria) per un importo massimo del 30 o 40 per cento; la
seconda, mantenendo l’impostazione attuale, dovrebbe
necessariamente introdurre una revisione delle modalità di calcolo
della quota utilizzabile ai fini della qualificazione, nel caso di
subappalto, per le categorie scorporabili che non riproduca le
incongruenze evidenziate nel parere. A tale proposito si potrebbe
prevedere un meccanismo che, in analogia con quanto previsto
dall’art. 24 del DPR 34/2000 per la categoria prevalente, assegni
un valore massimo di qualificazione pari al 30 o al 40 per cento ma
nella categoria scorporabile.
Per ultimo, l’Autorità segnala che
qualsiasi tipo di intervento
sull’attuale impianto normativo dovrà tener conto dell’esigenza
di coordinamento delle disposizioni in esame con l’impianto
complessivo del Codice al fine di evitare che si creino discrasie
tra le stesse e quelle presenti per altri istituti quali quello
della progettazione e della qualificazione acquisita dal direttore
tecnico dell’impresa.
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