Il nuovo codice deontologico degli architetti ha lasciato immutato
l’identificazione dei titoli professionali fra i laureati
magistrali e i laureati.
Molti ordini aspettavano una modifica sostanziale al fine di meglio
definire il contenuto del disposto dell’ex art. 8 bis, che invece è
stato confermato nell’art. 9 delle nuove norme deontologiche.
L’articolo prevede che
"l'architetto, ove iscritto ad uno o a
più settori della sezione A o B , si avvale, in tutti i suoi
rapporti con i terzi, del titolo professionale di "Architetto",
ovvero del titolo corrispondente al o ai settori della sezione in
cui è iscritto".
Questa volontà di un'unica identificazione fra gli iscritti alle
diverse sezioni (A o B) corrispondenti ai laureati magistrali (5
anni) ed i laureati (3 anni), che per il combinato del DPR 270/04 e
del DPR 328/01 acquisiscono rispettivamente il titolo accademico di
"dottore architetto" e "dottore architetto iunior " lascia ancora
perplessi molti colleghi ed i relativi ordini.
In effetti la necessità di una trasparente informazione delle
proprie competenze e qualifiche è ribadito anche dall’art. 6 delle
stesse norme che prevedono che l’iscritto (ma nel caso della
promozione dell’attività)
“deve attribuirsi solo capacità o
titoli pertinenti alla professione o riconosciuti dalla legge senza
qualificarsi in modo equivoco”.
Ma se la legge è chiara nell’identificazione dei titoli accademici,
quale è stato lo spirito che ha guidato gli estensori ad inserire
una norma che equipara, almeno per i rapporti interpersonali, i
titoli? Semplificazione? Uniformità?
Significa forse che nel firmare un progetto si utilizzerà il titolo
esteso mentre nei biglietti da visita gli iscritti, sia della
sezione A che B, del settore architettura, potranno qualificarsi
“solo” come Architetto? Almeno questo si evincerebbe dall’art.
9.
La casistica si complica esponenzialmente con gli altri settori:
Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, signori professionisti
con corsi presso le Facoltà di Architettura orfani del titolo di
Architetto.
Allora ecco che il Conservatore, si firma come “Architetto
Conservatore”, ma l’interpretazione resta dubbia perché tale titolo
eventualmente spetterebbe solo a coloro che hanno la doppia
iscrizione ai due settori dell’Albo, ma che ai sensi dello stesso
art. 9 ne è prevista la sola dizione di “Architetto”.
Se è pur vero che dobbiamo abituarsi alle nuove figure
profesionali, il proliferale di nuovi titoli non semplifica la vita
del cittadino e del professionista.
Forse l’Albo dovrebbe ritornare ad essere solo degli Architetti,
che siano poi edili, paesaggisti, pianificatori o conservatori, ma
solo come specializzazione dello stesso; del resto come sempre
fatto dagli Ingegneri edili, meccanici, aeronautici... . Inoltre
per corrispondenza alla tipologia di Laurea potrebbe essere più
idonea una identificazione del livello in modo similare: il
laureato magistrale in architettura è il Dott. Architetto
magistrale, mentre per il laureato 3 anni) Dott. Architetto.
Stante le attuali leggi dobbiamo però adeguarsi e fare uno sforzo
chiarificatore ed unificatore a livello nazionale, con la
corrispondenza di ciò anche nei timbri professionali che ogni
ordine crea nella propria interpretazione.
Sintetizzando potremmo concludere la seguente schematizzazione
conforme alle attuali norme in vigore:
--------------------schematizzazione--------------------
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