Il contribuente in grado di svolgere da solo la sua attività è
necessariamente dotato di autonoma organizzazione, condizione
sufficiente per l'imposizione dell'imposta regionale sulle attività
produttive, altrimenti detta "IRAP".
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n.
22941 del 9 ottobre 2013, con la quale ha accolto il ricorso
presentato contro l'Agenzia delle Entrate, avverso una sentenza
della Commissione Tributaria regionale che aveva confermato il
pagamento di una cartella di pagamento relativa all'IRAP.
Il professionista aveva proposto ricorso in Cassazione sostenendo
la tesi di "assenza di autonoma organizzazione" con conseguente non
assoggettabilità all'IRAP.
Gli ermellini hanno ricordato che l'esercizio delle attività di
lavoro autonomo è escluso dall'applicazione dell'IRAP soltanto
qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata,
secondo l'accertamento riservato al giudice di merito ed
insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato in
ordine all'impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l'
id
quod plerumgue accidit, il minimo indispensabile per
l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si
avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, costituendo onere
del contribuente che richieda in rimborso di fornire la prova
dell'assenza delle condizioni anzidette.
Il caso di specie trattava di un professionista in assenza di
dipendenti, che utilizza beni strumentali modesti e che aveva
usufruito della struttura organizzativa di una società esterna e
dell'ospitalità di un altro studio. Dunque, come già sostenuto in
altre sentenze (
leggi news), ai fini dell'autonoma
organizzazione, per l'applicazione dell'Irap è necessaria
l'esistenza di una struttura predisposta dal professionista con
personale da lui dipendente mentre tale requisito, precisano i
giudici, "non si realizza quando il professionista operi
all'interno di una struttura da altri gestita".
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