SENTENZE TAR

08/02/2007

Due interessanti sentenze del TAR Molise e del TAR Toscana intervengono sul problema legato alla precarietà del manufatto edilizio in riferimento al problema legato all’esenzione dalla necessità del titolo abilitativo necessario.
Il TAR Molise con la sentenza n. 29 del 15 gennaio 2007, in sintesi, precisa che l’esenzione dalla necessità del titolo abilitativo non dipende dai materiali utilizzati o dal sistema di ancoraggio al suolo ma dall’uso cui esso è destinato.
Nella sentenza è riportato che anche la giurisprudenza (Tar Lombardia, Sez. staccata di Brescia, 15.7.1993, n. 619) appare concordemente orientata sul fatto che “la precarietà va esclusa, quindi, se l’opera è destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, ancorché a termine in relazione all’obiettiva ed intrinseca destinazione naturale del manufatto”.

I Giudici, per ultimo, richiamando l’orientamento costantemente seguito dal Consiglio di Stato (Consiglio Stato sez. V, 29.5.2006, n. 3270), precisano che “presupposto per l'emanazione dell'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo l'ordinanza atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con l'accertamento dell'abuso, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione e sussistendo l'eventuale obbligo di motivazione al riguardo solo se l'ordinanza stessa intervenga a distanza di tempo dall'ultimazione dell'opera avendo l'inerzia dell'amministrazione creato un qualche affidamento nel privato”.

Anche il TAR Toscana con la sentenza n. 6 del 15 gennaio 2007 precisa che nel caso di una baracca destinata a deposito attrezzi agricoli, anche se non sia ancorata al suolo, la stessa non può essere definita di natura precaria, essendo irrilevante al riguardo la circostanza che il manufatto sia soltanto appoggiato al suolo.
Nella sentenza viene precisato che le opere non potevano essere realizzate senza concessione edilizia sia perché ricadevano in area sottoposta a vincolo paesistico sia in quanto non erano qualificabili come manufatti precari, visto che il concetto di precarietà implica la intrinseca temporaneità dell’opera che, quindi, non solo non deve risultare ancorata al suolo, ma soprattutto deve avere una destinazione funzionale limitata nel tempo, rispondente ad esigenze transitorie, e non durature.
Nel caso in esame,invece, il fatto stesso che il deposito di attrezzi agricoli è funzionale alla coltivazione del fondo risulta confliggente con la pretesa natura “precaria” dell’opera, essendo irrilevante al riguardo la circostanza che il manufatto è soltanto appoggiato al suolo.

A cura di Paolo Oreto


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