Due interessanti sentenze del
TAR Molise e del
TAR
Toscana intervengono sul problema legato alla precarietà del
manufatto edilizio in riferimento al problema legato all’esenzione
dalla necessità del titolo abilitativo necessario.
Il TAR Molise con la sentenza n. 29 del 15 gennaio 2007, in
sintesi, precisa che l’
esenzione dalla necessità del titolo
abilitativo non dipende dai materiali utilizzati o dal sistema di
ancoraggio al suolo ma dall’uso cui esso è destinato.
Nella sentenza è riportato che anche la giurisprudenza (Tar
Lombardia, Sez. staccata di Brescia, 15.7.1993, n. 619) appare
concordemente orientata sul fatto che “la precarietà va esclusa,
quindi, se l’opera è destinata a dare un’utilità prolungata nel
tempo, ancorché a termine in relazione all’obiettiva ed intrinseca
destinazione naturale del manufatto”.
I Giudici, per ultimo, richiamando l’orientamento costantemente
seguito dal Consiglio di Stato (Consiglio Stato sez. V, 29.5.2006,
n. 3270), precisano che “presupposto per l'emanazione
dell'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto
la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale
difformità del titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo
l'ordinanza atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con
l'accertamento dell'abuso, essendo in re ipsa l'interesse pubblico
alla sua rimozione e sussistendo l'eventuale obbligo di motivazione
al riguardo solo se l'ordinanza stessa intervenga a distanza di
tempo dall'ultimazione dell'opera avendo l'inerzia
dell'amministrazione creato un qualche affidamento nel
privato”.
Anche il TAR Toscana con la sentenza n. 6 del 15 gennaio 2007
precisa che nel caso di una baracca destinata a deposito attrezzi
agricoli, anche se non sia ancorata al suolo, la stessa non può
essere definita di natura precaria, essendo irrilevante al riguardo
la circostanza che il manufatto sia soltanto appoggiato al
suolo.
Nella sentenza viene precisato che le opere non potevano essere
realizzate senza concessione edilizia sia perché ricadevano in area
sottoposta a vincolo paesistico sia in quanto non erano
qualificabili come manufatti precari, visto che il concetto di
precarietà implica la intrinseca temporaneità dell’opera che,
quindi, non solo non deve risultare ancorata al suolo, ma
soprattutto deve avere una destinazione funzionale limitata nel
tempo, rispondente ad esigenze transitorie, e non durature.
Nel caso in esame,invece, il fatto stesso che il deposito di
attrezzi agricoli è funzionale alla coltivazione del fondo risulta
confliggente con la pretesa natura “precaria” dell’opera, essendo
irrilevante al riguardo la circostanza che il manufatto è soltanto
appoggiato al suolo.
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