Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto
Legislativo 26 gennaio 2007, n. 6 recante “
Disposizioni
correttive ed integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE, a norma dell’articolo 25, comma 3 della legge 18 aprile
2005, n. 62” che introduce alcune modifiche formali e di
dettaglio nel Codice dei contratti ma che continua a rinviare
l’entrata in vigore (ulteriore proroga all’1 agosto 2007) di alcuni
importanti istituti del Codice stesso tra i quali ricordiamo:
- l’appalto integrato nei settori ordinari (art. 53, commi 2 e
3);
- il dialogo competitivo (art. 58);
- l’accordo quadro nei settori ordinari (art. 59);
- l’ampliamento della trattativa privata ( artt. 56 e 57);
- le centrali di committenza (art. 33);
- l’abrogazione del criterio per l’aggiudicazione dei contratti
relativo alla maggiore entità di lavori e servizi che il general
contractor si impegna a subaffidare a terzi (art. 177, comma 4,
lettera f)
e dopo l’approvazione in via preliminare da parte del Consiglio dei
Ministri del 25 gennaio scorso di un secondo decreto correttivo che
per diventare legge dello Stato dovrà superare i passaggi alla
Conferenza Stato-Regioni, al Consiglio di Stato ed alle competenti
Commissioni parlamentari ma che contiene già importanti
modificazioni al Codice stesso, ci chiediamo il perché, a quasi un
anno dall’entrata in vigore, il Governo non abbia saputo ancora
definire le modifiche ai punti più controversi del Codice
(avvalimento, procedura negoziata, disciplina degli appalti sotto
soglia, nuove procedure di selezione), che sono stati recepiti
dalle direttive comunitarie ma che presentano una disciplina sulla
quale si sono manifestate notevoli perplessità da parte degli
operatori.
In verità l’unica affermazione possibile, a seguito di quanto
verificatosi dalla data di pubblicazione del Codice ad oggi è
quella di definire il Codice mai attuato nella sua interezza e già
superato nei fatti dalla volontà dell’attuale Governo,
manifestatasi sin dal giorno del suo insediamento, di renderlo in
gran parte non operativo ed a ciò sono volte tutte le vicende
verificatesi in questi mesi, alcune pirandelliane, che dimostrano
un “accanimento terapeutico” rivolto ad un soggetto (il Codice) che
sembra più che un nuovo strumento legislativo, “un morto che
cammina”. Ricordiamo, per non andare lontano nel tempo, quanto
verificatosi ultimamente sulle ulteriori modifiche al Codice che il
Ministro Antonio Di Pietro voleva far rientrare (con una procedura
che al mimino potrebbe essere definita audace) all’interno del
primo decreto correttivo che aveva già superato i previsti pareri
della Conferenza Stato-Regioni, del Consiglio di Stato e delle
Commissioni parlamentari ed il problema legato al fatto che se non
fosse stata emanata un’errata corrige successiva al primo decreto
correttivo, il Codice sarebbe entrato in vigore per quindici giorni
nella sua interezza. Ma ricordiamo anche i ricorsi, promossi da
numerose Regioni, per la declaratoria di illegittimità
costituzionale e l’insofferenza del sistema delle autonomie locali
ad un Codice che pare tener conto di tutto fuorché dei principi
costituzionali in materia di legislazione e di ripartizione delle
competenze normative fra Stato e Regioni, le delusioni palesate dal
mondo dei professionisti sul problema legato all’appalto integrato
che, invece, trova il consenso da parte delle Imprese ed il
problema legato alla necessaria predispozione di un regolamento
nuovo in sostituzione del precedente di cui al DPR n. 554/1999.
Siamo, comunque, fiduciosi e, nella speranza che tutti gli
operatori (professionisti, imprese, politici, ecc.) superino quelli
che a volte sono falsi preconcetti e non continuino a tirare dalla
loro parte una coperta di tessuto non troppo elastico, auspichiamo
che nel mondo dei lavori pubblici ritorni quella normalità
normativa che è alla base della qualità nella progettazione e nelle
realizzazioni.
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