La
Corte costituzionale, con
ordinanza n. 52 dello scorso
21 marzo, si è espressa in tema di impugnazione di delibere
condominiali con particolare riferimento ai condomini assenti in
sede di assemblea.
L’ordinanza in questione riguarda il giudizio di legittimità
costituzionale di cui all’articolo 24, degli articoli 1137, 1134 e
1135 del codice civile.
Il tribunale ordinario di Catania ha sollevato la questione della
legittimità nel corso di un giudizio civile avente ad oggetto
l’opposizione ad una delibera condominiale ed il conseguente
decreto ingiuntivo ad un condomino, per il fatto che la
comunicazione della delibera stessa al condomino assente determini
il decorso iniziale dei 30 giorni solo se presidiata dalle medesime
garanzie di conoscibilità dell’atto previste per la notificazione
degli atti giudiziari.
Nel caso in questione, ci si avvaleva della garanzia secondo la
quale il postino aveva lasciato affisso presso la porta
dell’abitazione del condomino al quale si doveva notificare la
comunicazione della delibera assembleare, un avviso di raccomandata
restituita al mittente per mancato ritiro oltre i termini e non
potendo, quindi, egli stesso beneficiare della sospensione
feriale.
Preme sottolineare che il termine dei 30 giorni di cui all’articolo
1137 del codice civile è un termine cosiddetto sostanziale a
rilevanza processuale, in rapporto al quale con sentenza n. 49 del
1990, la Corte Costituzionale stessa ha già precedentemente
stabilito l’applicabilità della sospensione feriale. Per tale
motivo, quindi, il tribunale ordinario di Catania ha ritenuto che
debba essere dichiarato illegittimo a livello costituzionale
l’articolo 1135 del codice civile secondo il quale le dichiarazioni
negoziali unilaterali si presumono conosciute nel momento in cui
giungono all’indirizzo del destinatario, ossia in tutti i casi e,
quindi, anche nei casi in cui il momento della conoscenza segni il
decorso iniziale del termine di decadenza entro il quale poter
adire quelle vie giudiziali che rappresentino per il titolare
l’unico rimedio.
Il tribunale, a sostegno della tesi, ha richiamato la sentenza n.
346 del 1998 della Corte Costituzionale nella quale è stato
stabilito che la differente modalità di notifica a mezzo posta ed
eseguita personalmente da ufficiale giudiziario, non deve
comportare una diminuzione delle garanzie per il destinatario del
primo mezzo di notifica, soprattutto quando, come nel caso in
questione, la raccomandata postale sia restituita al mittente dopo
un periodo di giacenza molto breve, soprattutto nei casi di ferie
estive.
Tutto comprensibile, seppur privo di sostegno giursprudenziale in
quanto l’ordinanza presenta numerose e gravi lacune in ordine alla
descrizione della fattispecie sottoposta all’esame del giudice, non
specificando, prima tra ogni cosa, il tempo tecnico dopo il quale
la raccomandata sia stata restituita al mittente, non chiarendo di
quale tipo di delibera si tratti e quale vizio la parte ricorrente
abbia fatto valere (l’articolo 1137 del codice civile, infatti, si
applica solo nel caso di delibere annullabili e non a quelle nulle)
e non prendendo in adeguata considerazione la giurisprudenza in
essere che sostiene la tesi secondo la quale la presunzione di
conoscenza ammette sempre prova contraria a condizione che il
destinatario dimostri di essere stato impossibilitato a ricevere la
comunicazione della delibera assembleare.
La Corte Costituzionale, quindi, ne ha respinto la questione per
manifesta inammissibilità non ritenendo necessario ulteriore esame
approfondito della materia.
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