Nessuna rilevanza urbanistica dei cosiddetti volumi tecnici, tali
dovendo i piccoli volumi accessori, con funzioni serventi
all'allocazione di impianti e dispositivi tecnologici, quali vani
caldaie, vani frigorifero o vani scale, inidonei a soddisfare
alcuna finalità residenziale, completamente privi di una propria
autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinati a
contenere impianti serventi di una costruzione principale, per
esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa.
E’ questa la conclusione riaffermata dal
TAR Campania con
sentenza n. 645 del 31 marzo 2014.
La vicenda riguarda il proprietario di un immobile sito in zona A
di PRG il quale, nell’effettuare dei lavori di ristrutturazione con
l’uso di fondi di cui alla legge n. 219 del 1981, aveva proceduto
ad eseguire
opere difformi rispetto a quanto stabilito nel
titolo edilizio conseguito e chiesto istanza di accertamento di
conformità ai sensi dell’articolo 36 del DPR n. 380 del 2001. Il
comune negandone l’accoglimento, giustificava la scelta poiché “la
realizzazione delle scale esterne costituisce copertura e quindi in
contrasto con l’art. 29 comma 7 del R.E.; l’ampliamento previsto al
piano terra è in contrasto con il P.R.G. ed il P.d.R. in quanto il
fabbricato ricade in zona A del P.R.G. e B-C del P.d.R. dove non
cono consentiti aumenti volumetrici; il locale denominato “volume
tecnico” non è interrato e costituisce impatto ambientale”.
Per il proprietario, quindi, si è aperta la strada del ricorso in
giudizio per l’annullamento del rigetto della richiesta del
permesso di costruire in sanatoria ma i giudici, verificati i
documenti a sostegno delle due posizioni, hanno dichiarato
l’improcedibilità del ricorso introduttivo ma hanno annullato il
provvedimento con cui l’Amministrazione comunale rigettava
l’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. n.
380/2001.
Il Comune, infatti, prima di negare la conformità avrebbe dovuto
verificare se l’intervento fosse o meno riconducibile ad una
categoria di ristrutturazione edilizia e se sussistesse una delle
ragioni ostative delineate dalla normativa in vigore, cosa che non
è avvenuta.
Il giudizio espresso, inoltre, richiama l’attenzione sul fatto che
la sola modifica volumetrica non costituirebbe sic et simpliciter
causa ostativa al rilascio dell’autorizzazione in quanto, proprio
la normativa in vigore prevede casi in cui modifiche volumetriche
potrebbero essere compatibili con la situazione di ristrutturazione
edilizia.
I giudici del TAR, infatti, hanno rilevato che:
- l'art. 167 d. lgs. 42/2004 non esclude affatto che il volume
tecnico, rispetto alla nozione di volume edilizio, possa ricevere,
in considerazione della peculiare destinazione funzionale, una
valutazione differenziata, caso per caso, suscettibile di
concludersi con l'autorizzazione paesaggistica postuma, qualora in
concreto il manufatto non presenti elementi incompatibili o
comunque di estraneità con il paesaggio nel quale è destinato a
collocarsi;
- la circolare del Segretario generale n. 33 del 26 giugno 2009,
nel dettare talune linee interpretative ed operative ai fini
dell'autorizzazione paesaggistica postuma, ai sensi del menzionato
art. 167 d. lgs. 42/2004, chiarisce che "per volumi s'intende
qualsiasi manufatto costituito da parti chiuse emergente dal
terreno o dalla sagoma di un fabbricato preesistente
indipendentemente dalla destinazione d'uso del manufatto", per poi
precisare: "ad esclusione dei volumi tecnici".
Consegue, quindi, che la connotazione tecnica dei volumi contestati
dal Comune ne consente la sottoposizione al vaglio di compatibilità
paesaggistica postuma, onde apprezzarne in concreto l’incidenza sul
paesaggio e l’eventuale sanabilità.
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