Da oggi
in vigore le tre nuove direttive europee relative ad
appalti pubblici di lavori, servizi e forniture e settori
esclusi in sostituzione delle due direttive 2004/18/CE e
2004/17/CE
e la nuovissima direttiva concessioni e gli Stati
membri
entro il 17 aprile 2016 dovranno mettere in vigore le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie
per conformarsi alle direttive stesse.
L'obbligo di recepimento impone al Ministro delle Infrastrutture
Maurizio Lupi, se si vuole utilizzare la possibilità di un
recepimento delle direttive con un decreto legislativo, la
necessità di mettere a punto, d'intesa con il dipartimento per gli
Affari europei, i
criteri guida della riforma da trasferire nel
disegno di legge delega che permetterà, appunto, al Governo di
riscrivere la norme che disciplineranno il mercato dei contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei
settori speciali e delle concessioni.
Dalla pubblicazione ad oggi, l'attuale
Codice dei contratti
(D.Lgs. n. 163/2006) ed il
Regolamento di attuazione (D.M.
n. 207/2010) per un
totale di oltre 600 articoli hanno
subito una miriade di modifiche, a volte anche ondivaghe, difficili
da seguire e da metabolizzare.
Deve essere chiaro che non è più possibile andare avanti con
modifiche (con decreti-leggi e leggi di modifica che molto spesso
abrogano modifiche precedenti), deliberazioni, determinazioni,
segnalazioni, risoluzioni, emendamenti, interpretazioni, sentenze e
che è giunta l'ora di mettere un punto alla farraginosità, pessima
comprensione ed applicazione delle norme sui lavori pubblici che,
di fatto, hanno provocato i problemi che conosciamo ed hanno
portato l'
Italia al primo posto in Europa per la corruzione
negli appalti pubblici.
L'occasione dell'obbligatorietà del recepimento delle nuove
direttive pone il problema sul
metodo da utilizzare e sono
possibili
due alternative.
La prima è quella di
continuare con la strategia delle correzioni dell'attuale
assetto normativo per adeguarlo alle nuove direttive continuando
nella stratificazione di norme.
La seconda è quella di
riscrivere un testo più agile e più snello e per procedere
all'abrogazione sia del Codice dei contratti che del Regolamento di
attuazione.
Il direttore generale delle Infrastrutture
Bernadette Veca
che ha la responsabilità del recepimento delle direttive nel nostro
ordinamento, in un recente incontro a Bologna, ha precisato che
"
Le nuove direttive sono un'occasione imperdibile, per
rivoluzionare l'intero assetto non basta un semplice
maquillage" facendo intendere che l'intenzione è quella di
utilizzare la seconda alternativa.
Anche il ministro delle Infrastrutture
Maurizio Lupi, ha,
recentemente, mostrato la
volontà di una riforma radicale
per una
forte semplificazione e non ha nascosto la volontà
di
eliminare o ridimensionare l'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori servizi e forniture.
Altro problema è quello relativo alle
stazioni appaltanti ed
al
sistema di qualificazione.
Le stazioni appaltanti dovrebbero passare dalle attuali 34.000 ad
un massimo di qualche decina, così come previsto, anche, nel "piano
Cottarelli" sulla revisione della spesa pubblica.
Lo scopo sarebbe quello di arrivare ad un
numero limitato di
stazioni appaltanti molto qualificate con la novità della
formazione obbligatoria per i funzionari incaricati di aggiudicare
i contratti, ritagliando a questo scopo una piccola percentuale del
quadro economico dell'intervento come oggi accade per la
progettazione in house.
Per quanto concerne il sistema di qualificazione
Bernardette
Veca ha affermato che "
Sia ilvecchïo albo nazionale, che
l'attuale sistema fondato sulle Soa hanno messo in evidenza pesanti
criticità; non è un tabù pensare a una qualificazione gara per gara
come accade in altri paesi europei".
In pratica sembra che si vada verso un
nuovo sistema di
qualificazione delle imprese che dovrebbe cancellare le Soa,
per altro, al centro dell'attenzione di queste ultime settimane per
le inchieste della procura di Roma sulle attività delle stesse.
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