L’Italia è ammalata. Come dimostra il XVIII rapporto annuale
presentato da Legambiente in occasione di Ambiente Italia 2007, il
bel Paese è in ritardo rispetto l’Europa ed, in particolare, come
afferma Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente,
presentando la XVIII edizione del rapporto di Legambiente:
“L’Italia ha bisogno di infrastrutture utili e pulite per
contrastare i mutamenti climatici, l’inquinamento, la congestione
da traffico: servono impianti eolici e solari, rigassificatori,
metropolitane, ferrovie. Questa è la via che proponiamo, contro il
Nimby che dice no a tutto e ignora l’interesse generale, contro le
grandi opere che servono soltanto a chi le progetta e costruisce,
dal Ponte sullo Stretto all’autostrada tirrenica”.
Nel rapporto di Legambiente è evidenziato come il trend italiano
sia in netta controtendenza rispetto a quelli dei maggiori Paesi
europei e che, nonostante gli sforzi fatti per incentivare le fonti
rinnovabili, il contributo delle stesse rispetto ai consumi
energetici complessivi è calato: nel 2005 le fonti rinnovabili
hanno pesato il 6% in meno sul mix energetico, per effetto
soprattutto della riduzione della produttività degli impianti
idroelettrici. Nel settore elettrico, l’incidenza delle rinnovabili
nell’ultimo quinquennio è stata del 17,6%, un punto in meno della
media dei precedenti cinque anni. Le fonti fossili coprono l’88%
dei consumi energetici, alla faccia del Protocollo di Kyoto e della
necessità di potenziare l’energia pulita. Siamo in ritardo anche
nello sviluppo dell’energia eolica, che pure rimane la fonte pulita
più diffusa in Italia: 6 MW eolici ogni 1000 abitanti, contro i 20
della Spagna, i 52 della Germania, i 73 della Danimarca.
Praticamente statico il livello d’efficienza delle centrali
termoelettriche, che passa dal 40,1% del 2000 al 40,2% del 2004, 8
punti percentuali in meno rispetto alla media europea. Direttamente
collegato a questi numeri è il nostro drammatico ritardo nella
lotta ai mutamenti climatici: le emissioni di gas serra sono
cresciute del 12,1% rispetto ai livelli del 1990, mentre in Europa
c’è stata nello stesso periodo una contrazione di circa mezzo punto
percentuale: “Qui allora – ha sottolineato Della Seta – c’è da dire
un primo, sonoro sì: agli impianti eolici, ai pannelli solari
termici e fotovoltaici, anche ai rigassificatori visto che il gas è
il combustibile fossile di gran lunga meno inquinante. Vanno fatti
rispettando l’ambiente, ma vanno fatti, perché sono indispensabili
per rendere più sostenibile il nostro modo di produrre e consumare
energia. Per questo abbiamo accolto con favore l’inizio di svolta
nella politica energetica segnato dall’ultima finanziaria e dal
recente pacchetto di misure varato dai ministri Bersani e Pecoraro:
finalmente si comincia a capire che ridurre la dipendenza dal
petrolio, scommettere sull’efficienza energetica e sulle
rinnovabili, è uno dei più urgenti interessi dell’Italia”.
Ma l’energia non è l’unico tasto dolente, altro fronte caldo è
quello della mobilità. L’Italia è il Paese europeo dove le persone
si spostano di più a motore (mediamente ogni abitante fa 15.000
chilometri l’anno, +31% rispetto alla media europea e addirittura
+60% rispetto alla Germania). E nel trasporto terrestre
l’automobile copre circa l’82% della domanda. Abbiamo anche altri
record negativi: ci sono 60 macchine ogni 100 abitanti, 10 in più
rispetto agli altri Paesi europei, e si vendono appena 24
biciclette ogni 1000 abitanti, metà della media europea. I
risultati di questa congestione sono sotto gli occhi (e il naso) di
tutti: livelli record di polveri sottili (le nostre città,
soprattutto quelle settentrionali, sono le più inquinate in Europa
da Pm10), centri urbani dove ci si muove con una esasperante
lentezza, una elevata incidentalità stradale (93 morti per milione
di abitanti, due in più rispetto alla media Ue). Anche in questo
caso, per Legambiente servono dei grandi e rapidi sì a nuove
infrastrutture: a quelle ferroviarie come a quelle per il trasporto
pubblico locale (tram, metropolitane, parcheggi di scambio). Ma il
sì deve venire anche da chi governa: bisogna fare della
manutenzione delle città, della riorganizzazione della mobilità in
ambito metropolitano, l’opera pubblica prioritaria in Italia.
La fotografia che restituisce il rapporto di Legambiente è quella
di un Paese fermo che non ha la volontà (non la capacità) di
rinnovarsi investendo in ricerca e sviluppo: spendiamo per ricerca
e sviluppo meno della metà della Germania e un quarto della Svezia,
e la bilancia dei pagamenti tecnologici mostra incassi irrisori, un
forte deficit e un basso volume d’acquisti e di scambi (le
esportazioni italiane di alta tecnologia rappresentano infatti il
7,1% del totale dell’export, contro il 18% della media dell’Unione
europea a 25).
Ma non tutto sembra immobile, segnali positivi si possono osservare
dal dinamismo delle piccole dimensioni locali: la percentuale di
superficie agricola coltivata a biologico è doppia rispetto alla
media europea, crescono le certificazioni ambientali (l’Italia è il
quarto Paese al mondo per numero di siti certificati ISO 14001,
alle spalle di Giappone, Cina e Spagna e seconda solo a Germania e
Spagna per la Emas, la certificazione Ue), l’estensione delle aree
protette sfiora ormai l’11%, i visitatori di musei e siti
archeologici d’interesse nazionale hanno superato i 30 milioni con
un aumento del 30% rispetto ai primi anni ’90. Ammonta poi a circa
5 milioni di ettari (il 16,5% del territorio nazionale, in parte
sovrapponibile con parchi e aree protette) il patrimonio di Rete
Natura 2000, l’insieme delle zone di conservazione speciale
definite ai sensi della direttiva europea Habitat e individuate con
i siti di interesse comunitario (Sic) e le Zone di protezione
speciale (Zps). Resta invece grave, gravissima, la situazione
dell’abusivismo edilizio, rilanciato alla grande dall’ultimo
condono del governo Berlusconi: nel 2005 sono state più di 30000 le
nuove costruzioni illegali, quasi il 109% in più del 2000.
In definitiva, il XVIII rapporto di Legambiente conferma che
l’ambiente nel nostro Paese è un problema persino più rilevante che
nel resto d’Europa, ma testimonia al tempo stesso che può essere,
più ancora che altrove, una soluzione: “Oggi – ha concluso Della
Seta – con l’acuirsi delle drammatiche evidenze del cambiamento
climatico e con le crescenti tensioni sull’approvvigionamento
energetico, le tematiche ambientali sono protagoniste indiscusse di
una credibile prospettiva di benessere, che promuova la qualità, la
conoscenza, la ‘soft economy’. La visione ambientalista ha tutte le
carte in regola per proporsi come risposta convincente e vincente
ai rischi presenti e futuri, ma deve liberarsi dalla nostalgia e
dal lamento e trovare il coraggio di proporsi come via del
cambiamento, della riforma, di una rinnovata idea di
progresso”.
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