Quando si parla di contributi previdenziali e professioni tecniche
bisogna fare molta attenzione. In questo periodo di luglio,
soprattutto architetti e ingegneri sono in preda a convulsioni
inarcassiane e qualsiasi parola fuori luogo potrebbe alterare
equilibri già di per sé abbastanza squilibrati.
Tra le professioni dell'area tecnica, c'è però una Cassa che negli
anni ha saputo gestire bene il proprio patrimonio a favore di chi i
contributi li paga e si aspetta che una cassa di previdenza faccia
semplicemente la cassa di previdenza, ovvero fornisca un servizio
utile a chi mensilmente dedica parte dei propri ricavi a favore del
proprio futuro. Sto parlando di
ENPAIA, la Cassa del
Collegio Nazionale degli Agrotecnici che pochi giorni fa ha vinto
un ricorso al Consiglio di Stato (sentenza n. 3859 del 18 luglio
2014) definito storico perché restituisce alle Casse di previdenza
"virtuose" piena autonomia sulla rivalutazione dei contributi
pensionistici.
La vicenda trae le sue origini dalla volontà dell'ENPAIA di
aumentare il tasso di capitalizzazione del 50% del montante
contributivo ai fini della determinazione della pensione dei propri
iscritti, ritenendo che fossero derogabili le modalità previsto
dall'art. 1, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma
del sistema pensionistico obbligatorio e complementare). La volontà
della Cassa si è tradotta nella deliberazione 12 aprile 2012, n. 3
che non è però stata approvata dal direttore generale per le
politiche previdenziali ed assicurative del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia
e delle finanze che con atto del 18 gennaio 2013 ne hanno rigettato
i contenuti.
Dopo aver perso il ricorso in primo grado, l'ENPAIA ha presentato
ricorso dinanzi al Consiglio di Stato il quale ha rilevato come
l'impianto normativo in tema pensionistico preveda che le Casse di
previdenza debbano rivalutare le pensioni utilizzando, quale
indice, la media del prodotto interno lordo nazionale degli ultimi
cinque anni, stabilendo pure un trattamento obbligatorio minimo che
va assicurato, ma
non vietando che le singole Casse possano,
senza oneri per lo Stato, prevedere, utilizzando, come nella
specie, gli utili di gestione, una rivalutazione maggiore che
consente di erogare trattamenti pensionistici più alti. La
determinazione assunta dal Ministero vanifica, in assenza di una
norma imperativa di legge.
In definitiva, gli Enti virtuosi, in virtù di una propria autonomia
negoziale collettiva, possono prevedere una rivalutazione dei
contributi pensionistici che porti ad erogare pensioni più
alte.
Grande soddisfazione da parte del Collegio degli Agrotecnici che
hanno ammesso come la sentenza abbia
"definitivamente
scardinato il principio, fino all'ultimo difeso dal Ministero del
Lavoro, per cui la previdenza dei professionisti doveva essere,
sempre e comunque, "tutta uguale", anche quando i rendimenti dei
contributi per effetto del meccanismo di calcolo erano pressoché
pari allo zero, con il risultato di deprimere all'inverosimile le
future pensioni (come in effetti è avvenuto negli ultimi
anni)".
Come rilavato dagli Agrotecnici
"La libertà nell'autonomia
negoziale delle Casse previdenziali, loro restituita dalla sentenza
n. 3859/2014, non è solo un atto di giustizia e di buon senso, ma è
anche un premio alle Casse che meglio sono amministrate, che
possono ora distinguersi da quelle peggio amministrate, così come
evangelicamente viene diviso "il grano dal loglio", cioè la semente
buona da quella meno buona".
Il commento del Collegio degli Agrotecnici
Il Collegio degli Agrotecnici ha, inoltre, definito gli effetti di
questa sentenza nei confronti delle altre Casse di previdenza e nei
confronti dei liberi professionisti.
"Ciascuna Cassa di previdenza, se in regola con la
sostenibilità previdenziale e con i conti, potrà rivalutare
maggiormente i contributi versati dagli iscritti, rispetto a quanto
previsto per legge: ciò significa, a fine vita lavorativa,pensioni
più alte. Anche notevolmente più alte. Nell'attuale sistema
contributivo l'importo delle future pensioni dipende
sostanzialmente da due fattori: 1. da quanto ciascun "previdente"
versa (tanto più alto sarà il versato, maggiore sarà la pensione);
2. dalla percentuale di rivalutazione dei contributi previdenziali
(dove l'insieme dei contributi versati e della loro rivalutazione
costituisce il "montante previdenziale")".
La legge n. 335/96 si preoccupa di garantire una percentuale
minima di rivalutazione dei contributi previdenziali (identica per
tutte le Casse di previdenza dei professionisti, da cui la
generalizzazione del problema) in basealla media quinquennale del
PIL, così come determinata dall'ISTAT che, a seguito della
perdurante stagnazione economica, ha subito nel tempo la seguente
riduzione:
Anno |
Indice di rivalutazione
PIL/ISTAT |
2005 |
4,05% |
2006 |
3,54% |
2007 |
3,39% |
2008 |
3,47% |
2009 |
3,32% |
2010 |
1,79% |
2011 |
1,62% |
2012 |
1,13% |
2013 |
0,16% |
mentre per il corrente anno e per quelli successivi si prevede un
incremento pressoché pari a zero (in ragione del perdurare del PIL
negativo). Questa costante riduzione della percentuale di
rivalutazione dei contributi previdenziali compromette in maniera
significativa l'entità delle future pensioni, le quali (prima della
sentenza n. 3859/2014 del Consiglio di Stato) erano destinate ad
essere del tutto insufficienti a garantire una dignitosa
esistenza.
Nel 2011 la Cassa di previdenza degli Agrotecnici e degli
Agrotecnici laureati comprese per tempo gli effetti devastanti
della diminuzione dell'indice di rivalutazione del montante
contributivo, e perciò decise di aumentarlo del +50%, utilizzando
parte degli utili annuali. Ed altrettanto venne fatto per gli anni
futuri, sicché l'indice di rivalutazione (per gli iscritti alla
Cassa degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati) sarebbe
risultato il seguente:
ANNO
|
INDICE PIL/ISTAT
(per tutti)
|
INDICE
AGROTECNICI
|
2011
|
1,6165
|
2,4247% (+50%)
|
2012
|
1,1344
|
1,7016% (+50%)
|
2013
|
0,1643
|
1,500% (+912%)
|
garantendo sempre e comunque una rivalutazione mai inferiore
all'1,50%, livello ritenuto minimo per garantire future, adeguate
pensioni.
Chiesta al Ministero del Lavoro l'autorizzazione a procedere, la
Cassa previdenziale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati
se la vide negare sulla scorta del fatto che -secondo il Ministero-
tutte le Casse professionali dovevano rivalutare i contributi
previdenziali nella stessa identica misura, quindi assurdamente
negando la possibilità di fare meglio (per chi ne fosse
capace).
A riportare certezza del diritto è intervenuta ora la sentenza del
Consiglio di Stato n. 3859/2014 che, ribaltando il precedente
negativo del TAR Lazio e sconfessando il Ministero del Lavoro,
consente alla Cassa di previdenza degli Agrotecnici di dar corso
alle maggiori rivalutazioni.
Pertanto un laureato in agraria iscritto all'Albo degli Agrotecnici
e degli Agrotecnici laureati, rispetto allo stesso laureato
iscritto in un diverso Albo del settore, potrà avere una pensione
significamente più alta, pagando l'uno gli stessi contributi
dell'altro.
Una vere e propria rivoluzione previdenziale".
© Riproduzione riservata