Al fine di contrastare l’evasione fiscale in edilizia e impedire
che il subappaltatore non versi l’IVA incassata dall’impresa
subappaltante, l'1 gennaio 2007 è partita l'inversione contabile
nei confronti dei subappalti che estende il meccanismo alle
prestazioni di servizi rese dai subappaltatori, rendendo l’impresa
subappaltante debitrice dell’imposta.
Nonostante i diversi dubbi, le tante interpretazioni e i pochi
chiarimenti da parte della Amministrazione finanziaria, parecchi
restano i punti oscuri di questa procedura. Ciò che è certo è che
il meccanismo si applica in caso di rapporti di subappalto o
d’opera e che le prestazioni di servizi e di mano d’opera devono
essere rese nei confronti di imprese edili che svolgono attività di
costruzione o ristrutturazione di immobili e per i quali deve
esistere un contratto di subappalto.
Ulteriore presupposto per l’applicazione dell’inversione contabile
è l’esistenza di un contratto di subappalto tra l’impresa
appaltatrice dell’appalto principale e chi esegue determinate nei
suoi confronti prestazioni nell’ambito dell’edilizia. In questo
senso sono esclusi dal meccanismo i rapporti associativi e
consortili.
Tre sono gli attori che entrano in gioco in questo meccanismo,
ovvero:
-
committente: è la parte che mette a disposizione il denaro
per la realizzazione di un’opera o un servizio, affidando
l’incarico ad una seconda parte;
-
appaltatore (o impresa appaltatrice): è la parte che si
assume l’incarico, nonché la responsabilità, di realizzare l’opera
o il servizio a fronte di un pagamento in denaro, mettendo a
disposizione i propri mezzi, a sua volta l’appaltatore potrà, con
un contratto di subappalto, affidare la realizzazione di una parte
del contratto principale ad una terza parte a fronte di una
pagamento in denaro;
-
subappaltatore: è la terza parte che, a fronte di un
contratto di subappalto, potrà mettere a disposizione il proprio
capitale intellettuale e materiale per la realizzazione di un’opera
o servizio, assumendosi la propria responsabilità nei confronti
dell’impresa subappaltante.
Affinché l’inversione contabile si possa applicare è necessaria
l’esistenza di due contratti che leghino i tre attori: un primo
contratto di appalto tra il committente e l’appaltatore, un secondo
contratto di subappalto tra l’appaltatore, divenuto impresa
subappaltante, e il subappaltatore. Ma è bene precisare che la
catena dei subappalti che possono sussistere tra il subappaltante e
il subappaltatore si può spezzare se entra in gioco un contratto di
vendita con posa in opera. Si pensi ad esempio ad un appaltatore
che per la realizzazione degli infissi di un fabbricato si rivolge
ad commerciante realizzando un contratto di vendita con posa in
opera: in questo caso il reverse charge non è applicabile, in
quanto non esistono i presupposti, ossia il contratto di
subappalto. Nel caso in cui il commerciante di rivolge ad una
impresa per la realizzazione della posa in opera, in questo caso si
avrebbe un contratto di appalto e non di subappalto, per cui anche
qui non si applica il riverse charge. Nel caso in cui è
l’appaltatore che si rivolge ad una terza impresa per la posa in
opera degli infissi, allora si realizzerebbe un contratto di
subappalto con la conseguente applicazione dell’inversione
contabile.
Resta da chiarire, dunque, la differenza tra contratto di
subappalto e contratto di vendita. Le caratteristiche del contratto
di subappalto che lo distinguono da quello di vendita sono:
1) nel contratto di subappalto l’appaltatore deve essere un’impresa
mentre in quello di vendita può essere un privato;
2) il contratto di subappalto si compie nella realizzazione di
un’opera o di un servizio, mentre quello di vendita nella
fornitura.
L’ambito delle attività rientranti nel reverse charge è individuato
dalla tabella di classificazione delle attività economiche Atecofin
(2004) e dalla circolare n. 37/E del 2006 dell’Agenzia delle
Entrate.
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