Sembra ieri quel
12 ottobre 2006 quando architetti,
ingegneri, geologi, geometri, avvocati, commercialisti e altri
esponenti di vari ordini professionali manifestavano a Roma uniti
contro il decreto Bersani che con la scusa della "liberalizzazione
del mercato" e perché lo "chiedeva l'Europa" ha fatto forse il
primo grosso errore nei confronti sia del patrimonio intellettuale
italiano e del mercato:
eliminare le tariffe
professionali.
Non è, infatti, un mistero che da questa mossa siano poi partire
una serie di azioni volte principalmente non ad affermare e
potenziare uno dei fiori all'occhiello del Paese, ma a demonizzare
e massacrare una classe di professionisti che negli ultimi 50 anni
era stata invidiata dal mondo intero.
Una decina di giorni fa ho pubblicato un articolo in cui chiedevo
il perché dell'eliminazione dei minimi tariffari (
clicca qui), rilevando come la Germania
il 28 aprile 2009 avesse aggiornato, dopo 14 anni, le tariffe
obbligatorie per le prestazioni di ingegneri e architetti
(Honorarordnung für Architekten und Ingenieure - HOAI), per poi
aggiornarle nuovamente nel 2013.
Come mai uno dei Paesi economicamente più floridi dell'UE procedeva
ad aggiornare le tariffe professionali se "l'Europa voleva la
liberalizzazione dei mercati"?Semplice, perché l'Europa non ha mai
obbligato gli Stati membri ad un'operazione di questa natura e la
dimostrazione è data proprio dal Paese più rappresentativo
dell'UE.
Giorni fa il presidente del CNI
Armando Zambrano, nonché
coordinatore della Rete delle Professioni Tecniche (RPT) mi ha
inviato una nota in cui ha affermato che
"In merito alle
tariffe professionali per ingegneri e architetti in Germania, noi
con il nostro Centro studi le abbiamo tradotte in italiano proprio
per evidenziare ai nostri legislatori che non esiste alcun
impedimento europeo al mantenimento di un regime tariffario
obbligatorio. Le tariffe tedesche (che sono state ulteriormente
aggiornate nel 2013) ne sono una perfetta dimostrazione. Peraltro
anche nelle istituzioni europee si afferma con sempre maggiore
frequenza che le tariffe possono costituire uno strumento utile
alla protezione dei consumatori. I nostri legislatori, nonostante
le nostre argomentate sollecitazioni, non hanno per ora mostrato
alcun ripensamento rispetto agli interventi di "liberalizzazione"
portati avanti negli anni scorsi".
Considerato che è ormai risaputo che gli eventuali "ripensamenti"
dei nostri legislatori sono figli di una potente azione portata
avanti dalle varie
lobbies che regolano il Paese, ci
auguriamo che la
Rete delle Professioni Tecniche
rappresentando 600.000 professionisti, possa riuscire a far le
giuste pressioni, magari anche attraverso un vero e
proprio sciopero nazionale, affinché si possa tornare ad avere
delle tariffe di riferimento che possano essere utili a ravvivare
la categoria ma soprattutto a garantire quella qualità che negli
ultimi anni è mancata e che ha danneggiato il mercato più che
liberalizzarlo.
Credo sia, infine, utile ricordare come le prime tariffe
professionali siano nate in un contesto ben diverso da quello
attuale (1949) e che siano state aggiornate nel valore ma mai
mutate in funzione delle diversificate esigenze dei professionisti
e dei committenti. Se è vero che nei lavori privati le stesse non
venivano quasi mai applicate, credo nessuno possa discutere che
l'eliminazione dei riferimenti tariffari sia stata la vera pietra
miliare cui hanno poggiato tutti i successivi provvedimenti che
hanno snaturato e mortificato le professioni tecniche. Dunque mi
chiedo: perché non ritornare alle origini, considerato che queste
pseudo liberalizzazioni e progressi non hanno portato i tanto
desiderati risultati?Guardarsi indietro ed ammettere
"abbiamo
sbagliato" è forse sinonimo di sconfitta?
Lasciando come sempre a voi l'ultima parola, vi ricordo che i
vostri commenti sono preziosi al fine di aprire un dibattito serio
e costruttivo che possa portare idee utili. Vi prego, dunque, di
evitare discorsi di natura politica, attacchi ed espressioni
volgari.
© Riproduzione riservata