Il bello dei social network è che spesso ti danno la possibilità di
scoprire nuove persone, nuovi modi pensare e a volte tra questi c'è
qualcosa che ti colpisce particolarmente. E' il caso di
Matteo
Saudino e della sua pagina Facebook (
clicca qui) con la quale di presenta
come
"Insegnante di Filosofia e Storia. Libero pensatore e
cittadino del mondo".
Il post che vi riporto di seguito non c'entra granché con il
settore delle costruzioni o quasi...Mi ha, comunque, colpito e
voglio condividerlo con voi nella speranza che pur non
interessandovi possa strapparvi un sorriso.
"C'è stato un tempo in cui ho amato il mio nome.
Erano i rampanti anni '80, gli anni della Milano da bere, dei
governi del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani), dell'aerobica a stelle e
strisce di Jane Fonda, di Dallas e dei Puffi su canale 5 e del
Drive in su Italia 1. Il mio nome mi piaceva un sacco: poco
diffuso, originale senza essere esotico, breve, immediato, poco
storpiabile, riconducibile a diminutivi simpatici: Teo, Matte,
Matti. E soprattutto non facente rima con nulla di volgare o
traumatizzabile per un adolescente. Matteo-Babbeo era il massimo
dello sfottò.... più che accettabile direi. Con il raggiungimento
dell'età della ragione e con la conseguente uscita dalla condizione
di minorità che l'uomo deve imputare a se stesso (grazie Kant) sono
iniziati i primi problemi. Con l'uccisione di dio (morte avvenuta
ancor prima dell'incontro con i miei grandi maestri Hume,
Feuerbach, Marx e Nietzsche), il mio nome cominciava ad essere
impegnativo e inappropriato: Matteo, ovvero l'inviato di Dio, era
decisamente troppo per un ateo impenitente come il sottoscritto,
anche se cresciuto amando il Gesù dei discorsi della montagna.
Nonostante ciò, il mio nome continuava a piacermi...i miei genitori
avevano fatto proprio una buona scelta. Tale moderato orgoglio è
durato sino a qualche anno fa, quando alcuni di quei pochi Matteo
nati negli anni settanta sono purtroppo giunti alla ribalta della
cronaca, diventando addirittura i principali leader politici del
nostro Belpaese. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto devo sentire il
mio nome abbinato ad un razzista, demagogo, dal pensiero binario
(che dopo aver insultato napoletani e meridionali si propone come
loro guida) e ad un ducetto fiorentino, tanto amato da
Confindustria, che in un anno è riuscito a smantellare lo statuto
dei lavoratori, rendendo il lavoro ancor più una merce precaria, e
che ora vuole trasformare la scuola in un'azienda pronta a sfornare
non più cittadini critici, ma consumatori-lavoratori precari (a
parte le scuole del lusso, quelle in grado di recuperare fondi e
sponsor, frequentate dai figli della medio-alta borghesia italiana,
che riusciranno sempre a offrire un percorso formativo utile a
perpetuare la scarsa ,mobilità sociale che caratterizza
l'Italia).
I Matteo figli della tv berlusconiana sono giunti al potere e
stanno riuscendo dove aveva fallito il loro padre putativo:
svuotare la democrazia italiana, sia nella forma sia nella
sostanza.
Così ora, ogni volta che sento pronunciare il mio nome, un brivido
di rabbia, misto a tristezza, percorre il mio corpo e scende
lentamente nella mia anima (rigorosamente mortale e materiale come
sosteneva il mio amato Democrito).
Non mi resta che attendere che un Matteo Guevara o un Matteo Luthe
King riabiliti al più presto il mio nome. Ma visti i tempi, potrei
anche accontentarmi di un Matteo Delpiero che mi regali una Coppa
Campioni o un Matteo Zorzi un mondiale di pallavolo".
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