Anticorruzione: i Consigli nazionali e gli Ordini professionali dovranno adeguarsi

16/11/2015

Due recenti sentenze depositate il 24 settembre 2015 dal TAR Lazio, terza sezione, n. 11391/2015 e n.11392/2015 che hanno ritenuto infondati i ricorsi presentati dal Consiglio nazionale forense e da 59 Consigli degli Ordini forensi, hanno confermato l’incompatibilità delle cariche per Presidenti e VicePresidenti degli Ordini Professionali che sono, anche, Deputati e Senatori.
In pratica erano state impugnate la delibera n. 145/2014 dell’ANAC recante “Parere dell’Autorità sull’applicazione della L. 190/2012 e dei decreti delegati agli Ordini e Collegi professionali” e la delibera n. 144/2014Obblighi di pubblicazione concernenti gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni”.
Con le due citate delibere l’ANAC riteneva immediatamente applicabili agli Ordini professionali le disposizioni della legge 6/11/2012 n. 190 (legge anticorruzione) e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (decreto attuativo) che obbliga Ordini e Collegi professionali ad adeguarsi alle norme sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione.

Ma le due Sentenze del TAR hanno, anche, un’altra valenza che è quella di confermare, ove ce e fosse stato bisogno, che gli Ordini professionali previsti nell’attuale ordinamento sono, senza ombra di dubbio, “Enti pubblici non economici” e in quanto tali sottoposti a tutti gli obblighi di legge.
Pertanto, tutti gli Ordini e Collegi, in riferimento a quanto disposto dalla Delibera ANAC n. 145/2014, dovranno:
  • nominare un Responsabile prevenzione corruzione (RPC);
  • predisporre il Programma triennale per la prevenzione della corruzione (PTPC) ed il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità (PTTI);
  • predisporre il Codice di comportamento dei dipendenti;
  • strutturare e rendere visibile sul proprio sito la sezione “Consiglio trasparente”;
  • far si che il Presidente ed il VicePresidente si attengano ai vincoli stabiliti dal decreto sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi;
  • rendere pubbliche le informazioni su redditi, curricula e incarichi della sua dirigenza nonché lo stato patrimoniale degli ordini e la loro gestione.
  • rispettare la norma in tema di accesso civico;

Forte delle due sentenze del TAR, sembra che l’ANAC abbia inziato una verifica sul rispetto degli adempimenti anticorruzione da parte dei Consigli nazionali e degli Ordini provincialie sembra che i controlli siano relativi alla nomina di un responsabile della prevenzione della corruzione ed agli oneri legati alla trasparenza.
Per evitare di incorrere nelle pesanti sanzioni amministrative previste dall’articolo 19 del decreto-legge 20/6/2014 n. 90 e della relativa legge di conversione 11 agosto 2014, n. 114, che vanno da un minimo di 1.000 Euro ad un massimo di 10.000 Euro i Consigli nazionali e gli Ordini provinciali dovranno trovare la maniera per arrivare ad una soluzione che, pur soddisfacendo le esigenze di trasparenza richieste dall’ANAC, possa anche tenere conto delle esigenze dei singoli Ordini.
La situazione è, certamente, abbastanza complessa e di non smplice soluzione perché mentre guardano i siti dei vari Consigli nazionali si nota immediatamente come gli stessi abbiano dato corso alle previsioni normativa nominando i referenti anticorruzione, lo stesso non può dirsi per gli Ordini provinciali che hanno difficoltà oggettive legate al fatto che l’Anac pretenderebbe la nomina di un dirigente di prima fascia ad hoc anche negli Ordini provinciali che, sia in termini di costi sia in termini organizzativi, rischierebbe di creare non poche difficoltà alla sopravvivenza degli Ordini stessi.

La questione, però, non sembra di immediata soluzione. In base a quanto risulta a ItaliaOggi, infatti, per quanto riguarda la nomina dei referenti anticorruzione a livello nazionale quasi tutti gli ordini dovrebbero essere in regola. Gli stessi soggetti, però, rischiano di andare incontro a delle difficoltà oggettive sul territorio. L’Anac, infatti, pretenderebbe la nomina di un dirigente di prima fascia ad hoc anche a livello locale. Adempimento praticamente impossibile per tutti quegli ordini che sul territorio non hanno una rappresentanza così capillare o che, addirittura hanno sedi solo nei centri più popolosi. Un onere che sia in termini di costi sia in termini organizzativi rischia di creare non poche difficoltà ai soggetti interessati ma sul quale saranno, comunque, chiamati a rendere conto.

A cura di Arch. Paolo Oreto
     


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