La Fondazione nazionale dei commercialisti ha
pubblicato uno studio avente ad oggetto “L'accertamento delle
prestazioni rese a titolo gratuito dal professionista” con cui
si ripercorrere il quadro normativo di riferimento relativo alla
materia per poi analizzare alcune delle principali e delle più
recenti pronunce giurisprudenziali.
Nel documento è precisato che, recentemente,
l’Amministrazione Finanziaria sembra essersi
particolarmente interessata alle prestazioni rese a titolo gratuito
dai professionisti e sembra che l’atteggiamento degli
Uffici sia quello di un certo scetticismo nell’ipotesi in
cui i professionisti sostengono di lavorare gratuitamente,
per amicizia o per legami di parentela, giacché tali comportamenti
sarebbero in realtà poco razionali e celerebbero proventi incassati
in evasione d’imposta.
La Corte di Cassazione si è pronunciata sul
tema con la sentenza del 28 ottobre 2015, n.
21972. A tale pronuncia, peraltro, hanno fatto seguito
diverse sentenze della giurisprudenza di merito, non sempre del
tutto coerenti con gli insegnamenti della Suprema Corte.
Nel documento della Fondazione nazionale dei commercialisti,
dopo le premesse, vengono dettagliatamente
trattate:
- la giurisprudenza precedente alla sentenza della Cassazione n.
21972 del 2015
- la sentenza della Corte di Cassazione del 28 ottobre 2015, n.
21972
- la giurisprudenza successiva alla sentenza della Cassazione n.
21972 del 2015.
Il documento è concluso con le seguenti
considerazioni:
- l’accertamento induttivo teso a ricostruire i compensi
del professionista e fondato esclusivamente sulla
presunzione che le prestazioni gratuite nascondano compensi “in
nero” non sembra potersi configurare come illegittimo. Sebbene,
infatti, risulti senza dubbio opportuno che l’Amministrazione
Finanziaria supporti le proprie pretese attraverso ulteriori
elementi, la giurisprudenza ha, per lo più, non dichiarato
illegittimo un simile operato;
- la giurisprudenza sembra ritenere “plausibile” che un
professionista effettui prestazioni a titolo gratuito nei
confronti di parenti, amici o soggetti che già sono clienti (ad
altro titolo), purché tali prestazioni siano in un rapporto di
minoranza rispetto al totale delle prestazioni rese e che, inoltre,
siano caratterizzate da “semplicità”. Così, se l’onere della prova,
posto a carico del contribuente sottoposto ad accertamento, può
dirsi superato qualora le prestazioni rese gratuitamente (comunque
in un rapporto di minoranza rispetto a quelle complessive), siano
effettuabili senza particolare complessità, dispendio di tempo o
abbiano un “valore normale” ridotto, non è così per le prestazioni
particolarmente laboriose o di valore ingente, soprattutto se rese
nei confronti di soggetti diversi da coloro che sono con il
professionista in stretto legame di parentela;
- qualora il numero di prestazioni rese gratuitamente sia
in un rapporto di maggioranza rispetto a quelle a titolo
oneroso e/o che tali prestazioni siano, per lo più,
“complesse”, ciò non implica necessariamente che il professionista
debba essere necessariamente assoggettato a tassazione.
In allegato il documento della Fondazione nazionale dei
commercialisti.
A cura di Redazione
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