03/04/2017
Il Consiglio di Stato con il recentemente parere n. 782 del 30 marzo 2017 (leggi notizia) sullo schema di decreto correttivo al nuovo Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016 è intervenuto, anche, sui servizi di architettura e di ingegneria (art. 24 del d.lgs. n. 50/2016), sulla progettazione interna agli enti appaltanti e sulla iscrizione dei dipendenti della P.A. agli Ordini professionali Su tali problematiche, la settimana scorsa abbiamo esposto le preoccupazioni del Consiglio nazionale degli Ingegneri (leggi notizia) mentre oggi riportiamo il pensiero di Rino La Mendola Vicepresidente del CNAPPC, che ha seguito da vicino l’evoluzione del quadro normativo nel ruolo di coordinatore del tavolo Lavori Pubblici della rete delle Professioni Tecniche che ha risposto ad alcune domande.
Il Consiglio di Stato, con il recente parere, mette in discussione uno dei punti più apprezzati del codice dei contratti, sancendo che “non può imporsi in modo cogente alle stazioni appaltanti l’utilizzo degli onorari professionali approvati con decreto ministeriale”. Come valuta tale posizione?
Siamo davvero sorpresi dell’intervento del Consiglio di Stato che rischia di promuovere un grave passo indietro, soprattutto nell’ambito della trasparenza. L’art.24 comma 8 del codice, così come modificato dal decreto correttivo, non stabilisce infatti in modo cogente gli onorari che devono essere corrisposti ai professionisti, ma costituisce una regola fondamentale per calcolare l’importo da porre a base di gara, in ragione del quale, i servizi vengono affidati con procedure diverse. Ricordo, infatti, che per importi stimati inferiori a 40.000 euro è consentito l’affidamento diretto; per importi stimati da 40.000 ed inferiori a 100.000 euro è consentito l’affidamento con procedura negoziata; mentre per importi pari o superiori a 100.000 euro l’affidamento avviene con procedura aperta e/o ristretta. Rimuovere dunque regole certe per calcolare l’importo a base di gara, significherebbe riconsegnare alle stazioni appaltanti un’illimitata discrezionalità nella scelta delle procedure di affidamento, in barba ai più elementari principi della trasparenza.
Perché, secondo Lei, il Consiglio di Stato è tornato sul tema degli onorari?
Probabilmente, agli addetti ai lavori, spesso sfugge la distinzione tra una tariffa professionale, con dei minimi tariffari da osservare (che potrebbe limitare la libera concorrenza) ed il cosiddetto decreto parametri, che è invece finalizzato soltanto a stabilire l’importo da porre a base di gara, che potrà essere oggetto di ribassi, assicurando quindi la più ampia concorrenza. Peraltro, se l’uso del cosiddetto decreto parametri tornasse ad essere facoltativo, non esisterebbe alcuna regola alternativa per il calcolo dell’importo da porre a base di gara, alimentando una pericolosa “Torre di Babele” negli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria, tradendo i principi fondamentali della legge delega.
Il Consiglio di Stato pone l’accento sulla necessità di valorizzare le professionalità interne, anche per la progettazione. Qual’è il suo pensiero in merito?
Noi pensiamo che le professionalità interne vadano certamente valorizzate, soprattutto nell’ambito della programmazione e della verifica dell’intero processo di esecuzione di un’opera pubblica, riconoscendo gli incentivi non solo ai funzionari ma anche ai dirigenti che svolgono il difficile ruolo di Responsabile Unico del Procedimento, ma rimaniamo dell’idea che la progettazione debba essere prioritariamente affidata ai liberi professionisti, che dispongono di mezzi più adeguati ad assicurare una progettazione di qualità. Oggi, paradossalmente, accade spesso che la progettazione venga affidata all’interno delle stazioni appaltanti, mentre le verifiche vengono affidate a liberi professionisti, con il risultato di invertire i ruoli; fatto questo che spesso impedisce la valorizzazione delle capacità attitudinali sia dei pubblici dipendenti che dei liberi professionisti.
Una ulteriore criticità sottolineata dal Consiglio di Stato riguarda l’obbligo di iscrizione all’Ordine anche per i dipendenti che progettano. Condivide la posizione del Consiglio di Stato?
Anche su queste posizioni esprimiamo le nostre perplessità, nella consapevolezza che anche i pubblici dipendenti debbano essere iscritti al proprio Ordine Professionale e quindi rispettare le regole deontologiche e frequentare i corsi della formazione continua, al fine di assicurare un adeguato livello qualitativo delle prestazioni fornite nello svolgimento del loro ruolo professionale, in seno alle amministrazioni pubbliche.
Qual’è, in definitiva, il suo giudizio sul decreto correttivo?
E’ complessivamente positivo per una serie di elementi, che speriamo possano essere mantenuti anche dopo del parere del Consiglio di Stato. Il nuovo codice, così come perfezionato dal decreto correttivo, infatti, raggiunge i seguenti obiettivi:
Confidiamo nel buon senso del legislatore, affinché gli elementi positivi sopra elencati non vengano compromessi nella fase finale dell’iter di approvazione del decreto.
A suo avviso restano, ancora, criticità da correggere?
Si! A fronte di una serie di elementi positivi, desta qualche perplessità la reintroduzione dell’appalto integrato, sebbene limitatamente a casi particolari. L’appalto integrato non ci piace in quanto relega il progetto ad un ruolo defilato nel processo di esecuzione di un’opera pubblica, tradendo uno dei principi fondamentali della legge delega. Noi siamo convinti che, se davvero vogliamo sconfiggere il fenomeno delle varianti in corso d’opera ed il fenomeno delle incompiute, dobbiamo puntare all’affidamento dei lavori soltanto sulla base di un progetto esecutivo.
Un'altra criticità irrisolta riguarda il mantenimento, rispetto al testo originario, dell’opzione facoltativa di affidare o meno al vincitori di un concorso le fasi successive della progettazione e la direzione dei lavori. Fatto questo che rischia di compromettere l’esecuzione dei lavori, nel rispetto del progetto vincitore, mortificando così la stessa procedura concorsuale. Noi siamo convinti che il concorso sia uno strumento importante per scegliere non solo il miglior progetto, ma anche il progettista che dovrà sviluppare il progetto esecutivo e seguire la direzione dei lavori, assicurando in tal modo una realizzazione delle opere i fedele al progetto vincitore.
Infine, un elemento che rischia di tracciare percorsi divergenti dagli orientamenti comunitari è l’introduzione per i servizi di architettura e ingegneria dell’accordo quadro, di cui all’art.54 del nuovo codice, che, consentendo l’accorpamento di più appalti, rischia di chiudere il mercato alle piccole e medie imprese e soprattutto alla maggior parte delle strutture professionali operanti sul territorio nazionale. E’ appena il caso di ricordare che il considerato 78 della direttiva comunitaria n° 24 del 2014, raccomanda alle stazioni appaltanti di dividere (e non accorpare) i grossi appalti, proprio per garantire l’apertura del mercato alle piccole e medie imprese. Al fine di superare questa criticità, con il nostro documento, condiviso con la Rete delle professioni Tecniche, abbiamo proposto al Governo di ridurre drasticamente il ricorso a questo strumento, escludendo in ogni caso dalla procedura i servizi di architettura e ingegneria.