L’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio illegittimo
(specie se rilasciato in sanatoria), intervenuto ad una distanza
temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere
sempre motivato in relazione alla sussistenza di un interesse
pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche
tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del
provvedimento sfavorevole.
Lo ha affermato l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con
la Sentenza 17 ottobre 2017, n. 8 che ha
chiarito un concetto per il quale si erano formati due orientamenti
diversi:
- Secondo un primo, maggioritario, orientamento, l’annullamento
d’ufficio di un titolo edilizio illegittimo (in specie se
rilasciato in sanatoria) risulta correlato alla necessità di curare
l’interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della
legalità violata. I fautori di tale tesi ritengono in particolare
che non gravi in capo all’amministrazione un particolare onere
motivazionale – ovvero l’obbligo di valutare i diversi interessi in
campo – laddove l’illegittimità del titolo in sanatoria sia stata
determinata da una falsa rappresentazione dei fatti e dello stato
dei luoghi imputabile al beneficiario del titolo in sanatoria. In
base a tale prospettazione, uno specifico onere motivazionale a
sostegno dell’autotutela può essere imposto all’amministrazione
soltanto laddove l’esercizio dell’autotutela discenda da errori di
valutazione imputabili alla stessa amministrazione.
- In base a un secondo orientamento (più recente e allo stato
minoritario), anche nel caso di annullamento ex officio di titoli
edilizi in sanatoria l’amministrazione non può fondare l’adozione
dell’atto di ritiro sul mero intento di ripristinare la legalità
violata. Ne consegue che l’esercizio del potere di annullamento
d’ufficio postula l’apprezzamento di un presupposto "rigido"
(l’illegittimità dell’atto da annullare) e di due ulteriori
presupposti riferiti a concetti indeterminati, da apprezzare
discrezionalmente dall’amministrazione (si tratta della
ragionevolezza del termine di esercizio del potere di ritiro e
dell’interesse pubblico alla rimozione, unitamente alla
considerazione dell’interesse dei destinatari). In base a tale
orientamento, il fondamento di tali ulteriori presupposti va
individuato nella garanzia della tutela dell’affidamento dei
destinatari circa la certezza e la stabilità degli effetti
giuridici prodotti dal provvedimento illegittimo, mediante una
valutazione discrezionale volta alla ricerca del giusto equilibrio
tra il ripristino della legalità violata e la conservazione
dell’assetto regolativo impresso dal provvedimento viziato.
L’Adunanza plenaria del CdS ha affermato che le generali
categorie in tema di annullamento ex officio di atti amministrativi
illegittimi trovino applicazione (in assenza di indici normativi in
senso contrario) anche nel caso di ritiro di titoli edilizi in
sanatoria illegittimamente rilasciati, non potendosi postulare in
via generale e indifferenziata un interesse pubblico in re ipsa
alla rimozione di tali atti. Conseguentemente, grava in via di
principio sull’amministrazione (e salvo quanto di seguito si
preciserà) l’onere di motivare puntualmente in ordine alla
sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla
rimozione dell’atto, tenendo altresì conto dell’interesse del
destinatario al mantenimento dei relativi effetti.
In conclusione, l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio
in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole
dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla
sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale
all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi
dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole.
In tali ipotesi, tuttavia, deve ritenersi:
- che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il
potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso,
il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal
momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e
delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;
- che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione
risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli
interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior
rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle
pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di
tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano
integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che
depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi);
- che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle
circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto
illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a
lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per
cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi
soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera
prospettazione di parte.
A cura di Redazione
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