Equo compenso, Confprofessioni: l'Antitrust si è fermata al secolo scorso

29/11/2017

"La posizione dell'Antitrust contro l'equo compenso per i liberi professionisti conferma ancora una volta come l'Autorità garante sia rimasta ferma al secolo scorso. Il principio di una remunerazione adeguata di una prestazione professionale nei confronti di grandi committenti e della Pubblica Amministrazione non ha nulla a che fare con i minimi tariffari e non rappresenta alcuno ostacolo alla concorrenza".

Queste le parole del presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, in riferimento alla segnalazione inviata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai Presidenti del Senato, della Camera e del Consiglio, in riferimento alle norme contenute nel Decreto-Legge n. 148/2017 e nel disegno di legge AC 4741 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie” (c.d.decreto fiscale).

"Contrariamente a quanto sostiene l'Agcm, l'equo compenso non fissa dei minimi inderogabili, ma interviene laddove esiste uno squilibrio nei rapporti di forza contrattuale tra il professionista e committenti forti, quali banche, assicurazioni e P.A - afferma il Presidente Stella - Nessuna restrizione alla libera concorrenza, quindi, semmai uno strumento necessario per correggere quelle distorsioni nel mercato dei servizi professionali che autorizzano, per esempio, le amministrazioni locali a pubblicare bandi che pretendono un compenso simbolico, un euro, per prestazioni complesse e onerose".

"Molto discutibile anche la tesi dell'Agcm secondo cui l'introduzione di un equo compenso danneggerebbe i professionisti più giovani - conclude Stella - Dati alla mano, dieci anni di deregulation selvaggia hanno colpito proprio le fasce professionali più giovani, i cui redditi medi si attestano tra i 17 mila e 24 mila euro annui. Se guardiamo in faccia la realtà il processo di liberalizzazione delle professioni, sbandierato come una conquista dal Garante, ha di fatto creato  nuove forme di “precariato” tra i giovani professionisti, calpestando ogni diritto dei lavoratori autonomi, a cominciare dal principio costituzionale che sancisce il diritto di ogni lavoratore ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro".

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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