Le norme nazionali che escludono ogni possibilità di
valutazione da parte della stazione appaltante circa l’affidabilità
di un concorrente, destinatario di precedente atto di risoluzione
contrattuale a fronte di significative carenze nell’esecuzione di
un precedente contratto di appalto, qualora lo stesso abbia
spiegato impugnativa giurisdizionale della risoluzione, non
sembrano in linea con il diritto dell’Unione Europea.
IL TAR Napoli, con l’Ordinanza n. 5893 del 13 dicembre
2017, ha rimesso alla Corte di giustizia dell’UE la
legge nazionale che preclude alla stazione appaltante di
valutare un precedente inadempimento contrattuale in caso di
contestazione giudiziale della risoluzione. Il rinvio
pregiudiziale è stato occasionato da una controversia in materia di
affidamento di un servizio per la refezione scolastica in cui una
impresa concorrente ha contestato la mancata esclusione di altra
concorrente, già destinataria, in una precedente analoga gara, di
un provvedimento di risoluzione contrattuale per grave
inadempimento (tossinfezione alimentare), successivamente impugnato
dinanzi al competente giudice civile.
Il Comune di Napoli e la controinteressata si sono costituiti
nel giudizio amministrativo eccependo che la pendenza del
giudizio civile non consentirebbe di poter ascrivere il pregresso
inadempimento nel novero dei gravi illeciti professionali,
alla luce del disposto di cui all’art. 80, comma 5, lettera
c) del d. lgs. n. 50 del 2016, precludendo, al contempo,
alla stazione appaltante ogni valutazione discrezionale dei fatti
di inadempimento pregressi ai fini del giudizio di affidabilità del
concorrente, con conseguente impossibilità di adottare un
provvedimento di esclusione.
Il TAR Napoli ha, conseguentemente, sollevato questione
pregiudiziale di interpretazione del diritto comunitario, volta ad
accertare se quest’ultimo osti all’applicazione delle
regole nazionali che escludono ogni possibilità di valutazione da
parte della stazione appaltante circa l’affidabilità di un
concorrente, destinatario di precedente atto di risoluzione
contrattuale a fronte di significative carenze nell’esecuzione di
un precedente contratto di appalto, qualora lo stesso abbia
spiegato impugnativa giurisdizionale della risoluzione, così
determinando l’automatica ammissione alla procedura di
gara.
Il parametro comunitario assunto come termine di raffronto dal
giudice remittente è rappresentato dall’art. 57, comma 4, della
Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici,
recepita con il nuovo codice dei contratti pubblici che, nel
prevedere le cause di esclusione facoltative di un concorrente,
dispone: “4. Le amministrazioni aggiudicatrici possono
escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle
amministrazioni aggiudicatrici, di escludere dalla partecipazione
alla procedura di appalto un operatore economico in una delle
seguenti situazioni:…c) se l’amministrazione aggiudicatrice può
dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso
colpevole di gravi illeciti professionali , il che rende dubbia la
sua integrità;…g) se l’operatore economico ha evidenziato
significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito
sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto
pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente
aggiudicatore, o di un precedente contratto di concessione che
hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto
precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni
comparabili…”.
Nel caso di specie rileva l’ipotesi di cui alla lettera g),
riferita ai pregressi inadempimenti contrattuali, da interpretarsi
alla luce del considerando 101 della Direttiva, che tuttavia, a
dire del TAR, sarebbe stata impropriamente recepita
nell’ordinamento nazionale con un’unica disposizione (l’art. 80,
comma 5, lett. c) del d. lgs. n. 50 del 2016) che ricomprende anche
la distinta fattispecie di cui alla lettera c) del menzionato art.
57, comma 4, riferita ai gravi illeciti professionali, sebbene si
tratti di fattispecie che la Direttiva comunitaria sottopone a
regimi probatori differenti.
Il TAR, in particolare, con riferimento al disposto di cui
all’art. 80, comma 5, lettera c) del d. lgs. n. 50 del 2016 (a
mente del quale la stazione appaltante esclude da una procedura un
operatore economico quando tra l’altro: “c) dimostri con mezzi
adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi
illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o
affidabilità. Tra questi rientrano le significative carenze
nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di
concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non
contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio,
ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o
ad altre sanzioni ..”.) osserva che:
- la giurisprudenza nazionale ritiene che laddove la gara - come,
appunto, nella fattispecie in esame - rientri nel campo di
applicazione del d. lgs. n. 50/2016, venga a configurarsi un
ineludibile obbligo legale di ammissione del concorrente, qualora
la anticipata risoluzione del contratto sia stata contestata in
giudizio;
- a differenza della previgente similare disciplina dettata
dall’art. 38, comma 1, lett. f) del d. lgs. n.
163/2006, la nuova norma rende irrilevante la risoluzione
anticipata di un precedente contratto di appalto o di concessione
ancora sub judice, finanche in presenza di una pronuncia cautelare
negativa da parte dell’adito Tribunale Civile;
- la necessità che l’inadempimento sia incontestato o accertato
in giudizio, priva di effettività la causa di esclusione
facoltativa, in quanto il meccanismo disegnato preclude ogni
possibilità di valutazione sull’affidabilità del concorrente,
rimettendola all’esito del giudizio civile sulla risoluzione, che
nella maggior parte dei casi interverrà - per la necessaria durata
di quella lite - in un momento in cui si sono prodotti effetti
irreversibili, qualora la gara sia stata in ipotesi aggiudicata
proprio al concorrente che il giudice civile accerti doveva essere
escluso;
- la giurisprudenza della Corte di giustizia UE formatasi
sull’art. 45 comma 2 della direttiva 2004/18/UE, recante la
previgente disciplina delle cause facoltative di esclusione rifiuta
ogni automatismo in materia di cause di esclusione facoltativa nel
caso di grave errore professionale, dovendo la relativa
determinazione ispirarsi a criteri di proporzionalità; ne discende
che analogo principio, contrario ad ogni automatismo, deve valere
in ipotesi di meccanismi che abbiano il contrario effetto, di
precludere l’esclusione;
- l’art. 38 del d. lgs. n. 163/2006, vigente
prima della disciplina di cui all’art. 80 comma 5 del d.
lgs. n. 50/2016, rimettendo alla “motivata valutazione
della stazione appaltante” l’accertamento del rilievo e della
gravità di condotte denotanti grave negligenza o addirittura
malafede nello svolgimento di altre prestazioni affidate dalla
stessa amministrazione, o di errore grave nello svolgimento
dell’attività professionale d’impresa, era pienamente consonante
con la normativa comunitaria. Ai fini dell’applicazione della causa
di esclusione di cui all’art. 38 comma 1 lettera f), non occorreva
un definitivo accertamento della responsabilità contrattuale,
essendo sufficiente “…la valutazione fatta dalla stessa
Amministrazione con il richiamo per relationem all'atto con cui, in
altro rapporto contrattuale di appalto, aveva provveduto alla
risoluzione per inadempimenti contrattuali”;
- la sopravvenuta normativa nazionale,
vincolando la Stazione appaltante, con preclusione di ogni
valutazione sull’affidabilità del concorrente, per effetto della
mera contestazione in un giudizio civile della risoluzione
contrattuale, non si presenta consonante con i principi
dell’Unione. Essa lega inscindibilmente il giudizio
interno e quello esterno, impedendo alla stazione
appaltante ogni motivata valutazione sulla gravità dell’errore
professionale che ha dato luogo alla pregressa risoluzione
contrattuale, in violazione dei principi di
proporzionalità ed effettività, e realizza una non corretta
trasposizione della direttiva 2014/24/UE;
- le disposizioni sovranazionali, nel disciplinare le cause di
esclusione da procedure di affidamento, non richiedono “alcun
accertamento definitivo della responsabilità
dell’appaltatore”;
- nella vicenda in esame assumono rilievo anche i principi
comunitari della parità di trattamento sostanziale tra le imprese
concorrenti, posto che, come rilevato dalla Corte di giustizia UE
in fattispecie simile alcuni degli operatori economici interessati,
pur conoscendo la causa di esclusione e pur essendo consapevoli di
aver evidenziato significative carenze professionali, che hanno
dato luogo a risoluzione anticipata di un pregresso contratto di
appalto, potrebbero essere tentati di depositare un’offerta nella
speranza di essere esonerati dall’esclusione sulla base di una
strumentale impugnativa della risoluzione, mentre altri, trovandosi
in una situazione comparabile, si asterrebbero dal depositare una
siffatta offerta, affidandosi ai termini di detta clausola di
esclusione. Quest’ultimo caso può, in particolare, riguardare gli
operatori economici di altri Stati membri, che avrebbero meno
esperienza con i termini e le modalità di applicazione della
normativa nazionale pertinente. E ciò può mettere gli operatori
economici interessati in una situazione di incertezza e violare il
principio della parità di trattamento ed il rispetto dell’obbligo
di trasparenza;
- la scelta del legislatore italiano, di tipizzare gli effetti
giuridici al fine di stabilire quando un inadempimento contrattuale
assurge al rango di “grave illecito professionale”, non
appare in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE,
secondo cui l’illecito professionale è causa di esclusione quando
abbia connotati di oggettiva gravità. In tal modo si fa dipendere
la gravità dell’inadempimento non da una circostanza oggettiva, ma
da una soggettiva scelta dell’operatore economico destinatario di
una risoluzione anticipata, di impugnare la stessa dinanzi al
giudice civile, che è giudice del diverso rapporto
contrattuale;
- il carattere di oggettiva gravità non discende dalla
contestazione o mancata contestazione in giudizio, essendo una
qualità intrinseca del fatto, che la stazione appaltante deve poter
continuare a valutare sotto il profilo del deficit di fiducia, in
maniera proporzionata ma discrezionale ed autonoma avendo riguardo
alla individuazione del “punto di rottura
dell’affidamento” nel pregresso e/o futuro contraente.
Peraltro, la esclusione in tali ipotesi non è sanzione per la
commissione di un illecito, ma ha carattere puramente preventivo,
mirando a garantire l’esistenza di un rapporto di fiducia tra la SA
e la sua controparte, per cui non dovrebbe essere legata ad un
controllo giurisdizionale interno dei suoi presupposti, ma ad un
controllo esterno, quale quello del giudice amministrativo, il cui
sindacato è diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di
simulazione (dissimulante una odiosa esclusione), ma non è mai
sostitutivo;
- la normativa nazionale contrasta anche con ulteriori
obiettivi della Direttiva, con riferimento a quanto emerge
dal Considerando 102 della stessa, che ha
introdotto il meccanismo del cd. self cleaning al
fine di consentire alle imprese partecipanti di adottare misure non
solo fissate ex ante (es. modelli organizzativi) e capaci di
esimere eventuali responsabilità, ma di adottare comportamenti
capaci di rimediare, ex post, alle conseguenze di reati o
violazioni significative per l’esclusione dalle gare.
Sulla scorta delle motivazioni che precedono il TAR
Napoli dubita che nella materia degli appalti pubblici, sia
conforme ai principi euro-unitari la preclusione imperativa di ogni
possibilità di valutazione autonoma e proporzionale della Stazione
appaltante circa l’esclusione da una gara di un concorrente che
sterilizzi le significative carenze evidenziate nell’esecuzione di
precedenti contratti attraverso la mera
proposizione di impugnativa della risoluzione
contrattuale, e sino alla definizione di quel giudizio,
con l’effetto di determinare, nell’ipotesi in cui il giudizio
civile si concluda negativamente per l’operatore economico, ma la
gara si sia svolta in senso a lui favorevole, la lesione del
principio comunitario di affidabilità del concorrente, in quanto
l’appalto sarebbe eseguito da un operatore economico
indiscutibilmente non affidabile.
In allegato l’Ordinanza del TAR Napoli n. 5893 del 13
dicembre 2017.
A cura di Redazione
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