13/02/2018
Il Consiglio di Stato con il parere n. 359 del 12 febbraio 2018 interviene sullo schema di decreto sul dibattito pubblico, predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 22, comma 2 del Codice dei contratti di cui al D.lgs. n. 50/2016 ed in atto in stand by presso le competenti Commissioni di Camera e Senato.
I giudici di Palazzo Spada con alcune osservazioni preliminari criticano, anche in maniera pesante, non soltanto la Presidenza del Consiglio dei Ministri ma anche i Ministeri coinvolti (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e Ministero per i beni e le attività culturali); nel dispositivo precisano, poi, che lo schema di decreto è stato adottato “previo parere delle Commissioni parlamentari competenti” e così non è in quanto lo stesso schema di decreto inviato al Consiglio di Stato, in atto è bloccato presso le due commissioni competenti di Camera e Senato proprio in attesa del parere del Consiglio di Stato (leggi notizia).
Ritornando alle critiche riscontrabili nelle osservazioni preliminari, le stesse si riferiscono a due possibili profili di criticità, che “ove non corretti, potrebbero vanificare l’operatività dell’istituto del dibattito pubblico”, relativi:
Entrando, poi, nel dettaglio dell’articolato, il Consiglio di Stato al paragrafo 3 del proprio parere interviene con osservazioni su tutti e 10 gli articoli che costituiscono il provvedimento e con richieste di modifiche su molti commi dei 10 articoli ma la cosa che è più pesante per la Presidenza del Consiglio dei Ministri è il fatto che le richieste di modifica sono precise e puntuali in certi casi anche sulla punteggiatura e sui rinvii ma, in alcuni casi, anche su problemi strutturali quali quelli relativi:
In pratica il Consiglio di stato demolisce, con grande savoir faire, lo schema di decreto predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri chiedendo anche la modifica dell’articolo 10 relativo alle disposizioni transitorie e finali, suggerendo, tra l’altro, le modifiche articolo per articolo e comma per comma come quelle per tutti i commi dell’articolo 6 relativo al Coordinatore per il dibattito pubblico e relativi compiti; con la demolizione del provvedimento arriva, però, il parere favorevole con osservazioni.
Cosa succederà adesso? A nostro avviso, le due commissioni parlamentari di Camera e Senato (ma quali? Quelle attuali o le nuove che nasceranno dopo le elezioni del 4 marzo?) non potranno fare altro che, prendendo atto del parere dei Giudici di Palazzo Spada, esprimere un proprio parere che tenga in conto tutte le osservazioni del Consiglio di Stato o, in via alternativa, attendere che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, vista la notevole quantità di osservazioni proceda alla predisposizione di un nuovo schema da inoltrare nuovamente alle commissioni parlamentari.
Sembra una storia infinita ma è quello che nasce a causa della cosiddetta soft law relativamente ai provvedimenti attuativi del Codice dei contratti. In pratica al posto di un unico regolamento di attuazione (che, magari, avremmo atteso anche per qualche anno) da sottoporre una sola volta ai vari pareri ci troviamo con una miriade di provvedimenti (oltre 60) che devono essere prima predisposti e, poi, sottoposti ad uno ad uno ai vari pareri: il risultato è, ormai, sotto gli occhi di tutti con un codice che annaspa tra provvedimenti mai predisposti, provvedimenti predisposti e riscritti parecchie volte, provvedimenti già pubblicati ma non utilizzabili perché entreranno compiutamente in vigore tra qualche anno e così via. In pratica un delirio per il quale si nota l’assenza di una valida regia.
In allegato il parere del Consiglio di Stato n. 359 del 12 febbraio 2018, lo schema di decreto, la documentazione DPCM e le Schede di lettura DPCM dibattito pubblico.
A cura di arch. Paolo Oreto