Permesso di costruire e condizione sospensiva o risolutiva: nuova sentenza del Consiglio di Stato

24/04/2018

Considerata la natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale, il permesso di costruire non può essere sottoposto a condizione, sia essa sospensiva o risolutiva.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza 19 aprile 2018, n. 2366 che ha respinto il ricorso presentato da un Comune per la riforma di una decisione di primo grado e ha ricordato che solo con specifico e limitato riferimento all’ipotesi del permesso condizionato all’acquisizione di un atto da altra Pubblica amministrazione la modalità procedurale di rilasciare permessi di costruire condizionati deve considerarsi legittima, avuto riguardo alle esigenze generali di complessiva speditezza ed efficienza dell'azione amministrativa, nonché per l'effetto non neutro del passaggio del tempo per i destinatari dell'atto.

In applicazione del generale principio di proporzionalità, l'amministrazione pubblica deve responsabilmente scegliere, nell'esercizio delle proprie funzioni, il percorso - ove necessario coordinato con quello di altre amministrazioni - teso a non aggravare inutilmente la situazione dei destinatari dell'azione amministrativa; mentre, costituisce inutile aggravio procedurale (perché non bilanciato da una sufficiente ragione di interesse pubblico) l'arresto di un procedimento, che può invece proseguire sotto la condizione sospensiva del perfezionamento di altra procedura presupposta.

I fatti

Con ricorso dinanzi al TAR l'attuale appellata ha impugnato un permesso di costruire avente ad oggetto la realizzazione di opere finalizzate all’ampliamento volumetrico dell’edificio residenziale di proprietà e alla realizzazione di un’autorimessa, sviluppantesi su cinque livelli interrati, per un totale di 40 box auto. In particolare, la ricorrente aveva impugnato il titolo edilizio limitatamente alla parte in cui prevede la prescrizione secondo cui prima dell’avvio dei lavori di costruzione dell’autorimessa interrata si sarebbe dovuta acquisire una relazione univoca sulla fattibilità dell’intervento sotto il profilo strutturale concordata con i condomini confinanti.

Con autonomi ricorsi dinanzi al medesimo Tribunale i condomini confinanti hanno impugnato il medesimo permesso di costruire, deducendo censure di differente natura miranti alla cassazione dell’intero titolo edilizio. Nelle more del giudizio la società, presentando apposita D.I.A. in variante, ha stralciato l’autorimessa dal permesso di costruire, proponendo una soluzione progettuale diversa per i relativi spazi.

Con sentenza il TAR ha accolto il ricorso presentato dall'attuale appellata e, per l'effetto, ha annullato il permesso di costruire nella parte impugnata.

Il ricorso al Consiglio di Stato

Il Comune, con ricorso a Palazzo Spada, ha censurato la sentenza impugnata per non avere correttamente interpretato, sotto vari profili, la prescrizione inserita nel permesso di costruire, oggetto di specifica impugnazione. In particolare, il Comune sostiene:
a) che la prescrizione non è qualificabile in termini di “condizione” del permesso, in quanto attiene alle modalità esecutive dell’opera;
b) che la prescrizione, piuttosto che riguardare il progetto architettonico, in realtà riguarda il progetto strutturale, quindi le modalità esecutive a tutela dell’interesse pubblico alla corretta realizzazione dell’opera;
c) che la prescrizione non concreta una subordinazione dell’esecuzione delle opere al “consenso dei proprietari confinanti”, ma un’ulteriore verifica progettuale relativa, in particolare, all’aspetto strutturale;
d) con la detta prescrizione non è stato concretizzato alcun aggravio del procedimento, essendo emersa nel corso di questo la necessità della stessa;
e) che la prescrizione non è indeterminata, dovendosi ritenere, al contrario, sufficientemente individuati nel permesso impugnato gli intervenienti.

La sentenza del Consiglio di Stato

I giudici di Palazzo Spada hanno rigettato le motivazioni del ricorso, richiamando alcuni principi della giurisprudenza in forza dei quali:

  • in via di principio, e fatti salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge, una condizione, sia essa sospensiva o risolutiva, non può essere apposta ad una concessione edilizia, stante la natura di accertamento costitutivo a carattere non negoziale del provvedimento; ne consegue che, a parte tali limitazioni, la concessione edilizia, una volta riscontratane la conformità alla vigente disciplina urbanistica, deve essere rilasciata dal comune senza condizioni che non siano espressamente previste da una norma di legge;
  • con specifico e limitato riferimento all’ipotesi del permesso condizionato all’acquisizione di un atto da altra pubblica amministrazione, la modalità procedurale di rilasciare permessi di costruire condizionati deve considerarsi legittima, avuto riguardo alle esigenze generali di complessiva speditezza ed efficienza dell'azione amministrativa, nonché per l'effetto non neutro del passaggio del tempo per i destinatari dell'atto.

Con riferimento al caso di specie, occorre premettere che il titolo edilizio in esame prevede la prescrizione, secondo cui, prima dell’avvio dei lavori di costruzione dell’autorimessa interrata, sia predisposta "una relazione congiunta, a firma dello strutturista della società titolare del permesso di costruire e dello strutturista degli esponenti oppure del solo strutturista della società titolare del permesso di costruire con "visto" di quello degli esponenti o altra forma dalla quale risulti comunque l'accordo delle parti stesse che, dopo aver espletato le eventuali ulteriori verifiche del caso, riconosca la fattibilità dell'intervento sotto il profilo strutturale; tale accordo dovrà anche riguardare l'esecuzione dei lavori e consentire che venga svolta un'attività di controllo da parte del professionista incaricato dagli amministratori dei palazzi soprastanti. Nel caso di mancato accordo tra le parti, dovrà essere onere delle stesse affidare la soluzione dei punti controversi ad un terzo "arbitro" ed i lavori potranno iniziare solo nel caso di valutazione favorevole di questo ultimo".

Alla luce della previsione di dettaglio, risulta che:
a) non sussistono i presupposti per ritenere integrata una delle ipotesi eccezionali per le quali viene ammesso il rilascio condizionato del titolo;
b) la prescrizione, nel caso di specie, subordina il permesso all’esecuzione di lavori da effettuarsi secondo modalità non determinate preventivamente, ma, al contrario, determinabili solo in un momento successivo. Tale decisione, peraltro non risulta essere stata rimessa all’Amministrazione titolare del procedimento, in quanto viene attribuita allo stesso istante unitamente ad altri soggetti controinteressati, mediante la conclusione di un accordo tra essi, tuttavia ancora non esistente al momento dell’adozione del provvedimento concessorio.

Pertanto:

  • l’Amministrazione sostanzialmente assegna il potere decisorio sulla concreta operatività del permesso a soggetti diversi da essa, finendo sostanzialmente per abdicare all’esercizio della funzione pubblica e, conseguentemente, per dismettere la titolarità del procedimento di cui è investita ex lege;
  • l’efficacia del permesso risulta in tal modo permeata da incertezza, essendo subordinata alla conclusione di un accordo futuro (ed eventuale) avente ad oggetto le modalità esecutive dell’intervento;
  • l’efficacia del permesso di costruire viene rimessa alla decisione, se non all’arbitrio, di soggetti terzi controinteressati, in quanto la conclusione dell’accordo dipende dal consenso dei proprietari confinanti in ordine alla fattibilità dell’intervento.

Conclusivamente, il Consiglio di Stato ha riscontrato che la produzione degli effetti del permesso impugnato risulta subordinata al verificarsi di una condizione, di carattere sospensivo, futura ed incerta, in quanto tale inammissibile nonché dimostrativa di una carente istruttoria procedimentale.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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