Ulteriori problemi sono in vista per gli ordini professionali:
dall'oggi al domani, infatti, potrebbe arrivare il riconoscimento
delle associazioni di professionisti non iscritti ad un albo grazie
alla riforma delle professioni, provvedimento legislativo, però,
non concordato con il parlamento.
Il problema fondamentale, è legato al fatto che il decreto
legislativo di recepimento della direttiva qualifiche dà la
possibilità alle associazioni di partecipare alle piattaforme
comuni con altri paesi europei per uniformare la formazione dei
professionisti eurpoei tant'è che il Cup, guidato da Raffaele
Sirica, ha fissato d'urgenza una riunione a Roma per discutere di
questa problematica.
L'equivoco, secondo il vicepresidente del Cup, Roberto Orlandi, sta
nel fatto che a formare le piattaforme per uniformare la formazione
delle professioni sono stati chiamati anche degli organismi (ordini
e associazioni) di stampo anglosassone, che effettivamente sono a
tutti gli effetti dei veri e propri ordini.
Secondo il Cup, quindi, bisogna modificare l'art. 25 e, di
conseguenza, recepire in modo corretto la direttiva Ue che ha per
oggetto solo le professioni regolamentate in modo da evitare, come
sostiene Isabella Maria Stoppani, vicepresidente dell'Associazione
Liberi professionisti, che si dia la possibilità a degli organismi
che non sono regolamentati di usufruire di possibilità che sono
prerogativa di coloro che hanno i titoli professionali.
Si rischia, con questo provvedimento legislativo, di incorrere
nello stesso errore del decreto Bersani che, senza che nessuno ne
fosse a conoscenza, ha cancellato le tariffe professionali minime
obbligatorie e i vincoli su pubblicità e società.
Secondo Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei
consulenti del lavoro, ad essere abrogato deve essere il comma 4
dell'art. 25 che, in sostanza, detta le modifiche sulle libere
professioni senza interpellare i diretti interessati, scavalcando
di fatto gli Ordini ed il parlamento.
In conclusione, secondo Orlandi, ci sono gli estremi per il ricorso
al Tribunale amministrativo che, sicuramente, darebbe ragione alle
categorie regolamentate.
Anche i periti industriali hanno cercato di chiarire il sistema
italiano, ricordando che la direttiva 2005/36/Ce deve stabilire i
principi generali di mutuo riconoscimento delle professionali già
acquisite in ciascuno Stato membro e non alle associazioni non
regolamentate, trasferendo, inoltre, una memoria al ministero per
chiedere che le categorie professionali di perito industriale,
geometra e perito agrario siano inserite tra le professioni
regolamentate al quarto livello di qualifica, ovvero quelle che
posseggono una formazione post secondaria di durata minima tre
anni.
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