29/10/2018
La Conferenza delle Regioni, in occasione della consultazione lanciata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nell’ambito dell’annunciata riforma del codice dei contratti, ha lanciato una serie di proposte, alcune delle quali non sono in linea con i principi a cui si ispirano i professionisti addetti ai lavori.
Sul tema, abbiamo sentito il Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti (CNAPPC), Rino La Mendola, che sta seguendo da vicino la riforma, nel ruolo di coordinatore dell’apposito tavolo “Lavori Pubblici” della Rete delle Professioni Tecniche.
La Conferenza delle Regioni, tra le altre proposte, promuove il rilancio dell’appalto integrato, quale strumento per accelerare l’esecuzione delle opere pubbliche. Quali sono le vostre posizioni in merito?
“Riteniamo che rilanciare l’appalto integrato, con l’obiettivo di accelerare il processo di esecuzione delle opere pubbliche, sia un errore fondamentale, in quanto questa procedura, consentendo l’affidamento dei lavori in una fase in cui non è stato ancora redatto il progetto esecutivo, genera teoricamente l’illusione di ridurre i tempi, ma finisce inevitabilmente per allungarli, alimentando varianti in corso d’opera, contenziosi ed incompiute. Noi siamo fermamente convinti che i lavori devono essere appaltati solo sulla base di un progetto esecutivo di qualità”.
A proposito di progetto di qualità, la Conferenza delle Regioni, ha proposto di ridimensionare lo strumento del concorso di progettazione in favore di procedure ordinarie più veloci.
“Non siamo d’accordo neanche su questo. Siamo invece convinti che, per rilanciare concretamente la centralità del progetto, nel processo di esecuzione di un’opera pubblica, dobbiamo puntare su strumenti come il concorso di progettazione a due gradi, bandito su piattaforma informatica; un modello già felicemente sperimentato in Europa, che valorizza la professionalità dei concorrenti e garantisce progetti di qualità”.
Bisogna comunque ammettere che i tempi del concorso di progettazione sono più lunghi rispetto ad un affidamento ordinario.
“Non è proprio così; bisogna tenere conto intanto che le procedure concorsuali su piattaforma informatica sono molto più veloci di quelle tradizionali “su carta” e sono competitive, nei tempi, con le procedure ordinarie che adottano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Basti pensare infatti che, con le procedure ordinarie, le stazioni appaltanti sono costrette a bandire da due a tre gare per selezionare i redattori dei vari livelli di progettazione ed il direttore dei lavori, mentre, con il concorso di progettazione, al vincitore possono essere affidate le fasi successive della progettazione, senza procedere ad ulteriori gare. Ciò garantisce continuità al processo di redazione del progetto, dall’idea all’esecutivo, riducendo di fatto i tempi ed assicurando la realizzazione delle opere, in conformità al migliore progetto scelto in fase concorsuale”.
Anche la Rete delle Professioni Tecniche ha presentato un documento. Quali sono i principali obiettivi delle riforme proposte?
“Riallacciandomi a quanto dicevo prima, uno degli obiettivi più importanti è proprio quello di promuovere il concorso di progettazione a due gradi, garantendo l’affidamento del progetto esecutivo al vincitore; ciò nella consapevolezza che questa procedura premia la qualità del progetto, aprendo il mercato ai giovani talenti ed ai professionisti che sono in grado di produrre prestazioni di qualità, anche se non sono in possesso di grosse strutture professionali.
A seguire, abbiamo proposto una serie di modifiche al codice vigente al fine di:
Rispetto alle proposte della Conferenza delle Regioni ci sono elementi di convergenza?
“Riteniamo certamente positiva la proposta di rivedere i contenuti dei tre livelli della progettazione, ricorrendo ai principi di proporzionalità in relazione alle opere da progettare e consentendo la progettazione semplificata anche per i lavori di manutenzione straordinaria fino a 2,5 milioni di euro. L’obiettivo condiviso è quello di creare le condizioni per una progettazione più semplice e veloce per interventi di manutenzione, non solo ordinaria ma anche straordinaria, su infrastrutture, scuole e altri immobili pubblici. Bisogna poi affrontare con decisione l’articolazione dei tre livelli dei progettazione ed in particolare la prescrizione che il progetto di fattibilità sia già dotato di studi specialistici, indagini geognostiche e sui materiali da utilizzare; prescrizione che può funzionare solo se le stazioni appaltanti potranno disporre di un adeguato fondo di rotazione, di facile accesso; altrimenti vi è il rischio che si generi un corto circuito già nella fase embrionale della progettazione”.
Quali sono i rapporti tra architetti, professioni tecniche ed ANCE. Condividete obiettivi comuni per la riforma del codice dei contratti annunciata dal governo?
“Con la Rete delle Professioni Tecniche, condividiamo integralmente gli obiettivi di una riforma del codice dei contratti che, attraverso le modifiche a cui facevo cenno prima, rilanci la centralità del progetto nel processo di esecuzione delle opere pubbliche, salvaguardando comunque gli obiettivi già raggiunti con il decreto legislativo 50/2016 e soprattutto con il cosiddetto decreto correttivo (D.Lgs. n. 56/2017).
In particolare, riteniamo che siano conquiste da salvaguardare:
Con l’ANCE condividiamo tutto ciò che è finalizzato allo snellimento delle procedure negli affidamenti. L’unico elemento di divergenza è proprio l’appalto integrato, di cui abbiamo parlato prima”.
Al di là dei temi che riguardano esclusivamente i lavori pubblici, quale è la vostra posizione sulla certezza dei pagamenti?
“Abbiamo proposto al Governo ed alle Commissioni Parlamentari un emendamento al decreto di bilancio 2019, da introdurre durante il percorso parlamentare per la conversione in legge, per garantire la certezza dei pagamenti ai professionisti che rendono prestazioni nell’ambito di applicazione del DPR 380/2001.
La proposta prescrive la nullità dei procedimenti, delle segnalazioni certificate, delle autorizzazioni e dei titoli abilitativi che non siano supportati dalla certificazione di avvenuto pagamento dei corrispettivi spettanti al professionista, in relazione ai contenuti del contratto e nel rispetto delle norme vigenti in materia di equo compenso e di tracciabilità dei flussi finanziari. Tale norma, da un lato, garantirebbe il professionista e la qualità delle sue prestazioni professionali e, dall’altro, consentirebbe allo Stato di recuperare entrate certe, eliminando le sacche di evasione fiscale nel settore”.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it